Chi conosce almeno un po’ il mondo della musica sa esattamente che l'uscita di un nuovo album dei Metallica, non è la semplice pubblicazione di un disco, ma un evento di portata eccezionale. Perché la band losangelina è ancora oggi il gruppo metal più amato del pianeta e perché ogni loro nuovo album suscita aspettative nei fan e crea l’inevitabile dibattito tra detrattori, tifosi e amanti traditi, tra chi li ama, chi li odia e chi non li ama più. Dopo quarant’anni di carriera e dodici dischi all’attivo, i Metallica non devono dimostrare più niente a nessuno, suonano per il piacere di suonare e non certo per aggiungere altro denaro a conti correnti a dir poco milionari, non sono più quelli di Kill ‘Em All, certo, ma pur senza rilasciare capolavori, hanno comunque mantenuto la loro identità e una dignità di fondo che non li ha mai portati allo sbraco. E 72 Seasons è qui per ribadirlo, se mai ce ne fosse ancora bisogno. Perché, il dodicesimo album dei Metallica, nonostante qualche evidente difetto, è un signor disco, che segue il percorso già tracciato da Death Magnetic del 2008 e da Hardwired... To Self-Destruct del 2016: un metal moderno, potente e rumoroso, meno adrenalinico rispetto al passato, ma ancora in grado di percuotere i padiglioni auricolari degli appassionati.
Rilasciato alla fine del 2022, il singolo principale "Lux Aeterna" è stato accolto dai fan come il ritorno a casa del figliol prodigo, grazie a quel thrash vecchia scuola, che a molti ha fatto ricordare i lontani esordi della band, suggerendo che 72 Seasons sarebbe stato un viaggio nostalgico dei Metallica alla ricerca del loro glorioso passato. In realtà, non è proprio così, o almeno lo è solo in parte, perché la lunga scaletta è molto meno prevedibile di quanto il singolo di lancio farebbe pensare: la band, infatti, tiene un piede nel presente e lo sguardo rivolto all’indietro, bilancia sapientemente complessità espositiva e mitragliate ad alzo zero (l’incredibile fucilata iniziale della title track), un andamento meno adrenalinico (gli undici minuti di "Inamorata") e improvvise accelerazioni tritatutto (le furiose "Shadows Follow" e "Screaming Suicide" smentiscono l’anagrafe e quei sessant’anni che fanno a pugni con l’idea di metal band).
Certo, i difetti non mancano, il disco è troppo lungo per essere immediatamente incisivo, alcuni brani suonano prevedibili come se a guidare ci fosse il pilota automatico, e la produzione ripulisce troppo quelle imperfezioni e quella sporcizia che spesso rappresentano il quid che fa grande un disco di metal. Ciò nonostante, 72 Seasons è un album intenso, a tratti vibrante, più cupo di quanto il giallo accecante della copertina farebbe pensare (i testi di Hetfield, che ha divorziato e avuto problemi di salute, sono depressi e tormentati) e capace di inanellare alcuni gioiellini come, oltre ai brani già citati, "Chasing Light" e "Crown Of Barbed Wire".
Non un ascolto facile, perché richiede impegno e, vista la lunghezza, anche tempo. Le ballate, poi, sono assenti e mancano melodie di facile presa, anche se poi, lentamente ma inesorabilmente, arrivano. Tutto ciò trasmette la sensazione di trovarsi di fronte a un monolite, a una vetta troppo alta da scalare. Ma non è così.
Certo, i giorni in cui i Metallica alzavano l'asticella con ogni nuova uscita sono ormai lontani, ma ciò non toglie nulla al gran lavoro fatto con 72 Seasons, che suona come il miglior disco possibile che poteva essere registrato dai Metallica di oggi. Alla scaletta manca la velocità adrenalinica di "Battery", la potenza innodica di "Enter Sandman" o l'inquietudine strumentale di "The Call of Ktulu", ma per converso troviamo una band ancora in palla, che sa come scrivere un riff e sa come scrivere una canzone, e continua a farlo divertendosi un casino. 72 Seasons non è certo un capolavoro ma entra meritatamente e più che dignitosamente nella leggendaria discografia della band.
VOTO: 7
Genere: Heavy Metal
Blackswan, martedì 25 aprile 2023
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