Il nuovo album dei no-man, "Love You To Bits", in uscita il 22 novembre in 12''/CD/DIGITALE su Caroline International, distribuzione Universal.
no-man (il duo composto da Tim Bowness e Steven Wilson) ha annunciato i dettagli del nuovo album, Love You To Bits.
Undici anni dopo l’ultima uscita della band – la malinconica suite, Schoolyard Ghosts - i no-man
ritornano con un’ambiziosa dichiarazione d’intenti diversa da ogni
altra uscita del catalogo della band. Composto da due pezzi di 20 minuti
connessi tra loro e divisi in 5 parti (Love You To Bits e Love You To Pieces),
l’album combina elementi pop ed elementi di elettronica in modi
sorprendenti (incorporando aspetti di Fusion, Ambient e molto altro).
Love You To Bits
presenta melodie commoventi, beat e assoli mozzafiato che collidono in
trame eteree e audaci esperimenti per crare l’album più dinamico e
diversificato dei no-man finora.
Gli ospiti sono Adam Holzman, David Kollar, Ash Soan e la Dave Desmond Brass Quintet. Prodotto dai no-man, Love You To Bits è stato mixato da Bruno Ellingham e masterizzato da Matt Colton.
E’ stato un anno davvero importante per la cantante dei Hands Off Gretel. Prima, il secondo album della band, I Want The World,
che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico e critica, e adesso, un
disco solista, l’esordio con brani interamente originali, visto che
Lauren Tate, in passato, aveva già pubblicato un paio di album di cover e
un paio di Ep.
Songs For Sad Girls
è un progetto decisamente ambizioso, e nasce dall’idea della
ventiduenne britannica di uscire dalla sua comfort zone e di provare a
fare da sola. E non è solo un modo di dire, visto che il full lenght
esce sotto l’egida della sua casa discografica, la Trash Queen Records,
ed è stato quasi interamente registrato nello studio di casa sua, senza
alcun aiuto esterno: scrittura, registrazione, produzione e artwork
sono esclusivo frutto del suo talento.
Un
disco che si allontana dalla rabbia punk della casa madre e che
sceglie, invece, la strada della ballata elettro-acustica, di
arrangiamenti scarni ma non scheletrici, dell’intimità raccolta di voce e
chitarra acustica, di una narrazione costruita sul racconto e la
riflessione. Come intuibile dal titolo, Songs For Sad Girls
parla di ragazze, di femminilità e sensualità, di storie d’amore non
sempre appaganti, di gioie e profonde delusioni, di una società che
pensa alla donna solo come oggetto sessuale o la marginalizza. E lo fa,
con quello sguardo di copertina, ammiccante, torvo e provocatorio, in un
fermo immagine in cui la ribellione sovrasta un evidente pungolo di
tristezza, in un mix fra languida femme fatale e grintosa riot grrrl,
epigono di Amy Winehouse, Pink e Courtney Love.
Canzoni
che convivono fianco a fianco, diverse fra loro, eppure legate da uno
stile ben preciso, da idee brillanti, da passionalità e una forte carica
impressionista. E poi c’è quella voce, davvero stupefacente, che
miagola, graffia e urla, con interpretazioni che sfiorano talvolta il
confine del melodramma, eppure talmente sincere e convincenti da far
sembrare anche le canzoni più prevedibili un assalto all’arma bianca al
cuore dell’ascoltatore.
Apre il disco Mondays Make Me Feel So Awful, un minuto di cacofonia, tra voci, chitarra acustica e rumori di fondo, che viene chiosato da una frase in italiano, “mi fai del male, ma ti amo”, esplicita rispetto alle contraddizioni contenute in liriche in cui l’amore è tutto e il contrario di tutto. La successiva Can’t Keep My Hands Off You,
parla di lui, che è droga e diavolo, di un amore tossico e di
un’attrazione che cannibalizza la volontà, e per un istante è quasi
impossibile non farsi tornare in mente l’appassionata Liz Phair di Exile in Guyville.
In What About The Kids,
la dolce melodia iniziale è la miccia per accendere un ritornello in
cui la Tate rappa con consumata maestria, guardando al mondo delle armi
attraverso gli occhi di una bimba la cui innocenza è stata violata per
sempre (“Papà, mi hanno sparato con una vera pistola, non come
quella con cui abbiamo giocato per divertimento. E quella pistola,
assomigliava molto alla tua, quella che hai detto ci avrebbe sempre
protetto”).
Lauren, poi, gioca con gli anni ’50 e ‘60 (d’altra parte uno dei suoi album precedenti, Love Song, coverizzava grandi brani di quegli anni), ma lo fa col suo timbro inconfondibile, con audacia e sfrontatezza (Naturally Born Bad, He Loves Me),
parla del mito del corpo, della ricerca della taglia 0 e delle
umiliazioni subite dalle donne su internet a causa del proprio fisico (Miss American Perfect Body),
instillando inusuale dolcezza e un pathos, sottolineati da un sobrio
arrangiamento d’archi, e poi, chitarra acustica alla mano, racconta in
modo spietato la storia d’amore fra un’adolescente e un uomo predatore,
il tormento, l’angoscia, la disperazione di una giovane donna che deve
fare i conti con sentimenti sviliti e frustrati (Rock‘n’Roll Radio).
