E’ il 26 luglio del 2023, quando a Detroit, come conseguenza di una tempesta, alcune zone della città restano al buio. E’ da poco giunta la notizia della scomparsa di Sinead O’Connor, e Shara Nova, al secolo My Brightest Diamond, si trova improvvisamente al buio, in uno stato di impotenza, frustrazione e paura. Pensa alla grande musicista irlandese e pensa alla caducità dell’essere umano, alla fragilità dell’esistenza moderna, legata a doppio filo con la tecnologia e da questa totalmente dipendente. Sono ore di profondo smarrimento, di riflessioni che si affastellano in testa disordinatamente, aumentando il senso di impotenza. Shara, allora, prende la chitarra e inizia a suonare, e mentre fuori il buio ghermisce, avviluppandola, la vita della gente, getta le fondamenta per quelle canzoni che faranno poi parte di questo nuovo Fear The Real Terror, sesto album in studio della cantautrice e polistrumentista newyorkese.
Il risultato è un disco che si discosta notevolmente dal precedente A Million And One
(2018), un lavoro decisamente più solare e votato al dancefloor, e la
scaletta è attraversata semmai da una tensione a tratti crepuscolare ed è
vestita di abiti sobri e disadorni. Si percepisce, poi, un diffuso
senso di sospensione, conseguenza naturale di quelle ore passate al buio
a riflettere e a suonare, eppure il disco, nella sua icastica brevità, è
comunque scosso da una fremente sincerità, mentre la visione d’insieme
si mantiene comunque lucida ed efficace.
La voce potente di Shara Nova apre il disco attraverso i palpiti della title track, un brano ispido, scartavetrato da una chitarra distorta e da un iniziale approccio folk che sembra voler omaggiare l’iconica O’Connor. La successiva, rabbiosa "Rocket In My Pocket" è una sportellata elettrica che tira in ballo un certo rock alternativo anni ’90 e un suono che evoca la PJ Harvey di quei leggendari anni. Un inizio al vetriolo, subito, però, ammorbidito dalle atmosfere ipnagogiche di "Even Warriors", una carezza al velluto che sfiora l’anima, e dalla drammatica "Immaginary Lover", la cui ritmica pulsante si fa extrasistole e una chitarra sfocata in sottofondo evoca tormento e commozione.
Non ci sono passi falsi in questo disco umorale, che spazia dalla filastrocca scorbutica di "Rule Breaker" al blues in punta di piedi di "Safe House", fino agli sfarfallii vocali della commovente "Have You Ever Seen An Angel".
Chiudono la scaletta altri tre brani di grande ispirazione, e cioè la cupa "Sublime", avvolta da brume autunnali, "There’s No Place I’d Rather Be", una sorta di sospensione trasognata fluttuante a mezz’aria, e "I Saw a Glimpse", un folk dalle trame celtiche che si dipana attraverso il timbro evocativo della Nova, qui alle prese con un’interpretazione vocale da capogiro.
Tom Schick, che ha prodotto il disco, ha evitato un lavoro invasivo, preferendo mantenere integra l’autenticità dei demo che My Brightest Diamond aveva registrato in solitudine, mettendo così in risalto la schiettezza e la drammaticità di un’ispirazione tornata al livello dei primi album.
Voto: 8
Genere: Indie Rock, Pop
Blackswan, mercoledì 13/11/2024
Nessun commento:
Posta un commento