mercoledì 9 maggio 2012

ELLIOTT SMITH - FIGURE 8

Ci sono uomini fragili, schivi, feriti, il cui destino è segnato in partenza, per il solo fatto di essere nati. Questi uomini cercano nell'arte un conforto che non trovano negli affetti e se diventano musicisti, sperano che la musica possa sorreggerli nel difficile cammino della vita . Cercano nelle canzoni il senso di un'esistenza precaria, qualcosa che consenta loro di superare l'inadeguatezza al mondo e alla gente che li circonda. Con le note costruiscono terrapieni  che li possano proteggere dal rumore del mondo, fortezze ove rifugiarsi per lenire il dolore immenso di non voler essere vivi o quello, ancora più feroce, di volerlo essere di più. Tormentati e irrequieti, si aggirano come immagini diafane e innafferabili in un immaginario collettivo musicale col quale non hanno nulla a cui spartire. Le chiamano rockstar e divengono personaggi loro malgrado, finendo col recitare una parte ed essere veri solo nelle canzoni che scrivono. Si aggrappano alla musica per restare a galla, ma alla fine, irrimediabilmente, il vortice dell’'esistenza li risucchia. E così se ne vanno per sempre, lasciando un vuoto incolmabile nel quale anche noi finiamo per smarrirci, orfani di una musica che conosceva a menadito la strada tortuosa per raggiungerci il cuore. La storia del rock ne ha conosciuti parecchi di questi campioni della disperazione. Kurt Cobain e il suo disagio urlato in faccia al mondo con voce arrochita ed una chitarra distorta; Nick Drake, menestrello dolcissimo, ma troppo instabile anche solo per affrontare un pubblico e cantare dal vivo le proprie delicate perle di intimismo; Tim Buckley, e poi suo figlio Jeff, che la morte non se la son data, ma in qualche strano modo l'hanno cercata, auspicata e alla fine trovata, l’'uno nell'’eroina e l'’altro nei gorghi del Mississippi. E infine Elliott Smith, forse il più distante di tutti dalle leggi dello star system, probabilmente il più tormentato e il più indifeso. Smith era il classico ragazzo della porta accanto, arruffato e sgualcito, educato e gentile, ma schivo come un lupo solitario. 




Un signor nessuno fin dal cognome, tanto mediocre e dimesso nell’'aspetto da essere scambiato  più volte per fattorino nella stessa casa discografica dove andava a firmare contratti per quei suoi dischi di acerbo ma luminoso cantautorato. Non resse il peso di una vita disordinata, vissuta in balia del disagio anche fisico che gli derivava dallo stare in mezzo agli altri e soggiogata dalla dipendenza dalla droga e dall'’alcol, medicine esiziali di quella malattia bastarda chiamata solitudine. E tanto meno resse il peso di una popolarità che, seppur tardiva, lo portò agli onori delle cronache per la sua partecipazione alla colonna sonora del film Will Hunting -– Genio Ribelle e per quella canzone, Miss Misery, che lo avvicinò a un passo dall'Oscar. Fu soprattutto il male di vivere a ucciderlo, una disperazione così profonda e radicata, che se da un lato era ispirazione per struggenti melodie, dall’'altro ne minò progressivamente l’'equilibrio psicofisico già reso precario dall’'abuso di eroina. Smith se ne è andato nel modo più cruento possibile, pugnalandosi il petto, fino a trovare, dritto nel cuore, il fendente fatale. Bisogna odiarsi parecchio per uccidersi così. Provare ribrezzo verso se stessi, desiderare di cancellarsi per sempre dalla faccia della terra. Non un vero e proprio suicidio, ma qualcosa di più; non solo trafiggere un corpo, ma cercarne l'anima e farne strazio. Al momento della pubblicazione di Figure 8, l'ultimo disco rilasciato in vita prima di una lunga serie di postumi, forse si poteva già intuire qualcosa del dramma che si sarebbe verificato di lì a breve ( il pezzo conclusivo dell'album, dalle atmosfere ultraterrene, si intitola profeticamente Bye ). Eppure il fascino della musica, la perfezione delle composizioni, la delicatezza degli arrangiamenti, velano la tragedia imminente, la nascondono, e ci consegnano solo il miracolo di sedici canzoni di mirabile fattura. Registrato in parte presso gli Abbey Road di Londra ( dove Smith realizzò il sogno di suonare il piano che fu di Paul McCartney ), Figure 8 procede per quadretti deliziosamente pop e solo apparentemente minimalisti. C’è anzi una maturità e un'’eleganza negli arrangiamenti che affranca il musicista  dagli standard del folk acustico e colloquiale dei primi lavori, e che realizza pienamente la sua idea di canzone di derivazione beatlesiana, arricchita però da una scrittura che non disdegnava di guardare avanti, verso il futuro. Dall'iniziale Son Of Sam,  in cui l'interplay fra chitarra e un pianoforte giocosamente beat è qualcosa di più di una geniale illuminazione, alla struggente e appassionata  Everything Reminds Me Of Her, alla melodia irresistibile di  L.A. , fino alla delicata elegia in crescendo di Everything Means Nothing To Me , esplicita dichiarazione di non appartenenza a questo mondo, Figure 8 resta uno dei vertici della breve ma imperdibile discografia del cantautore di Omaha. Forse non il disco più bello, ma quello che svela nel modo più compiuto il senso di Smith per la musica pop.





