mercoledì 15 febbraio 2012

ROCK SNOB



"Alta Fedeltà" ( bellissimo il libro di Nick Hornby da cui la pellicola è tratta ) non è certo un capolavoro, lo ammetto, e nonostante ciò non perdo mai occasione per rivederlo.Sarà perchè racconta la storia del proprietario di un negozio di dischi, che è davvero tutto ciò che io vorrei fare nella mia vita : responsabilità zero,vivere a fianco di vinili e cd, ascoltarli per "lavoro ", consigliare gli acquirenti, cazzeggiare e chiacchiere di musica coi clienti abituali.Ovviamente, poi, finisco anche per immedesimarmi con il protagonista ( John Cusack ), con il quale condivido tutta una serie di maniacali tic, che vanno dal riordino e la classificazione periodica della discografia alla compilazione di farneticanti top ten ( o top five ) su qualunque argomento musicale mi passi per l'anticamera del cervello.Un tempo, coi protagonisti del film condividevo anche un certo snobismo musicale, del tipo: " io sono il verbo, mentre gli altri non sanno  un cazzo ! " ( è probabile che leggessi troppo avidamente  il  Mucchio Selvaggio ). Ho trascorso il periodo British Snob, quello American snob, poi ho conosciuto  anche una fase indie snob, una  alternative snob ( ho imparato poi che nella vita di altenativo c'è solo alzarsi alle 5 del mattino per andare a farsi il culo in fabbrica ) e un pasticciatissimo percorso jazz snob. Oggi, che finalmente ho la consapevolezza di capirci poco o niente, mi limito ad ascoltare tutto e ad apprezzare la musica solo perchè è bella ( o così mi pare ) e non perchè fa tendenza ( e a cosa dovrebbe tendere resta per me ancora un imperscrutabile mistero ). Soprattutto, quando un disco mi piace, ho scoperto un piacere molto più appagante di quello che deriva dal pontificare, che è invece condividere, suggerire, far conoscere. Sono apertissimo, oltretutto, a esperienze di ritorno, dal momento che adoro apprendere dell'esistenza di gruppi che non conoscevo e stravedo per chiunque mi faccia dono di un consiglio in tal senso. E poi, diciamolo: uno rock snob finisce molto spesso per diventare un onanista musicale da parodia o passare per un solone ( inteso come grande sola ) che declama ex cathedra su cose che non ha nemmeno ascoltato e magari dall'alto di una discografia di venti cd al massimo ( circostanza questa incompatibile con una lectio magistralis alla Lester Bangs ). Certo, poi ci sono i gusti, e ciò che piace a pinco non deve necessariamente ( e grazie a dio ) piacere a pallino. Ma questa è un'altra storia che non ha nulla a che vedere con lo snobismo. Il quale, a ben vedere, è una condizione, che comporta il rischio, non così peregrino, di fare clamorosissime figure di merda, quando ne incontri uno che ne sa un pochino più di te. Insomma, si potrebbero verificare situazioni del tipo : " Oh, li conosci gli Abdullah Superstar ? Sono libanesi di Beirut ! Fanno indierockpunkmetal con aperture trash e un pizzico di folk ! Oh, spaccano di bestia ! " " Ma quanto sei bolso, fratello! Li ascoltavo l'anno scorso, ormai è gerontorock ! Ascoltati gli Igloo Revolution.Sono esquimesi, fanno della death metal dance da paura. Non hanno ancora pubblicato un cazzo, ma sono il futuro.E i pinguini pogano da paura ! Aggiornati ! ". Maffanculo,va !




Aggiungo una citazione cult dal film, che considero uno degli interrogativi più dilaceranti della mia esistenza :


" Che cosa è nata prima: la musica o la sofferenza? Ai bambini si tolgono le armi giocattolo, non gli si fanno vedere certi film per paura che possano sviluppare la cultura della violenza, però nessuno evita che ascoltino centinaia, anzi, dovrei dire migliaia di canzoni che parlano di abbandoni, di gelosie, di tradimenti, di penose tragedie del cuore. Io ascoltavo la pop music perché ero un infelice. O ero infelice perché ascoltavo la pop music? "


