mercoledì 25 marzo 2015

SUFJAN STEVENS - CARRIE & LOWELL



Ho preso tempo, tutto il tempo necessario e forse anche di più. Un pò come quando, assaggiando un vino vecchio e strutturato, vuoi coglierne non solo il corpo e l'intensità, ma anche ogni sentore, ogni minima sfumatura. Calma, lentezza, pazienza. Sufjan Stevens lo richiede, lo richiede la sua arte, il suo modo di concepire la musica, che mai nasce da un approccio semplice, accomodante, convenzionale. Stevens per indole non è scontato nè univoco: ascoltarlo è una continua avventura, presuppone sempre quella ragionevole avventatezza che spinge il cammino di un esploratore, quando, passo dopo passo, affronta l'ignoto, consapevole dei rischi che corre, ma risoluto alla scoperta. E' quello che abbiamo provato ai tempi della grandeur di Illinoise (2005) e del folle progetto di sovvertire ogni regola discografica, immaginandosi la possibilità di pubblicare cinquanta album, ognuno dedicato a un diverso stato americano; ed è quello che abbiamo provato, ancor di più, quando ci siamo misurati con le bizzarrie indietronic di The Age Of Adz (2010), un azzardo all'apparenza incomprensibile, eppure compiuto con successo. Calma e lentezza è, dunque, quello che richiede anche la comprensione di Carrie & Lowell, un disco che si pone come contrappunto frugale al climax raggiunto dalla sovrabbondanza creativa di Stevens: tanto erano ricchi di suoni e prosperosi di idee i precedenti capitoli della sua discografia, quanto ora è scarna e minimalista l'impalcatura delle undici canzoni in scaletta. Se prima l'idea era quella di ricerca e movimento, oggi Stevens punta a un'affabulante stasi. Eppure, la bellezza di Carrie & Lowell non si coglie immediatamente, occorre scartare con accuratezza la confezione per gioire del regalo che cela. Undici ballate folk pop, coerentemente lo-fi, indipendenti nell'accezione più nobile del termine, quella cioè che richiama le atmosfere del Sundance Film Festival, fragili nell'impianto strumentale ma al contempo fameliche di emozioni; undici canzoni che nascondono la loro bellezza dietro un'omogeneità sonora ovattante, che piano piano si sgretola, facendo emergere personalità melodiche ben distinte fra loro. Come il tepore della primavera schiude la fredda terra in un rinnovato afflato vitale, permettendo ai fiori di sbocciare, così il nostro paziente ascolto disvela lo stordente susseguirsi di emozioni di cui Carrie & Lowell è pregno. Sentimenti di afflizione, tenerezza, affetto, rammarico e nostalgia sono illuminati da una luce tenue ma persistente, come fossero acquarelli i cui colori vengano esaltati da un tratto deciso, intento a contenere più che a sfumare. Ispirato dalla morte della madre (Carrie), avvenuta nel 2012, e dedicato al rapporto di amicizia col marito di lei nonchè suo padrino (Lowell), Carrie & Lowell inanella alcune delle migliori canzoni scritte da Sufjan nel corso della sua carriera, alcune così pure e cristalline da farci dimenticare tutto ciò che è stato prima, come se l'artista di origini persiane non avesse più un passato artistico, e fosse solo qui, ora, colto per sempre nell'attimo. Death With Dignity, Should Have Know Better, Drawn To The Blood, Fourth Of July, Blue Bucket Of Gold sono così clamorosamente belle da lasciarci senza fiato, privati di relativizzazioni, in balia dell'assoluto: canzoni leggere come foglie secche sospinte nel vuoto dal soffio del vento, frementi di vita come ondivaghe spighe di grano al tatto della mano, incombenti come un dolore risaputo e costante dell'anima. Emozioni pure, che trascendono l'arte.