PS : il post, riveduto e corretto, risale agli albori del blog, quando l'unico follower presente era il sottoscritto.

Blackswan, 09/05/2012

12 commenti:

Nella Crosiglia ha detto...

Brilliant disguises---brillanti travestimenti , a volte non reggono, ti accorgi di non approdare a nulla fino a non riconoscere neppure te stesso! E allora è la fine , il coraggio e la vigliaccheria di sparire per sempre, perchè niente e nessuno possono lenire i tuoi disagi...Ancora una volta grazie , di queste perle , che fanno ancora più lunga la collana che porto sempre con me!

Unknown ha detto...

Ora di followers ne hai molti, tra i quali mi onoro di essere anch'io.
Buona l'idea di ri-postare questo post che mi ha introdotta nel mondo di questi fragili artisti e mi ha fatto intuire la loro infelicità e la ragione di tante tragiche conclusioni.
Cristiana

m4ry ha detto...

Hai fatto bene a ripubblicare questo post. La storia è piena di grandi talenti che hanno buttato via la propria vita a causa dell'incapacità di viverla. A volte mi chiedo se chi si uccide abbia più coraggio o più paura. Son of Sam è bellissima, e Miss Misery mi fa venire i brividi.
Un abbraccio e buona serata :)

mr.Hyde ha detto...

Hai fatto bene a ripostarlo! Il post è commovente..dispiace tanto che si arrivi a gesti così tragici, che si sia così determinati ad uccidersi, in maniera così diretta, truculenta..
La musica è molto bella.Il primo pezzo richiama i Bealtles di Abbey Road ma anche George Harrison (la parte introversa dei Beatles)..pero' poi lo stile ha una sua autonomia, ha grazia,eleganza un'apparente leggerezza che fa trasparire un drammatico travaglio interiore..che strano...
Grande scelta,black.

Blackswan ha detto...

@ Nella : Credo che Smith come Drake nemmeno ci provassero a travestirsi.Scrivevano canzoni per sopravvivere.E che canzoni !
Quando la collana ti arriva ai piedi, fammi un fischio che cominciamo il secondo giro.Un abbraccio,Nellissima !

@ Cristiana : ovviamente l'onore è ricambiato :) Ripostarlo ha comportato anche di riscriverlo in parte.In questi giorni ho i minuti contatie pensavo venisse più facile.