Blackswan, mercoledì 15/02/2012

lunedì 13 febbraio 2012

I WILL SURVIVE - GLORIA GAYNOR



Sono tante le belle canzoni intepretate da Gloria Gaynor, e almeno una, " Never Can Say Goodbye " del 1974, addirittura fondamentale da un punto di vista storico, perchè segna l'inizio del movimento dance anni ' 70. Eppure, nonostante i numerosi successi ( " I Am What I Am ", " Honey Bee ", " Reach Out, I'll Be There " ), la Gaynor viene ricordata per un'unica, memorabile, canzone: " I Will Survive ".
Il testo racconta di una storia d'amore finita e di una donna che trova da sola la forza per vincere il dolore dell'abbandono e rifarsi una vita. Una canzone quindi sul coraggio e sulle piccole battaglie quotidiane, che venne scritta da Freddie Perren e Dino Fekaris, produttori e amici della Gaynor, in circostanze però completamente diverse da quelle sentimentali trattate nel brano. La cantante infatti ebbe un gravissimo incidente alla schiena e rimase per sei mesi inchiodata a un letto d'ospedale senza sapere se avrebbe potuto tornare a camminare. Perren e Fekaris composero musica e testo per incoraggiare l'amica, garantendole peraltro un ritorno sulle scene in grande stile e con un brano già perfettamente confezionato per la classifica. Il singolo, contenuto nell'album " Love Tracks " del 1978 ebbe un immediato successo, tanto che arrivò al primo posto della top ten statunitense e vinse Il Grammy Award per la Migliore Canzone Disco nel 1980. La fama di " I Will Survive " crebbe nel corso degli anni, tanto da diventare non solo uno dei classici discomusic più amati di sempre, ma addirittura un vero e proprio inno sia del movimento per l'emancipazione della donna sia di quello per la parità dei diritti dei gay. Non solo. Le parole del testo sono tanto trasversali ( " Ho passato notti su notti a pensare a cosa mi avevi fatto, e sono diventata forte, ho imparato a sopportarlo. Io Sopravviverò " ) da poter essere utilizzate anche in ambito sportivo. La canzone  infatti venne riciclata vent'anni dopo  dalla Federazione Francese come inno per i mondiali del 1998, guarda caso, vinti poi proprio dalla compagine transalpina.





" I Will Survive ", inoltre, compare nelle colonne sonore di tantissimi film, tra cui " Le riserve ", " Priscilla, la regina del deserto ", " Man on The Moon ", " In & Out ", ed è stata coverizzata un centinaio di volte, da numerosi artisti quali i Pet Shop Boys, i Cake, le Puppini Sisters e soprattutto i REM, la cui rilettura , acustica e lentissima, trasforma un evergreen da dancefloor in un soliloquio intimista.




Mentre questa è la mia personale dedica a tutti coloro che disprezzano i luoghi comuni e che sono felici che ci sia la musica in terra.



Blackswan, lunedì 13/02/2012

PILLOLE IBERICHE

Molta carne al fuoco durante queste settimane in terra iberica. E molta puzza di fumo. Non di fumello buono e fresco, pero' e purtroppo, ma solo puzza acre di bruciato. Cerchero' di riassumere come posso in ordine sparso. 

Iniziamo dalla Politica. Dopo quasi due mesi di governo, il PP fa il primo regalone agli amici imprenditori. Mascherato come riforma del lavoro che stimoli la ripresa e  la lotta contro la disoccupazione, arriva il licenziamento piu' facile ed economico. Il conteggio per indennita' di fine rapporto, passa da 45gg per anno di servizio a 33gg, con un massimo di 24 mesi. Inoltre, state seduti Killers, perdite o riduzione del fatturato (!!!)  durante 3 trimestri consecutivi  saranno sufficienti alle aziende per procedere a licenziamenti, senza autorizzazione amministrativa (i cosidetti ERE - expediente regulacion empleo - devevano essere autorizzati dal Ministero del Lavoro). Anche il settore pubblico, qualora si trovi a fronteggiare 9 mesi consecutivi di deficit di budget, potra' fare licenziamenti collettivi pagando una indennita' di 20gg per anno. Infine, tenetevi saldi alla sedia Killers, si protranno ritoccare i salari dei lavoratori se per tre trimestri consecutivi cala il fatturato. Non se si registrano perdite. Se cala il fatturato. La Merkel al leggere la notizia e' stata presa da un orgasmo multiplo, cosa che non aveva mai sperimentato in vita sua (mi riferisco all'orgasmo, non al multiplo) mentre Sarkozy non ha potuto frenare un'erezione della quale ha subito approfittato Carla.
Scherzi a parte, qualcuno mi spieghi per favore, quale sia il nesso tra licenziamento facile ed economico ed aumento del tasso di occupazione. Mentre Bruxell applaude, i sindacati organizzano manifestazioni che la polizia si diverte a presidiare e a soffocare per colpa dei soliti estremisti violenti. Ma come se non bastasse, il primo ministro Rajoy, pensando pure all'amico clero (volutamente in minuscolo), prepara una serie di riforme per affossare  le poche cose buone che Zapatero ed il suo governo erano riusciti a fare in otto anni di malgoverno. In programma cambiamenti sostanziali per la legge sull'aborto e sul matrimonio dei gay (Rajoy in prima persona ha presentato un ricorso per incostituzionalita' quando era all'opposizione).  Vedremo cosa combineranno. Nel frattempo, gli arcivescovi spagnoli dormono sonni piu' tranquilli: il matrimonio blasfemo ed irritante tra persone dello stesso sesso ha le ore contate.


