Nati
nel 2013 da un'idea del chitarrista Daniel Olaisen (Blood Red
Throne/Scariot), i norvegesi Big City giungono oggi al quarto album in
studio, ultimo capitolo di una discografia inappuntabile quanto a
coerenza stilistica e ispirazione. A fianco del fondatore, la line up
allinea un pugno di musicisti funzionali al progetto e tecnicamente di
spessore, quali Scariot Frank Ørland alla chitarra, Frank Nordeng Røe
(Withem) alla batteria, il bassista Miguel Pereira, che ha sostituito
Geir Inge Olsen, e infine il cantante Jørgen Bergersen, entrato a far
parte della band nel 2021, in sostituzione del dimissionario Jan Le
Brandt. E proprio il nuovo vocalist è l’arma vincente del progetto, quel
plus che forse mancava all’inizio, il cui timbro è perfetto per
esaltare l’hard rock melodico, dai contorni heavy e dallo sguardo
rivolto agli anni ’80, che è il terreno sui cui il quintetto norvegese
si muove con straordinaria abilità. Se i riferimenti stilistici relativi
al decennio citato sono più che evidenti (Europe, Dare), così come lo
sono le similitudini con altre band più o meno coeve (vengono subito in
mente gli H.E.A.T.), è indubbio che nei dieci anni di carriera il gruppo
norvegese abbia affinato un proprio stile distintivo che lo rende
immediatamente riconoscibile.
Questo nuovo Sundwind Sails,
infatti, è una vera chicca per gli ha appassionati del genere, possiede
un deliziosa stratificazione di suoni, che conferisce alle canzoni
un’interessante complessità di fondo, senza tuttavia privarle di quella
immediatezza e di quel potente impianto melodico che solo le frecce
vincenti all’arco della band. I cinque procedono col pilota automatico,
con la consapevolezza di chi sa esattamente dove vuole arrivare,
l’interplay fra le due chitarre è scintillante, in un alternanza di riff
violenti e sorprendenti assoli, la sezione ritmica è muscolare ma
dinamica, e la voce di Bergensen funziona a meraviglia, sia nei momenti
più epici e teatrali, sia quando si trova a levigare con pathos qualche
occasionale power ballad.
Certo, alcuni episodi sono un po' telefonati e troppo zuccherini per avere spessore ("Now"), ma quando le cose girano bene, non si può non rimanere impressionati: "After the Raid" è una martellante tirata NWOBHM, "Diamond In The Rough", dopo l’intro acustica, si fa ruvidamente catchy, l’iniziale "I’m Somebody" è un gioiellino di perfetto equilibrio tra fragore metal e melodia, mentre "Sons Of Desire" ammalia per lo svolgimento complesso e una incredibile prova vocale di Bergensen. La migliore del lotto, poi, è "Human Mind", il cui retrogusto malinconico riesce a inumidire gli occhi anche mentre le chitarre sferragliano rumorose.
Se il precedente Testify X era già un album brillante, Sunwind Sails rifinisce ulteriormente il suono della band, dando vita a un filotto di canzoni killer, in cui heavy rock e Aor trovano spesso un punto di fusione eccellente. E come spesso accade per questo genere di dischi è l’equilibrio che conta, saper dosare adeguatamente aggressività e quegli irresistibili ritornelli che sono il segno distintivo del genere. In questo, i Big City sono maestri indiscussi.
VOTO: 7,5
Genere: Hard Rock Melodico, Metal
Blackswan, venerdì 03/03/2023
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