@ Mary : su un argomento così scottante io non riesco a esprimere un giudizio.Ognuno è padrone della propria vita, ognuno dev'essere libero di farne ciò che vuole.Egoisticamente, guardo all'arte che questi uomini hanno prodotto e gioisco del fatto che abbiano scritto canzoni meravigliose.
Miss Misery è una canzone di una bellezza obliqua e caracollante: ha il passo lento,bisogna aspettarla.Mai poi arriva,eccome se arriva.

@ Mr Hyde : Smith era molto beatlesiano, nell'accezione positiva del termine.Partiva da lì per costruire musica del tutto nuova.Ed è vero che il riferimento più cristallino sia Harrison ( Miss Misery lo richiama anche di più ).
PS : su Smith ho dato la versione ufficiale.Ma è un'altra fine avvolta nel mistero.

S. ha detto...

Trovo che la descrizione che hai fatto di E.Smith sia stupenda ed anche le tue riflessioni sulla sua atroce morte...
coinvolgente davvero a prescindere dalla musica, riesci a farmi " vedere" la persona e dunque a comprendere dietro anche un giro di note contorte quello che celano intimamente...sei proprio bravo Nick
Sinceramente commossa ciao

pOpale ha detto...

Riascoltare Elliot Smith ogni tanto riscalda il cuore.

Resto In Ascolto ha detto...

uno di quei losers di razza: sfigato e suicida. musicalmente, però, non mi è mai piaciuto più di tanto.
ciao Nik

Ezzelino da Romano ha detto...

Infatti quando ho iniziato a leggerlo mi sembrava di averlo già visto, questo post.
Ma hai fatto senz'altro bene a ripubblicarlo, perchè è storico e soprattutto perchè è bello.
La morte che si è dato dice molto di lui, e fa riflettere.
Al mondo ci sono anime lacerate, per così dire, all'origine, che arrivano al punto di accoltellarsi il cuore.
Poi ci sono anime che si lacerano durante il viaggio, gente che si suicida per un amore che finisce, o per una cartella esattoriale.
Infine ci sono anime malvage, o anche solo inutili, che vivono sfrontatamente alla faccia di tutto e di tutti, seminando ombre e vuoto.
Quest'ultima categoria di anime, in genere, occupa corpi che campano cent'anni.

Elle ha detto...

E' delicatissimo, quest'album è perfetto per concludere una giornata stancante. O una vita.
Giusto ieri finivo il giovane Werther, alla fine l'ha fatto anche lui, si è suicidato, e aveva pure una strana concezione del mal di vivere: una malattia che ha come unica cura la morte, impedire a qualcuno di suicidarsi significa negargli l'unica cura che gli salverebbe la vita. Bisogna concentrarsi per capire il significato di "salvare la vita" in questo senso, ma secondo me Werther non ha tutti i torti.
Pugnalarsi però.. è una morte violentissima, sconvolge solo a sentirla! Io sono sempre stata favorevole al suicidio, è una scelta che fa parte della vita (l'unica vera scelta per alcuni), e mi vien da pensare che Elliott Smith il dolore di quelle pugnalate non l'abbia nemmeno sentito, perché placavano un dolore molto più forte e invasivo.
Mi tengo l'album per il dopocena, al buio ;)

Fulvia ha detto...

L'animo sensibile caratterizza un vero artista, si accentua se già dall'infanzia e quindi troppo presto si conosce il dolore. Proprio perchè a contatto con l'arte egli è in un'altra dimensione, è come nuotare nell'aria, il pro di creare qualcosa di meraviglioso e il contro per tanti di sentirsi svanire nel vuoto. Una storia triste la sua, ma lascia l'impronta.

metiu (scappato di casa) ha detto...

confesso l'ignoranza: non conoscevo elliott smith.
hai fatto benone a "remixare" e a ripubblicare il post, il personaggio e la sua musica sono affascinanti da quanto capisco.
vado a studiare va'...