Chi scrive è un fan
degli Editors fin dalla prima ora. Li vidi infatti tanti anni fa, era il
2005, in un localaccio di Milano, presenti non più di duecento persone. Era il
tour di promozione del loro album d'esordio, The Back Room, un disco
senz'altro derivativo, la cui genesi era ben radicata in quel movimento di
post-punk revival che ha come fonte di ispirazione Ian Curtis e i Joy
Division. Eppure, rispetto ai tanti scialbi epigoni di quel suono, il
gruppo capitanato da Tom Smith mi parve fin da subito (insieme a quello dei colleghi
newyorkesi, Interpol) uno dei più freschi e convincenti, capace di far rivivere
un'epoca ormai datata, optando per la centralità delle chitarre ed evitando
accuratamente frustranti operazioni di copia-incolla. Il successo clamoroso
arrivò solo due anni dopo, con An End Has A Start e un singolo spacca
classifiche come Smokers Outside the Hospital Doors, in cui gli Editors
riproponevano in modo meno acerbo la formula del primo album, attenuando
però le derive gotiche a favore di un appeal più malinconicamente melodico.
Nel 2009, un'ulteriore svolta : via le chitarre e largo alle tastiere, per
un disco (In This Light And On This Evening) assai cupo e ancora più
marcatamente new wave. Tre dischi in quattro anni, dunque, tutti belli e
diversi tra loro, legati come filo conduttore solo dalla voce baritonale ed
espressiva del crooner Tom Smith.
Oggi, anno del signore 2013, gli Editors tornano nei negozi con un nuovo lavoro, The Weight Of Your Love, rilasciato dopo l'addio del chitarrista Chris Urbanowicz. E per la prima volta, non riescono a convincere nemmeno un aficionado ben disposto come il sottoscritto. Se infatti nei dischi precedenti la smania di cambiamento aveva prodotto degli ottimi risultati, oggi quell'urgenza creativa sembra essersi completamente esaurita e la scrittura si è fatta convenzionale e monocorde. Non è una questione di produzione, visto che il disco è ottimamente confezionato. Ciò che manca a The Weight Of Your Love sono le canzoni, tutte appiattite sugli standard di un pop-rock radiofonico buono per passaggi da supermercato. Come se gli Editors non esistessero più e la strada intrapresa fosse quella di un anonimato buono per tutte le stagioni. Le canzoni di The Weight Of Your Love hanno infatti perso gli originari palpiti crepuscolari e virano, tutte, inesorabilmente, verso una povertà espressiva che confonde il conivolgimento con nenie sciroppose e gli struggimenti con la lacrima esibita. Undici brani in scaletta che potrebbero trovare ricovero in un disco dei Keane, dei Coldplay, degli U2 o anche dei Depeche Mode, se il gruppo di Dave Gahan si trovasse in crisi d'identità. Dallo sbraco generale, si salva solo The Phone Book, minimalista ed equilibrata come una buona canzone dei The National. Tutto il resto invece è un susseguirsi di sbadigli e svenevolezze post adolescenziali che incombono come un peso sulle nostre orecchie.
VOTO :
5
Blackswan, mercoledì 12/06/2013
13 commenti:
Ti leggo da poco, ma è la prima volta che ti sento stroncare in modo così duro un lavoro.
Devono averti deluso davvero tanto.
@ Mist : tendenzialmente evito di parlare dei dischi che mi hanno deluso, a meno che, ovviamente, non si tratti di qualche nome importante, come gli Editors. Ma di roba che mi fa veramente pena ne ascolto tanta ogni santo giorno :)
... io non lo trovo così male anche se certamente non il migliore della loro carriera!
@ Maurilio : e pensare che ero indeciso fra il 4 e il 5. Questione di gusti,comunque :)
Stessa lunghezza d'onda.
Visto la loro lunga latitanza, ero partito con un entusiasmo (chissà in 4 anni anni che discone hanno tirato fuori!) che però si è sgonfiato inesorabilmente.