In
questo esordio, non c’è un solo momento che non appaia credibile e
intenso, e se alcune canzoni sono belle, altre sono addirittura
bellissime. Il blues dissonante di Bad Egg Blues suona pericoloso come un cane rabbioso che si aggira nel cuore della notte, Monsters è uno sprofondo cupo di disperazione patologica pervaso da una tensione destabilizzante e How Fucking Dare You
è una feroce invettiva contro un amante traditore, che lascia attoniti.
Tre brani che sono il fiore all’occhiello di una scaletta senza
sbavature, opera di un’artista già affermata, che ha però scelto di
seguire una strada parallela più distante dalle sue origini. Strumenti
acustici ed elettrici che si piegano alla ballata, riletta però da
un’insopprimibile indole punk e abrasa da una voce che scartavetra ogni
residuo di zucchero, in nome di una consapevolezza tanto rara quanto
preziosa.
Ci
sono tante brave cantanti in circolazione, anche più brave
tecnicamente, per carità, ma come interpreta le sue canzoni questa
ragazza, con quanta grinta e quanta sincera passione, è qualcosa che
lascia senza parole. Uno dei migliori dischi ascoltati quest’anno.
FOREIGNER: i membri originali si riuniscono per celebrare il 40esimo anniversario dell'album multi-platino DOUBLE VISION e annunciano FOREIGNER - DOUBLE VISION: THEN AND NOW, un live album disponibile su CD, vinile, DVD e Blu-ray, in uscita il 15 novembre su earMUSIC.
Con
oltre 80 milioni di album venduti e 16 hit da Top 30, i Foreigner sono
universalmente riconosciuti come una delle più famose rock band del
mondo. Foreigner - Double Vision: Then And Now porta gli
spettatori dietro le quinte mentre i membri originali della band si
uniscono a quelli attuali e a Mick Jones per la prima volta in 40 anni
di storia del gruppo. Entrambe le incarnazioni della band condividono lo
stesso palco per una esibizione epica.
I
membri originali Lou Gramm, Al Greenwood, Dennis Elliott, Ian McDonald e
Rick Wills salgono sul palco con Mick Jones e gli attuali Foreigner
(Kelly Hansen, Tom Gimbel, Jeff Pilson, Michael Bluestein, Bruce Watson e
Chris Frazier) per dare lustro ad alcune delle canzoni di maggior
successo che riportano alla memoria ricordi indelebili per i fan di
lunga data e grandi emozioni per i nuovi.
Dice
Mick Jones: “Uno spettacolo che ricorderò per sempre! Condividere il
palco con i membri che hanno dato vita ai Foreigner e i musicisti
stellari che continuano a portare questa bandiera nel nuovo millennio è
stato un momento incredibilmente emozionante.”
“Volevamo
mettere in scena una produzione elaborata per il primissimo concerto di
reunion ‘Foreigner - Then And Now’”, afferma il pluripremiato
produttore Barry Summers di Rock Fuel Media, che ha creato questa
esplosiva celebrazione rock. “Qualcosa di diverso da qualsiasi altro
show precedente dei Foreigner è stato catturato nel film, che sia
visivamente sia musicalmente dona nuova vita ai loro incredibili
classici – le canzoni con cui sono cresciuto – e i fan potranno
apprezzarlo per molti anni a venire.”
Girato
in 4K Ultra HD utilizzando più di 24 videocamere, il film concerto
presenta uno straordinario design multimediale, con animazione CGI,
laser, nebbia ed effetti elaborati che portano questa potentissima
performance su nuovi livelli.
Quelle
delle Joseph è un nome praticamente sconosciuto alle nostre latitudini,
anche se negli States, paese da cui provengono, si sono create un
discreto seguito e sono molto chiacchierate da parte della stampa
specializzata. Il terzetto proviene da Portland (Oregon) ed è composto
dalle tre sorelle Closner, Natalie, Allison e Meegan.
Il primo album, Native Dreamer Kin, interamente autoprodotto, è uscito nel 2014, e ha subito messo in luce le doti della band, tanto che il secondo disco, I'm Alone, No You're Not
Was, datato 2016, è stato rilasciato sotto l’egida ATO Records e
prodotto da Mike Mogis, membro dei Bright Eyes e produttore
prolificissimo (First Aid Kid, Conor Oberst, Pete Yorn, Cursive, etc.).
Per quanto vengano spesso etichettate come folk band (per l’uso anche di
strumenti acustici e per qualche vaga sonorità roots), è chiarissimo
dall’ascolto di questo nuovo Good Luck, Kid che le Joseph si
muovono in ambito (indie) pop. Che poi indie, che ho messo di proposito
tra parentesi, non sarebbe nemmeno un termine troppo corretto, visto che
le tredici canzoni che compongono la scaletta del disco sono
incredibilmente mainstream. Per cui, connotatelo un po' come volete, ma
quelle del terzetto americano è pop: radiofonico, prevedibile e zeppo di
citazioni.