Passiamo alla Giustizia, e qui Blackswan ed Ezzelino piu' tecnici di me, mi potranno aiutare ad esprimere giudizi, qualora abbiano avuto modo di seguire il caso dall'Italia. Il famoso Giudice Baltasar Garzón (quello che cerco' di fare condannare Pinochet per reati contro umanita', se vi ricordate, ma anche quello che investigo' i crimini di ETA) viene condannato dal Tribunale Supremo ad 11 anni di inibizione per  abuso di potere, avendo autorizzato le intercettazioni dei dialoghi tra avvocato e imputato durante l'inchiesta della cosidetta trama Gurtel. Inchiesta sulla corruzione che vedeva molti imputati del PP. Non entro nei tecnicismi, ma quando vedo un giudice condannato proprio mentre lavora ad inchieste che riguardano corruzione politica e stragi genocide della guerra civile, mi chiedo cosa ci sia davvero sotto. E sento puzza di bruciato. La carriera del giudice e' praticamente finita e la campagna mediatica delle televisioni del PP (Telemadrid su tutte) e' stata a dir poco scandalosa. Soprattutto ho il terrore che un certo fascismo non sia mai morto. Inutili le proteste di migliaia di persone andate in strada subito contro la sentenza. Molti figli delle vittime del franchismo che avevano riposto la speranza di verita' nel giudice dovranno aspettare ancora molti anni prima di vedere condannati almeno moralmente i carnefici e soprattutto prima di sapere dove siano stati seppeliti (in quale fossa comune) i propri cari. Molto probabilmente, non lo sapranno mai.

Sempre sulla giustizia, il marito della secondogenita del Re Juan Carlos, il Duca di Palma Inaki Urdargarin, e' indagato per varie frodi. Pare che l'ex giocatore di pallamano tramite varie fondazioni e/o associazioni si divertisse ad arricchirsi con fatturazioni false (una rapporto consulenza di 8 pagine al Villareal FC per ~600mila euro tra  piu' eclatanti). Ma soprattutto usava il nome della casa reale per "convincere" i potenziali clienti ad usare i propri servizi. Mentre il Re assicura, durante il discorso di auguri di Natale, che la giustizia e' uguale per tutti, i giudici hanno concesso settimana scorsa che le dichiarazioni del fantasioso ex pallamanista non siano video registrate, per paura che possano cadere in mano alla stampa. Bel modo di applicare il principio di uguaglianza.




Ed eccoci allo Sport. Contador, il ciclista campione di Francia, Italia e Spagna viene condannato per doping. Colpevole una sostanza proibita dal nome  impronunciabile rinvenuta nelle analisi durante il tour di Francia del 2010 (che peraltro la sentenza gli toglie). La Spagna intera insorge scandalizzata. Contador dichiara con lacrime agli occhi di essere pulito e di esserlo sempre stato, ripete che la colpa e' di un filetto di carne contaminato ed imprudentemente ingerito, e che ricorrera' e continuera' a lottare.  Avendo pochissima passione per il ciclismo non mi sono interessato molto al caso e non ne conosco idettagli legali/sportivi, ma anche in questo caso sento puzza di sentenza politica "alla francese".