VOTO: 10





Blackswan, mercoledì 25/03/2015

martedì 24 marzo 2015

NEIL YOUNG WITH CRAZY HORSE - BORN TO ROCK - USA TOUR 1986



Gli anni '80 sono stati per Neil Young gli anni della sperimentazione estrema e gli anni, diciamolo francamente, dei dischi di merda. Iniziati discretamente, con un controverso album dai suoni molto tradizionali e dagli accentuati contenuti politici (Hawks & Doves del 1980) e finiti anche meglio con Freedom (1989), quello che da tutti i fans e dalla critica viene considerato il disco della rinascita artistica. Ma in mezzo, tante, troppe ciofeche. Un pugno di dischi che andavano a esplorare nuovi orizzonti creativi, distanti anni luce da un suono diventato marchio di fabbrica, e per il quale la Geffen, nuova casa discografica di Neil dopo l'abbandono della Reprise, aveva investito un bel pò di quattrini. Ma Neil in quel periodo non voleva sentire ragioni e faceva di testa sua: una libertà creativa, questa, che lo porto a un contenzioso giudiziario proprio con la Geffen, la cui dirigenza sosteneva che il chitarrista producesse volontariamente musica non rappresentativa della propria arte, al solo scopo di danneggiare la casa discografica. E ad ascoltare la produzione di quegli anni, qualche dubbio viene. Un album mediocre, Re- Ac- Tor (1981), ultimo con la Reprise, e poi tanti lavori ai limiti della iconoclastia di un mito: il rockabilly di Everybody's Rockin' (1983), il soporifero country stile Nashville di Old Ways (1984), le incomprensibili derive synth di Trans (1982) e Landing On Water (1986). Ed è proprio al tour di quest'ultimo disco che si riferiscono le registrazioni di Born To Rock, colte dal vivo dalla Westwood One Fm, durante alcuni concerti americani del novembre di quell'anno. Neil Young, che nel 1987 pubblicherà Life (ultimo disco per la Geffen che peraltro segna il ritorno del pigmalione artistico coi Crazy Horse (Sampedro, Talbot, Molina), si fa accompagnare in tour proprio dalla sua storica band. Il risultato di questo live ricorda molta da vicino quello del mitico Live Rust: una band potente e rumorosa che rockeggia senza compromessi ai confini del grunge, un'oasi acustica con Neil alla chitarra, armonica (Heart Of Gold, Sugar Mountain, The Needle & The Damage Done) e piano (After The Gold Rush), la solita scaletta di grandi classici (Like A Hurricane, My My Hey Hey, Down By The River, Cinnamon Girl, etc.) e alcune canzoni tratte dal repertorio più recente (Computer Age, Violent Side, etc.). Il packaging scarnissimo e privo di crediti relativi ai luoghi e alle date dei singoli live, è compensato da un'ottima resa qualitativa delle registrazioni, di gran lunga superiore a quella di un semplice bootleg. In definitiva, Born To Rock è un'interessante fotografia su uno dei periodi meno fortunati della carriera di Young (a ricordarcelo ci sono vaccate come Sample And Hold), il quale, dal vivo, sapeva però mantenere (pressoché) intatta la sua aura di leggendario rocker. Per super fans.

VOTO: 7





Blackswan, martedì 24/03/2015


lunedì 23 marzo 2015

IL MEGLIO DEL PEGGIO






Riceviamo dalla nostra freelance Cleopatra e integralmente pubblichiamo

Che Lupetto, il promettente e rampante pargolo di Maurizio Lupo de' Lupi, abbia ricevuto in dono un orologio o un vestito di taglio sartoriale, poco ce ne cale. E se il paparino ministro si sia dato un gran daffare per trovargli una "sistemazione", mal gliene Incalza. 
I figli, si sa, so' piezz ' e core e Maurizio Lupi non fa eccezione. Che però si intrattengano relazioni pericolose con un soggetto criminale, una sorta di "dominus" che per ben 7 governi ha fatto il bello e il brutto tempo nonostante 14 indagini sulle spalle, questo è vergognoso. L'ennesimo caso di insaputismo? Ci risiamo. Nessuno sa e se qualcuno sapeva, non si sentiva tanto bene. Un virus, a quanto pare, contagioso che miete vittime soprattutto tra i politici. Da destra a sinistra. 
Ora, per quanto biasimevole e inopportuno sia ricevere favori e regali munifici - specie se a beneficiarne è il congiunto di un ministro della Repubblica -  ciò che più ripugna, oltre alla inspiegabile presenza di un personaggio scomodo come Ercole Incalza, è la sagra dell'incoerenza e dell'ipocrisia patrocinata dalla Premiata Ditta Renzi & C.
A scandalo scoppiato, il bischero Matteo smarcandosi dall'ingombrante Lupi, avendo fiutato il pericolo di una macchia sulla propria immagine e di un possibile calo nei consensi degli italiani, si arma di baionetta sparando a zero contro chi lo accusa di doppiopesismo o di rottamazione a corrente alternata.
"Lupi ha fatto una valutazione personale, giusta e saggia secondo me. Peraltro non era nemmeno indagato" , puntualizza Matteone in un'intervista. " Il caso De Luca? Ha vinto le primarie, ma la modifica della Severino non è all'ordine del giorno...Non caccio gli indagati". Morale della favola: Lupi va a casa per ragioni di opportunità, mentre i vari sottosegretari (6, per l'esattezza) e il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, indagati a vario titolo, se ne stanno tranquilli e poltronati. Chissenefrega se il curriculum delle Barracciu, dei Faraone, dei Soru o dei Castiglione sia tanto sporco da non poterci nemmeno una dose massiccia di candeggina.
L'Importante è confondere le acque, gettare fumo. Per Renzi, la morale si usa disinvoltamente in base alla convenienza del momento, come un vestito a seconda delle stagioni. 
Scriveva Indro Montanelli nel '96: "Una delle eterne regole italiane: nel settore pubblico, tutto è difficile; la buona volontà è sgradita, la correttezza, sospetta. Per questo, le persone capaci continueranno a tenersi a distanza di sicurezza dalla "cosa pubblica", lasciando il posto ai furbastri (magari bravi) e alle mezze cartucce (magari oneste). Così, purtroppo, vanno le cose in questo bizzarro paese". Parole sante.

Vincenzo De Luca, candidato del Pd in Regione Campania e condannato in primo grado per abuso d'ufficio: "Il mio più grande leader spirituale indossa una veste bianca e dice parole limpide all'umanità: è Papa Francesco".

Gianluca Buonanno (eurodeputato leghista), al rientro dalla missione in Libia: "In Libia mi considerano un capo di stato..."

Antonio Razzi: "Il mio compaesano Rocco Siffredi ha avuto 5 mila donne, io mille, ma lui lo faceva per lavoro, io per piacere. Una volta sono andato anche con tre donne contemporaneamente..."

Matteo Renzi su D'Alema, che lo accusa di gestione arrogante del partito: "Lui sembra una vecchia gloria del wrestling".

Cleopatra, lunedì 23/03/2015