domenica 10 giugno 2018

PREVIEW




Figlio di emigrati haitiani, Jowee Omicil è cresciuto a Montreal e ha imparato a suonare il sassofono partecipando alle messe del padre (era un ministro del culto), studiando al prestigioso Berklee College of Music di Boston e trasferendosi a New York dove diede il via alla sua carriera musicale. Il musicista pluristrumentista, che ora vive a Parigi, pubblica il suo nuovo album Love Matters! su Jazz Village/ [PIAS] il 14 settembre.
Love Matters! è una fusione di jazz, musica classica e pop, uniti insieme da un musicista incredibile che trasuda entusiasmo sia dal punto di vista musicale che da quello umano. , Il suo patrimonio viene qui rivisitato: ritmi carnevaleschi, melodie classiche, sfumature di Thelonious Monk, ritmi jamaicani, un po’ di funk alla Miles Davis, l’estasi del gospel e naturalmente le espressioni tipiche di Omicil nello stile “BasH!”.
Prendendo il titolo da un ritmo martinicano, il nuovo brano “Mendé Lolo”, “è suonato ad Haiti come Rara o ritmo carnevalesco. Assume nuovi connotati se suonato da musicisti che provengono da tutto il mondo.” Omicil continua, “Senza alcun riferimento a lavori precedenti, questo brano è un tributo a Hugh Masekela.”
Girato a Conakry, la capitale della Guinea, sulla costa ovest dell’Africa, il video vede Jowee avventurarsi nella città, incontrando i suoi abitanti giovani e anziani e mostrando le sue abilità musicali. Prodotto da Omicil stesso, Hugo Claveau e Frédérique Miguel, il video vede la partecipazione di musicisti quali Papa Kouyaté, Balla Moussa, King Abdoulaye, Kona Khasu.





Blackswan, domenica 10/06/2018

sabato 9 giugno 2018

HORSE FEATHERS - APPRECIATION (Kill Rock Stars, 2018)

Poche band sono più affidabili degli Horse Feathers, combo proveniente da Portland, Oregon. In dodici anni, la ragione sociale capitanata dal cantante e chitarrista Justin Ringle, ha rilasciato sei album, compreso il precedente (che è anche il quinto con la Kill Rock Stars), uno più bello dell’altro.  
Una coerenza qualitativa ancor più degna di nota, se si pensa che il gruppo ha vissuto una carriera artistica in continuo mutamento, passando attraverso importanti cambi di line up (prima quattro membri, poi undici e, quindi, cinque), e plasmando nel tempo un suono che, da un’iniziale ortodossia roots, è passato a qualcosa che si inserisce organicamente all’interno della scena folk rock, avvicinando maggiormente gli Horse Feathers ai Decemberists, per fare un nome noto, e allontanandoli progressivamente dagli Avett Brothers, band con cui fin dagli esordi avevano più di un punto di contatto.
Questo Appreciation non smentisce i connotati di una band incapace di cristallizzare la propria musica entro stilemi prevedibili e reiterati, tanto da apparire solo parente alla lontana degli altrettanto buoni Thistled Spring(2010) o Cynic's New Year (2012). Se i tratti distintivi della voce del frontman, Justin Ringle, e del violino di Nathan Crockett, continuano a essere l’anello di congiunzione fra passato e presente, questo nuovo lavoro si distingue, però, per un ruolo più centrale della sezione ritmica, per i cori di Joslyn Hampton e Chris Dennison che danno più ampio respiro alle composizioni, per i drive pianistici che colorano alcuni passaggi del disco (Born In Love) e, soprattutto, per un retrogusto seventies che anima alcune delle più riuscite canzoni del lotto, come Without Applause e Best To Leave.  
Non è un caso che la copertina del disco, un primo piano non filtrato del volto di Ringle, presumibilmente sul palco, con un riflettore dietro di lui, evochi alcuni LP degli anni '70: il genere di copertina, la buttiamo lì, che piaceva tanto a gente come Jim Croce, John Denver o Eric Clapton.  
Non manca il consueto gusto per le melodie e quel suono che spesso fa pensare a una band alle prese con una performance live e non invece chiusa all’interno di una sala di registrazione. Il disco, tuttavia, è davvero qualcosa di diverso da ciò che avevamo ascoltato prima, e rappresenta un’ulteriore tappa in un percorso mai lineare, eppure caratterizzato da un livello compositivo senza cedimenti. Tanto che, la vera notizia, a questo punto, non è certo l’ennesima nuova formula musicale, quanto il fatto che, per quanto cambino continuamente registro, gli Horse Feathers continuino a non sbagliare un disco.