Rimanendo nello sport, il Barcellona ha perso ed il Real Madrid ha vinto, andando a +10 in classifica. Almeno qualche buona notizia al di qua dei Pirenei !! 


Hasta pronto killers!


 Offhegoes 13.02.2012

domenica 12 febbraio 2012

I WILL ALWAYS LOVE YOU

22 American Music Awards, 6 Grammy Awards, 29 milioni di copie vendute con il suo disco d’esordio, “ Whitney Houston ” del 1985, 42 milioni di copie vendute con la colonna sonora di “ The Bodyguard “ nel 1992. Numeri che parlano di gloria, successi planetari, denaro. Ma che non raccontano il tormento privato di un’artista che non ha mai saputo vivere in pace con sè stessa. Non ho mai amato particolarmente la musica pop ( sebbene ne ascolti tanta per non perdere il passo coi tempi ), ma ero affascinato, forse addirittura stregato, dalla voce meravigliosa di Whithey. Soprano naturale, timbro cristallino e un’estensione pazzesca, la Houston si cimentava in ogni genere, dal blues al country, dal soul al pop, con la medesima calda naturalezza. Tuttavia, nonostante la nobiltà di lignaggio, i ripetuti riconoscimenti, il successo commerciale e artistico, la vita non le ha mai fatto sconti, a cominciare da un matrimonio ( quello con il cantante Bobby Brown ) funestato da continui abusi e violenze. Poi  la depressione, l’alcol e la droga, che stavano in agguato, pronte a colpirla ogni volta che rialzava la testa o tentava una via di fuga. Fino all’epilogo tragico di ieri notte, quando il destino che segna inesorabile i nostri giorni senza guardare in faccia nessuno, ha carpito per sempre la sua anima fragile. Oggi, il mondo della musica, già provato dai recenti decessi di Amy Winehouse, Cesaria Evora e Etta James, piange un’altra regina, probabilmente la più grande cantante pop della storia. E come spesso succede in questi casi, si sprecheranno fiumi d’inchiostro e calde lacrime a uso e consumo di una mitizzazione che avrà il suo bel ritorno commerciale. Non c’è retorica, tuttavia, né celebrazione che potranno mai compensare una perdita così rilevante. Perchè se anche chiudessi questo breve ricordo declamando che ora Whitney è in cielo a cantare con gli angeli, ciò che conta  e che davvero fa male è il dannato, insopportabile silenzio che resterà sulla terra. La sua voce era semplicemente meravigliosa, ed era, meravigliosamente, a disposizione di tutti coloro che amano la bellezza. Non c’è enfasi né struggimento che potranno restituircela. Perchè non c'è nessuna poesia nella morte, e nessuna epica del ricordo. Solo perdita.


Blackswan, domenica 12/02/2012 

sabato 11 febbraio 2012

SERIAL KILLER

Il post di giovedì, intitolato " Ricchi Premi e Cotillon ", non aveva l'intento, come qualcuno ebbe a equivocare, di aprire la strada a una catena di Sant'Antonio. Voleva solo essere un post di ringraziamento per tutti coloro ( blogger citati e non ), che da un anno seguono questa pagina. Già, perchè oggi è un anno che "Come Un Killer Sotto Il Sole " vive, fragile creatura a cui cerco di trasmettere tutto il mio affetto e tutto il mio tempo libero. Nato d'impulso un sabato di febbraio del 2011, costruito a fatica la settimana successiva grazie agli amici che qualcosa di pc capiscono, tenuto in vita tutti i giorni anche dalla passione di altri due amici, Ezzelino e Offhegoes, che ritagliano minuti ai loro impegni per non lasciare questa pagina sguarnita di idee, riflessioni, pensieri. Ovvio che tutto ciò non sarebbe bastato se non ci foste stati voi che, tutti i giorni, venite a leggere e commentare. Sarà retorica, ma le persone che ho conosciuto grazie al Killer e quello che mi hanno insegnato, e mi insegnano quotidianamente, rappresentano un'emozione impagabile e l'unico vero motivo per non lasciare mai vuota questa pagina. Grazie di cuore, quindi.
Un piccolo regalo me lo faccio anche io, e ripubblico il primo post musicale del blog, probabilmente mai letto da nessuno prima d'oggi. Parla di uno dei miei dischi da isola deserta e del mio amore rock più grande di sempre,  a cui devo peraltro anche il titolo di questo blog.

