La storia, forse, è un po’ lunga, ma vale la pena soffermarcisi un attimo. La musica degli Swell Season, in parte il fascino acustico e rude di Glen Hansard, in parte la fragilità e il senso della dimensione cinematografica di Markéta Irglová, è indissolubile dal rapporto fra i due componenti del progetto, tanto che potremmo parlare, a proposito del loro progetto, di meta-narrazione.
Il duo esordisce nel 2006, quando viene pubblicato il loro primo album omonimo. Ma nonostante quel disco contenesse l'avvincente ballata che avrebbe segnato la loro carriera, "Falling Slowly", Hansard e la Irglová non fecero notizia fino all’anno successivo, quando uscì il film Once.
I
due interpretavano versioni appena velate di se stessi: il musicista di
strada "Guy" e l'immigrata "Girl", due aspiranti cantautori che
faticavano a sbarcare il lunario a Dublino. La coppia finì per
innamorarsi sul set, e la fiamma nascosta, e poi resa pubblica, della
loro storia d'amore fece subito scalpore. La vita imitava l'arte che
imitava la vita. "Falling Slowly", che, nella pellicola, il duo esegue
in un negozio di chitarre, in seguito vinse addirittura un Oscar.
L’amore non durò, e il secondo album del gruppo, l'attesissimo Strict Joy del 2009, documentò il tumulto della separazione. Poi, una lunga pausa, durante la quale. Hansard pubblicò una manciata di dischi da solista (oltre a continuare a collaborare con i vivaci rocker The Frames), e lo stesso fece la Irglová. La vita, insomma, andò avanti.
Nel 2025, dopo uno iato di ben sedici anni, gli Swell Season sono tornati con il loro terzo disco, Forward, un album fortemente "meta" (nell’accezione usata precedentemente) e, in qualche modo, autoreferenziale, visto che le canzoni ruotano spesso attorno alla loro relazione passata e a come la stessa appare guardando nel loro specchietto retrovisore.
Nonostante
il tempo trascorso, la musica non ha però perso il suo fascino. Hansard
e la Irglová offrono entrambi ciò che ci si aspetta da loro. La
chitarra acustica cuce con rinnovata tensione accordi semplici ma
efficaci, in brani come la tenera apertura "Factory Street Bells" o
"Stuck in Reverse", mentre la Irglová si prende la scena con la
struggente "I Leave Everything to You", guidata da accurate note di
pianoforte e dalla sua voce sussurrata, cristallina e vagamente gelida.
Come una sorta di ritorno a casa, il disco tocca tutte le corde giuste
del cuore e i nervi della nostalgia.
Certo, talvolta si ha la sensazione che la collaborazione fra i due sia meno naturale e completa di quanto ci si sarebbe potuto aspettare: la Irglová suona il piano (piuttosto basso nel mix) in "Factory Street Bells"; che è chiaramente una canzone di Hansard, e per converso "I Leave Everything to You" non presenta la chitarra acustica, né la voce di Hansard; è chiaramente una canzone di Irglová.
Manca, insomma, una più profonda interazione, come avviene, invece, nella ovvia, ma emozionante, "People We Used to Be", quando, durante il ritornello, le loro armonie si intrecciano con naturalezza, splendidamente supportate dal violino e dalla viola di Marja Gaynor e dal violoncello di Bertrand Galen. È uno dei momenti più luminosi del disco.
Il
meglio arriva alla fine, con due canzoni che alzano il livello del
disco. "Great Weight" è chiaramente un prodotto di Hansard, la cui voce
tesa sembra immergersi in un sogno febbrile, in cui fiati alcolici sono
l'accento perfetto per i ritmi sconclusionati della chitarra elettrica. È
un pezzo inaspettato, persino rivoluzionario, per gli standard degli
Swell Season.
La chiusura è affidata a un altro gioiello, "A Hundred Words". Il testo abbraccia quelli che sembrano essere intenti politici: "Voglio che tu sappia che non ho paura, Ho solo tenuto la testa bassa, stanco del rumore intorno a me", canta il duo a un certo punto. Gli archi si librano, mentre Hansard e la Irglová sono accompagnati da un coro di bambini. E, qui più che in qualsiasi altro punto del disco, l'ampiezza del testo funziona alla grande, come se fosse un appello alla sinistra, agli umanisti e agli oppositori di una crescente ondata autoritaria nel mondo:” “Non arrenderti, non arrenderti", cantano, "Non smettere di credere, non smettere di credere". Per un duo che continua a scrivere canzoni su una storia d'amore avvenuta due decenni fa, questo genere di cose è una bizzarra (e, francamente, meravigliosamente gradita) chiamata alle armi.
Forward è un buon disco, che non presenta novità alcuna rispetto ai capitoli precedenti, se non fosse per i due brani finali. Ma anche quando il duo procede in base ai consueti standard, i brividi non mancano, e il cuore non può che tornare, attanagliato dalla nostalgia, al delicato amore raccontato in Once.
Voto: 7,5
Genere: Songwriter, Folk
Blackswan, lunedì 29/09/2025
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