VOTO: 7





Blackswan, sabato 09/06/2018

venerdì 8 giugno 2018

PREVIEW





Neil Finn e Liam Finn hanno annunciato oggi il loro primo album insieme "Lightsleeper" in uscita il 24 agosto su Inertia e [PIAS]. La notizia arriva insieme al singolo "Back To Life", brano in cui potenti melodie si uniscono a testi delicati evocando la magia che si crea quando le persone si riuniscono per cantare e ricordare gli amici assenti: l'abilità trionfante dell'amore di trascendere il nostro mondo fisico.
(comunicato Spin-Go)





Blackswan, venerdì 07/06/2016

giovedì 7 giugno 2018

TORI FORSYTH - DAWN OF THE DARK (Lost Highway Australia, 2018)

Quella di Tori Forsyth è una storia recente, iniziata solo nell’inverno del 2015, quando questa giovanissima ragazza, nata e cresciuta nel New South Wales, regione collocata sulla costa est dell’Australia, decide di suonare per la prima volta in pubblico le proprie canzoni, nate per musicare una raccolta di poesie, da lei stessa scritte, intitolate Johnny & June e dedicate alle figure di Johnny Cash e June Carter.
Una serata che le ha cambiato la vita, svoltasi davanti a poche dozzine di persone in un locale di Gosford, dove un veterano della musica country, quale Bill Chambers, organizzava regolarmente delle jam night. Un’esperienza che la Forsyth ricorda con queste parole: “It was probably the perfect place for me to sing my first original song in public. It was really relaxed; everyone was supportive and there to hear people’s original music, not just covers at the local pub.”
L’incontro con Bill Chambers e con altri musicisti locali ha, poi, permesso a Tori, verso la fine del 2015, di registrare nei Soundhole Studios di Shane Nicholson, sotto la supervisione di Trent Crawford, il suo primo Ep, intitolato Black Bird. E siccome Shane Nicholson, che è una delle figura chiave del country australiano, si è innamorato della musica della Forsyth, da lì a firmare con l’etichetta Lost Highway Australia (la stessa etichetta di Nicholson) è stato un attimo.
Questa, per sommi capi, la genesi che portato alla pubblicazione di Dawn Of The Dark, un full lenght che supera le più rosee aspettative, visto che siamo di fronte a un’esordiente, e in cui la Forsyth dimostra già di avere, nonostante la giovanissima età, un songwriting personale e ricco di spunti interessanti. Se il disco si colloca in tutta evidenza in quel genere che potremmo definire alt-country, le dodici canzoni in scaletta, nelle quali si fa largo uso di strumenti tradizionali (violino, banjo, lap steel, etc), evidenziano però la capacità di mischiare un po’ le carte, con incursioni nel rock e nel pop.
Una musica che, sebbene in qualche episodio suoni anche mainstream, fortunatamente non scade mai in banalità e svenevolezze. Anzi. La scaletta è percorsa da un mood amarissimo, da atmosfere cariche di ugge, da paesaggi ombrosi  e da ambientazioni al limite fra il crepuscolare e il notturno.
Splendido il lavoro di Nicholson, qui in veste di produttore, sia nel creare equilibrio fra roots e melodie (l’iniziale Grave Robber’s Daughter), che nell’amplificare i languori malinconici (i saliscendi emotivi della conclusiva Kings Horses), ottime le canzoni, plasmate da una scrittura qualitativamente ben sopra la media, e soprattutto, eccellente la perfomance vocale della Forsyth, che gioca con il suo timbro sensuale e imbronciato, usando la forza di un’estensione impressionante, capace di prendere bassi e acuti con una facilità disarmante (l’intro a cappella di War Zone è in tal senso esplicativa).
Un esordio coi fiocchi, dunque, nel quale si passa dal maledettismo da dark lady nell’inquietante Hell’s Lullaby (“I drank holy water but it rotted my teeth”), alle atmosfere bluesy, livide e disturbate di White Noise, al pop country del singolo In The Morning, in cui è evidente il richiamo ad atmosfere vicine a Lana Del Rey, fino a improvvise accelerazioni d’indole cow-punk (Redemption). Da tenere d’occhio.

VOTO: 7





Blackswan, giovedì 07/06/2018

mercoledì 6 giugno 2018

PREVIEW



I Body/Head, duo formato da Kim Gordon (CKM, Sonic Youth, Free Kitten, etc.) e dal chitarrista Bill Nace (X.O.4, Vampire Belt, Ceylon Mange, etc), annunciano l’uscita del loro secondo album in studio, "The Switch", il 13 luglio su Matador Records. 
"L'alchimia creativa non si realizza soltanto in studio o nello spazio della pratica; molta parte di esso è il prodotto del tempo che si passa da soli sullo strumento, a imparare come si fondono il corpo, il legno e l'elettronica, e dei processi subconsci che guidano la vita quotidiana, prendendo spunto dal rumore d'ambiente del mondo esterno. Per Kim Gordon e Bill Nace il tempo assieme è limitato alle esibizioni dal vivo e alla registrazione, quindi devono tirare fuori tutta la loro magia ad ogni incontro. Fortunatamente per noi, questi sono due rinomati stregoni della sperimentazione.
Il loro album di debutto come Body/Head, Coming Apart del 2013, era soprattutto un disco rock – duro, emotivo, catartico, un incantesimo tra il nero e il grigio. The Switch è il loro secondo album e il duo, questa volta, lavora su una tavolozza più sottile, affinando idee e identità. Alcune parti sono state abbozzate dal vivo, ma il più è accaduto sull’improvvisazione del momento.” (Jes Skolnik, maggio 2018).





Blackswan, mercoledì 06/06/2018