Ci sono dischi che ti rispingono a forza nel passato verso sonorità che avevi dimenticato e che escono dall’oblio solo come un ricordo bello di gioventù.E’ il caso di questo ultimo lavoro dei bolognesi Joycut,combo in attività ormai da dieci anni ( ma questo è il primo disco ), capaci di far rivivere in tredici canzoni la new-wave anni ‘80 nella sua accezione più marcatamente dark.I riferimenti che si colgono durante l’ascolto del disco sono molteplici e facilmente individuabili:vengono in mente i Cure soprattutto,ma anche gli Psychedelic Furs,gli Echo and The Bunnymen,i primi Simple Minds,i sempre eterni Joy Division. Nonostante l’ispirazione sia chiara fin dall’inizio,i Joycut evitano però l’approcio reverenziale e scimmiottamenti in serie.Queste canzoni semmai si limitano a fluttuare su un’architettura di citazioni, ma hanno poi una propria dignità estetica e morale,vivono di liquido ipnotismo,si sviluppano su un linguaggio che fonde elettronica e chitarre in un equilibrio di sognanti malinconie.Un lavoro che esprime il meglio del movimento indie italiano capace di avere anche respiro internazionale.Il disco,infatti,è prodotto da Jason Howes ( Arctic Monkeys,Bloc Party ) ed è stato registrato presso gli studi Premises di Londra ( i primi studi di registrazione al mondo ad essere alimentati con pannelli fotovoltaici ).
VOTO : 7,5
Blackswan, 23/05/2011
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