BRUCE SPRINGSTEEN - DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN ( DELUXE EDITION )

C’è qualcosa di profondo che lega i fans a questo disco, come la sensazione di sentirsi sempre a casa, circondati dagli affetti, dagli odori conosciuti, dal sapore delle cose buone che radichiamo nella memoria. Canzoni che si snocciolano a menadito come i grani di un rosario rock che declina il nostro credo musicale e che sentiamo sotto pelle, con la stessa naturalezza del sangue che scorre, per quel continuo alternarsi, come nell'anima, di poesia e prosa, di furore e malinconia, di promesse e tradimenti, di fuga e tetragono resistere. Parte " Badlands "( " voglio uscire stanotte per scoprire ciò che è mio ") e si ha la sensazione di entrare nel soggiorno di casa, riconoscere all’istante i luoghi in cui siamo cresciuti, il romito dei nostri affetti, i centimetri ben definiti delle nostre abitudini, dei nostri possessi. Una familiarità, a ben vedere, presente in tutti i dischi di Springsteen ( eppure mai come in " Darkness... " così sincera e diretta ), e nel contempo figlia di un rock tanto universale da generare una sorta di condivisione emotiva, a portata di orecchio e di cuore, di molteplici e differenti percorsi musicali. Proprio per questo "Darkness" è il disco più amato dai fans: perché parla delle radici, del desiderio di trovare l'esatta collocazione sulla terra, di individuare quel luogo, solo nostro, che sia avamposto di resistenza in mezzo alle terre selvagge che ci circondano. Un'intimità che accumuna, dunque, nonostante cammini diversi e diverse esperienze, mentre la voce del boss, aspra e roca, si racconta, ci racconta, narra il romanzo delle nostre vite, lontane migliaia di chilometri, eppure così simili nel momento della sconfitta. 
La genesi del disco si colloca in un periodo tormentato della carriera di Springsteen : da un lato, il successo planetario di " Born To Run ", con le inevitabili pressioni per un seguito che fosse all’altezza; dall’altro, la causa fra Bruce e il  produttore e amico, Mike Appell, che stava mettendo seriamente a rischio la libertà professionale dell’artista. Erano, inoltre, anni di grandi fermenti musicali che vedevano l’esplosione del punk e quindi un modo diverso di pensare e suonare la musica. Springsteen entra in sala di registrazione con circa sessanta abbozzi di canzone, un coacervo di idee da sviluppare , il sacro fuoco del rock nel cuore e un orecchio ben aperto ai nuovi gusti musicali. Tanto entusiasmo, ma anche tanta confusione, tanta incertezza. Il punto di arrivo, però, è da subito ben chiaro: fare un disco che non suoni come "Born To Run", ma che sia più adulto, essenziale, e possibilmente svincolato da quel " wall of sound " che fece la fortuna del predecessore. Soprattutto, l’ambizione di Bruce è quella di concepire un rock che, pur mantenendo la freschezza e l’onestà della gioventù, sappia parlare il verbo della maturità, affrontare temi difficili e universali, quali il lavoro, il dolore, le umiliazioni, i tradimenti, il vivere ai margini della città. Non più solo fuga, dunque: la generazione dei nati per correre, cromosomicamente sconfitta, si ferma a guardare e a riflettere. C’è sempre una Thunder Road che aspetta là fuori, come un killer sotto il sole, come ultima speranza di redenzione. Ma c’è anche un’improcrastinabile necessità di mettere un punto fermo, di parlare con schiettezza della propria esistenza e di onorare la propria terra, le proprie tradizioni, i propri affetti. Springsteen sa cosa vuole, ma non sa come arrivarci. Inizia così un lavoro febbrile, intenso, durissimo. Mesi a risuonare lo stesso brano, settimane passate a perfezionare il suono della batteria, scalette riformulate centinaia di volte, canzoni portate alla perfezione e poi scartate, per quell’eccesso di perfezionismo e di autocensura incomprensibile ai più, ma motore propulsivo della creatività del boss. Ne sono prova le 21 canzoni qui raccolte nei due cd ( venduti anche singolarmente ) intitolati " The Promise ", che avrebbero fatto la fortuna di qualunque artista, e che il boss, invece, lasciò a decantare, salvo