Grezzo, diretto, muscolare, intenso: l’hard rock blues di Jared James Nichols si tiene lontano da ogni compromesso e non abbraccia le mode, spinge sull’acceleratore e appicca incendi, è prevedibile, come può esserlo una musica che punta dritto a uno scopo, uno solo: farvi abbracciare la vostra personalissima air guitar e scapicollarvi di headbanging.
Meno noto dalle nostre parti di altri coevi chitarristi, Jared James Nichols, oltre a essere ambasciatore della Gibson, è un nome di punta del moderno rock blues, che interpreta con uno stile tanto tecnico quanto primordiale, e una voce roca e rabbiosa che contribuisce al suo approccio incendiario. Nichols ha iniziato ad appassionarsi alla musica in tenera età, e dopo aver imparato i misteri della sei corde, fin dall’adolescenza ha calcato palchi e suonato dal vivo, vincendo a soli vent’anni, dopo essersi trasferito dal Wisconsin a Los Angeles, il Gibson Les Paul Tribute Contest e il Musicians Institute Most Outstanding Player Award.
Considerato fin da subito un enfant prodige della chitarra elettrica, il suo nome ha iniziato a circolare con insistenza nei circuiti che contano, dove in breve tempo si è costruito la reputazione di autentico fenomeno, pubblicando due dischi, il debutto Old Glory & The Wild Revival (2015) e il suo seguito Black Magic (2018), accolti con ampi consensi da pubblico e critica.
Con il suo terzo e omonimo album, prodotto e mixato da Eddie Spear (Slash, Rival Sons) e registrato dal vivo in studio, Nichols si concentra su un suono hard rock grezzo e infuso di blues, caratterizzato da elementi di grunge e alternative metal. Qui, non si fanno prigionieri, si prende la mira e si spara per uccidere: un attacco sonoro di dodici canzoni, tutte sangue, sudore e ferocia. Filtri: zero.
Il disco parte con la fucilata "My Delusion", un hard rock blues essenziale e senza fronzoli, sporco e basico come quello che si può suonare in un garage, con il furore di chi divampa di rock ‘n’ roll e la cattiveria di chi vuole mangiarsi il mondo in un boccone. L’assolo è di quelli che scartavetrano la pelle e mette in risalto la caratura tecnica di uno che, per quanto sappia suonare da Dio, della caratura tecnica se ne sbatte gli zebedei.
"Easy Come, Easy Go" è un’altra bordata sanguinosa, Hendrix, feedback di blues in acido, la voce ruvida come la carta vetrata e una virile melodia del ritornello, unico compromesso di un brano spacca ossa.
Non c’è un attimo di tregua per tutti i quarantacinque minuti di durata del disco: la bellissima "Down The Drain", parte quasi sommessa, esibendo stigmate grunge, e s’incattivisce, poi, in una sfuriata heavy rock, mentre "Hard Wire", sbuffa e scalcia, fumante e feroce, per quattro minuti di pura abrasione sonica.
"Skin N 'Bones" fila via attraverso dinamiche grunge e un ritornello orecchiabile, che evoca i Soundgarden, "Hallelujah" è un brano heavy metal dall’anima blues, che proietta sullo sfondo l’ologramma dei Black Sabbath e, allo stesso modo, "Saint Or Fool" è un assalto all’arma bianca, che travolge i padiglioni auricolari, con un detonante solo di chitarra.
Il disco si chiude tra le nebbie grunge di "Out Of Time", un brano meno esplosivo, ma egualmente vibrante, in cui l’assolo di Nichols raggiunge vette divine.
Al terzo album in studio, Jared James Nichols sforna la sua opera più riuscita, in cui elementi classici e moderni sono tenuti insieme da una gran tecnica, ma anche, e soprattutto, da un cuore grande così. Ciò che maggiormente piace di un disco che esplora territori ben noti agli amanti del genere è, però, la capacità di Nichols di non scendere a compromessi, di non cercare soluzioni di comodo o compiacenti. Quello che conta è solo far rivivere l’impatto esplosivo del rock ‘n’roll: vibrante, primitivo, selvaggio. Gran disco.
VOTO: 8
Genere: Hard Rock, Rock Blues
Blackswan, mercoledì 22/02/2023
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