Quando nel 2013, la rivista Rolling Stone chiese ai suoi lettori di votare le dieci canzoni più tristi di tutti i tempi, Nutshell degli Alice In Chains si piazzò al nono posto, in una virtuale classifica del dolore, vinta poi da Tears In Heaven di Eric Clapton.
Nutshell (letteralmente: guscio di noce) è Layne Staley, è il suo mondo interiore, il suo spaesamento, la sua sofferenza, quel suo dramma esistenziale, che otto anni dopo lo porterà alla morte.
Dopo aver completato l'album Jar Of Flies, pubblicato il 25 gennaio del 1994 e da molti considerato il capolavoro della band di Seattle, Staley, infatti, entrò in riabilitazione per quella feroce dipendenza da eroina che gli aveva minato il fisico e l’anima. Una dipendenza contro la quale stava combattendo ad armi impari proprio durante la registrazione di Nutshell (seconda traccia dell’EP), le cui liriche, in tal senso, raggrumano una disperazione che lascia senza parole.
Inseguiamo bugie stampate male
Affrontiamo il percorso del tempo
Eppure combatto, eppure combatto
Questa battaglia da solo
Nessuno con cui piangere
Nessun posto da chiamare casa
Cinque versi che racchiudono ciò che il cuore di Staley provava: dolore, solitudine e, soprattutto, la consapevolezza della sconfitta, nonostante la lotta inane per uscire dal tunnel, per tornare pulito, per riappropriarsi di una vita che lentamente lo stava per abbandonare.
C'è di più nella canzone, però, oltre alla lotta contro l'eroina. In Nutshell, Staley si sofferma anche sulla sua incapacità di vivere e rielaborare il successo, sulle conseguenze di quella fama, tanto inaspettata, che gli impediva di essere veramente sé stesso, che lo esponeva agli altri, lasciandolo nudo e indifeso ("inseguiamo bugie stampate male"). Un male di vivere che gli rendeva ostile il mondo che lo circondava e quella vita moderna che non riusciva proprio a capire e ad accettare.
Il mio dono di sé è violentato
La mia privacy è messa al bando
Eppure trovo, eppure trovo
Ripetendo nella mia testa
Se non posso essere me stesso
Mi sentirei meglio morto
Una
posizione questa non certo sorprendente. Il movimento grunge, infatti, fu in gran parte una reazione agli anni '80, visti come
un decennio di conformismo, corporativismo senz'anima e musica
stereotipata. Lo spirito della gioventù degli anni '90 era il rifiuto
di sottomettersi alla "macchina", non tanto in senso politico, quanto, semmai, personale e spirituale. Staley lo incarnava perfettamente ("se non posso essere me stesso, mi sentirei meglio morto"), era quello che sentiva, ma, in senso più ampio, il suo rifiuto della società era anche lo zeitgeist del grunge.
Nutshell non
è mai stata pubblicata come singolo, ma ha un significato speciale tra i
fan e i membri superstiti della band. Il bassista Mike Inez, ad
esempio, ha sempre sostenuto che è la canzone che gli fa pensare a
Staley più di ogni altra, e ancora oggi quando gli AIC la eseguono dal
vivo, viene loro spontaneo dedicarla a Staley e al bassista Mike Starr,
anch'egli deceduto a causa della dipendenza dall'eroina (morì l’8 marzo
del 2011).
Gli Alice in Chains aprirono il loro spettacolo MTV Unplugged del 10 aprile 1996 proprio con Nutshell, e quella registrazione, confluita su vinile qualche mese dopo, è rimasta nella leggenda. Un live act emozionante, perché era la prima volta che la band suonava insieme da più di due anni a causa della lunga battaglia del cantante contro la dipendenza dall'eroina, e perchè Staley, nonostante le afasie e gli errori, diede vita a una delle performance vocali più strazianti e intense della sua carriera.
Blackswan, martedì 28/05/2024
3 commenti:
Una voce unica, indimenticabile.
Tra lui e Chris Cornell non sono mai riuscito ad assegnare un primo ed un secondo posto.
Andati via tutti e due.
Peccato.
Capolavoro, uno dei miei pezzi preferiti in assoluto.
Quanto amo questo pezzo... sia da ascoltare che da strimpellare ❤
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