qualche sporadico caso, nei propri immensi archivi. E’ il caso, ad esempio, di " Because the night ", donata a Patti Smith ( e da questa portata al successo ) che venne esclusa da "Darkness " perché, nonostante fosse chiaro l’immenso valore, anche commerciale, del brano, si trattava di una canzone d’amore e quindi fuori sincrono rispetto ai contenuti dell’album. Oppure è il caso, ancor più eclatante, di "The Promise ", canzone che i fans adorano e uno dei vertici compositivi del boss, non inserita nel disco perché nessuna delle registrazioni effettuate venne considerata all’altezza. Esclusioni pesanti, dunque, che la dicono lunga sull'onestà intellettuale di Springsteen, tanto manichea da subordinare il facile successo commerciale ( che a ogni modo arrivò ) all’ortodossia di un’arte che non ammette compromessi e guarda solo alla realtà. E’ per questo che "Darkness" suona così essenziale e omogeneo, tanto da apparire costruito su un suono quasi monocromatico ( eppure così marcatamente energico e vitale ), che lungi da essere un limite, diviene invece il vero punto di forza del disco. Prova ne è una scaletta, che non lascia scampo, in un alternarsi, che pare inevitabile, di sofferte ballate ( "Something In The Night ", " Factory ", " Racing In The Street " ) e di esplosioni rock come corse a perdifiato ( la citata " Badlands " e " Prove It All Night " ), nelle quali, nonostante il cesello della meticolosa produzione, prevale una sensazione di strumenti sbrigliati nel fuoco dell’improvvisazione. Mentre " Born To Run " diventa un disco eterno perché vive di epica e di furore, e soprattutto procede in modo convulso per accecanti esplosioni di immagini, " Darkness " trova la propria gloria in uno strano equilibrio dal sapore cinematografico: un montaggio minuzioso e mai invadente che si armonizza alla perfezione con lunghi piani sequenza; una fotografia in bianco e nero che descrive i demoni personali dei protagonisti  delle canzoni senza enfatizzare; una sceneggiatura scarna e dolente, a cui manca l’happy ending, ma che trasuda di consapevolezza e orgoglio. Uno Springsteen, dunque, artista a tutto tondo, capace di narrare l’America, la tradizione, il risveglio dal fallimento del sogno americano, con un verbo trasversale che coniuga letteratura, rock e cinema. Ma anche, e soprattutto, uno Springsteen che sveste i panni della rockstar di " Born to run ", per farsi voce e anima della gente comune, crooner della sconfitta, interlocutore dei propri fans e mai profeta di verità. E questo è anche il motivo per cui Springsteen lo si ama senza riserve : non c'è gap, non c'è differenza, nessuna distanza fra noi e lui. La verità è che siamo legati al Boss da una sorta di immedesimazione di ruoli che non ha eguali nello star system. Narra il fotografo, incaricato di fare gli scatti per la copertina di " Darkness ", che chiese a Springsteen di presentarsi sul set fotografico con tutto il suo guardaroba, in modo da poter avere diverse opzioni per scegliere l’abito più adatto alla bisogna. Bruce si presentò con un sacchetto del supermarket contenente qualche camicia e un paio di magliette. Aveva venduto milioni di dischi ed era rimasto il ragazzo del New Jersey degli esordi. E’  questa semplicità il motore trainante di un successo che dura da quarant’anni. Accorciare le distanze e donarsi agli altri come un amico, un fratello, uno di casa. Tutto ciò che "Darkness " rappresenta alla perfezione: un rock colloquiale e sincero, che parla di cose che conosci e che senti, raccontate da uno che ha il tuo stesso dna. Il cofanetto Deluxe, oltre a "Darkness " rimasterizzato, contiene anche i due cd di " The Promise ", e tre dvd davvero imperdibili : il Making Of del disco, la scaletta dell’album suonata live dalla E-Street band al Paramount Theatre di Asbury park nel 2009 e un concerto del tour di Darkness tenuto a Houston nel 1978. Un’opera imperdibile che farà la felicità tanto degli afficionados quanto di tutti quei neofiti che vogliono conoscere da vicino una delle figure musicali più carismatiche e influenti della storia.



Blackswan, 11/02/2011 - 11/02/2012