Eppure,
questi brani, che a un ascoltatore distratto potrebbero apparire di
poco conto, hanno dalla loro due punti di forza che li rendono
estremamente piacevoli: dei ganci melodici che acchiappano alla velocità
della luce e degli arrangiamenti davvero brillanti (produce Christin
“Leggy” Langdon), che grazie a pochi elementi ben inseriti (una
tastiera, qualche di pianoforte, un lick di chitarra) riescono a
risollevare le sorti di brani altrimenti parecchio ovvi.
Un
connubio misurato di strumenti acustici, elettronica ed elettricità,
oltre al perfetto interplay delle tre voci, rappresentano il piatto
forte della casa, e nonostante non vi sia nulla di davvero sorprendente
il risultato finale è credibile e molto piacevole. L’iniziale Fighter,
ritmica pulsante, innesti di elettronica e quello splendido suono di
tastiera che compare nel ponte, è un singolo che si fa ricordare e fa
venire in mente Sia (Chandelier). Nella title track
entrano in gioco le chitarre e la canzone è attraversata da una tensione
nervosa che la rende una degli high light del disco. E’ comunque
davvero difficile resistere al potenziale melodico di questo disco, e
brani come In My Head, nella sua adolescenziale semplicità, Presence, dagli accenti rock (e con un riff di chitarra che fa esclamare immediatamente: Black Keys!) o Shivers, con quella progressione che suggerisce sottotraccia la Kate Bush di Running Up That Hill, sono episodi riuscitissimi e che dimostrano tutto il talento di queste tre ragazze.
Good Luck, Kid
non finirà certo nelle classifiche di fine anno, ma se avete voglia di
ascoltarvi un buon disco pop che non ha alcuna pretesa artistica se non
quella di divertire, le Jospeh sapranno darvi soddisfazione.
I Theory Of A Deadman annunciano la pubblicazione del loro settimo album in studio dal titolo “Say Nothing” in uscita il 31 gennaio 2020 su etichetta Atlantic Records
L’album è anticipato dal singolo “History Of Violence”, che porta in primo piano una storia di rivincita sulla violenza domestica. Diretto da Sam Sulam, il video di “History Of Violence” mostra
un momento devastante nella vita di una donna che, stanca degli abusi
del marito, pianifica la propria rivincita, per poi finire in carcere ma
finalmente libera dal suo aguzzino.
“History
of Violence’ racconta la triste storia di una ragazza intrappolata in
una vita di abusi domestici che la porta a quella che le sembra essere
l’unica via d’uscita”, spiega il cantante Tyler Connolly. “Alla
fine, la prigione sarà per lei un luogo migliore della vita reale a
fianco di quell’uomo. Incoraggiamo tutte le persone che subiscono
violenza domestica a chiedere aiuto”.
In“Say Nothing”, i THEORY — Tyler Connolly [voce, chitarra], Dave Brenner [chitarra, voce], Dean Back [basso] e Joey Dandeneau
[batteria] — affrontano temi attuali e sensibili con la loro consueta
attitudine rock ‘n’ roll, una visione sperimentale e chiare ambizioni
pop. Registrato a Londra con il produttore Martin Terefe
(Jason Mraz, Yungblud), l’album parla di questioni attuali nella vita
moderna. Violenza domestica, razzismo, politica e molto altro. Alla base
di tutto, un positivo messaggio di speranza per il futuro.
“Considero questo album un microcosmo dell’era attuale”, commenta Brenner. “È
un monito a guardare dentro ciò che sta accadendo e ciò che stiamo
diventando. Spero che tutti si fermino a riflettere su quanto espresso.
Allo stesso tempo, la musica resta una via di fuga. Magari possiamo
donare al mondo una piccola luce di speranza e incoraggiare le persone a
trattarsi meglio.”
“Say Nothing” prosegue l’evoluzione tematica e musicale che da sempre contraddistingue i THEORY. Il brano di apertura “Black Hole Of Your Heart” vede la partecipazione di un’intera orchestra, il cui incedere è scandito da una cigolante chitarra. Un pellegrinaggio agli Abbey Road Studios ha ispirato “Ted Bundy”, brano che racconta in prima persona la storia di un uomo problematico che non può amare o essere amato. “Strangers” colpisce con la sua prosa provocatoria che riflette l’attuale situazione politica americana. Infine, il coro gospel di “Quicksand” aggiunge l’ennesima e profonda dimensione a “Say Nothing”.
Nel 2017 il singolo “Rx (Medicate)” , tratto dall’album “Wake Up Call” , ha superato i 250 milioni di streaming diventando il terzo singolo nella carriera dei THEORY
a raggiungere la posizione #1 della classifica Hot Mainstream Rock
Tracks di Billboard. Nel corso delle ultime due decadi l’impressionante
catalogo musicale dei THEORY ha portato numerose
certificazioni oro e platino, due debutti nella Top 10 della classifica
Top 200 di Billboard e otto debutti nella Top 10 della classifica Hot
Mainstream Rock Tracks di Billboard.