All’inizio di “ It Might Get Loud “, documentario del 2009 su tre generazioni di chitarristi, Jack White ( gli altri due rocker presi in considerazione sono Jimmy Page e The Edge ) costruisce in pochi minuti una chitarra elettrica perfettamente funzionante con una bottiglia di coca cola,un fil di ferro e poche tavolette di legno.In questa piccola opera di artigianato c’è tutta l’essenza della concezione musicale di White : l’amore per le radici, la ricerca di suoni primordiali, la riscoperta del blues del Delta così come era suonato dai grandi padri. Sbaglia chi ritiene che White sia un chitarrista tecnicamente modesto.Di tecnica White ne ha da vendere,ma la nasconde,la mette al servizio di una ricerca filologica volta a far riemergere il blues delle origini,che viene poi attualizzato in un contesto che oggi chiamiamo alternativo.Ed è proprio questo il merito del chitarrista: essere stato uno dei pochi ad aver portato il blues fuori dai circuiti specializzati, trasformandolo in musica che fosse alla portata delle nuove generazioni, senza perciò tradirne lo spirito e l’essenza originari.Eco spiegato il motivo per cui i suoi White Stripes ( pace all’anima loro ) suonano così spartani, perché al centro del suo rock ci sono i riff e non gli assoli, perché batteria e chitarra, se adeguatamente amalgamati, possono creare un devastante wall of sound.E’ lo stesso Jack a raccontarlo : <<Tutto quello che occorre sono due persone.La musica arriva dalla chitarra o dal piano e il ritmo è dato dall’accompagnamento di Meg ( l’altra metà degli Stripes ).Non serve altro.>>.White inizia ad approciarsi alla musica molto giovane,suonando inizialmente la batteria e passando progressivamente alla sei corde.Il suo retroterra di formazione è composto dai grandi del blues,come Robert Johnson e Son House, ma anche da molto garage rock ( Sonics, Monks ).E’ del 1999 l’esordio discografico con i White Stripes e l’inizio di una decennale carriera che lo porterà a riscrivere le coordinate del rock altenativo statunitense.Oltre alla casa madre dei WS, Jack tiene in piedi altri due notevolissimi progetti paralleli ( i Raconteurs e i Dead Weather ) e ha collaborato con numerosi artisti dai backgrounds più disparati,quali ad esempio Wanda Jackson e Danger Mouse.La chitarra preferita di White è una Airline bianca e rossa, un modello economico da grandi magazzini degli anni sessanta, di cui abbassa l’intonazione per sopperire alla mancanza del basso.Il modo di suonare di Jack è caratterizzato dal frequente uso del dito mignolo per compensare la parziale immobilizzazione dell’indice della mano sinistra,fratturatosi a seguito di un incidente d’auto nel 2003.
Blackswan, lunedì 26/09/2011
5 commenti:
Gli Stripes non mi hanno mai fatto impazzire(preferisco molto di più i Black Keys),e neppure la musica che White suona,ma m'è sempre piaciuta questa sua devozione roots
Mah, a me la sua (loro) musica è sempre sembrata un po' legnosa, forse proprio in conseguenza della formazione a due che inevitabilmente porta ad un'essenzialità quasi scabra.
Detto questo, certi passaggi della sua chitarra mi sanno di grandezza.
Domanda: ma c'è un chitarrista con le mani normali?
Django Reinhardt si era bruciato due dita in un incendio, questo ha un indice mezzo secco, Tony Iommi dei Black Sabbath si era piallato via le falangi della sinistra quando lavorava in fabbrica, e che cazzo, un po' di attenzione, no?
@ Massi : va a gusti.I primi Black Keys mi piacevano molto.Ultimamente trovo che abbiano un pò perso il furore iniziale.
@ Ezzelino : effettivamente c'è una cospicua quantità di musicisti,per così dire,un filo acciaccati :)
@Blackswan:Anche questo è vero,ma continuo a preferirli alla roba che fa White
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