Il confronto coi National è impietoso.
Eh, evidentemente sono una da musica "leggera"...
Li trovavo non malaccio :)
su questo sono d'accordo, almeno dopo i primissimi ascolti.
certo, non brutto quanto l'ultimo dei depeche mode, ma quasi :)
Accetta il mio parere in amicizia.
E' solo un'opinione e forse un gusto differente e non c' è alcuna vena polemica nè voglia di litigare perchè con te non ce ne sarebbe proprio motivo.
detto ciò, dissento abbastanza su tutto l'articolo, se le canzoni del disco degli Editors fossero da supermercato probabilmente ci passerei più tempo.All'esselunga al massimo sento emma marrone!
Hai poi toccato con disprezzo I keane che io adoro e poi anche gli ultimi degli U2 che molti bistrattano ma che io reputo dischi di buona fattura soprattutto considerato quello che c'è in giro.
Ultimo sassolino : ma mi spiegate cosa ci trovate di tanto speciale nei National?Ho ascoltato decine di volte i loro ultimi 2 album, che trovo di una noia mortale ( gusto personale ) e di una uniformità compositiva snervante , a volte non ci si accorge che è cambiata la canzone. Credete che nei dischi dei National ci siano dei pezzi che rimarrano nella storia della musica?
Mi raccomando senza rancore, è solo per discutere e per cercare di capire meglio.
Con stima ed affetto
Giovanni
@ Lucien : ed è un peccato, perchè fino ad oggi, almeno per quello che mi riguarda gli Editors non avevano sbagliato un colpo.
@ Gioia : bè, dopo mesi di frequentazione di questo blog, dovresti essere passata a musica mediamente pesante,ormai. O no ? :))
@ Marco : L'ultimo dei Depeche, a mio avviso, è un buon disco. Qui, invece, si salva poco. Anzi pochissimo.
@ Euterpe : io non me la prendo nemmeno con quelli che mi mandano a fare in culo, figurati con una persona corretta e competente come sei tu :). D'altra parte, il gioco è soprattutto questo : confrontarsi e scambiarsi idee. Come ho scritto, gli Editors mi sono sempre piaciuti. Io sono stato uno di quelli che ha difeso a spada tratta il loro penultimo capitolo elettronico. Però, questo disco, più lo ascolto e meno mi piace.Le canzoni sono debolissime, molli, troppo radiofoniche ( ma nel senso piùù deleterio del termine). Mi rendo conto che avendo orecchie più a duse a suoni ruvidi, l'effetto per quanto mi riguarda sia amplificato. Ma il risultato, anche a voler essere indulgente, mi pare scarsissimo. Per quanto riguarda i riferimenti citati. Il primo disco dei Keane mi sembrava buono, un pò troppo pop per i miei gusti, ma sostanzialmente buono. Poi, non hanno saputo spostarsi un centimetro da una formula che canzone dopo canzone si è fatta sempre più frusta. Gli U2, amio parere, sono morti con Unforgattable Fire, e in trent'anni di vuoto assoluto, hanno piazzato un grande disco come Achtung Baby. Il resto dei cd, ma è sempre un mio personalissimo parere, li userei come sottobicchiere. Dei The National, che non credo, nonostante siano bravi,lasceranno tracce imperiture nella storia della musica ( ma orai chi ce le lascia), mi piace quel modo elusivo di comporre, di creare canzoni che si schiudono lentamente, ascolto come ascolto, e che svelano la loro bellezza in un accordo inaspettato, in un improvviso cambio di tempo, in una sfumatura del cantato.
Nessun rancore, davvero. Anzi sono felice del tuo intervento.
Un abbraccio
Nick
@ Euterpe:
Sui National è complicato discutere; più che altro è una questione di mood: quello che hanno loro non ce l'ha nessuno; è unico. Ti invito ad ascoltare (se non l'hai già fatto) Sad Songs for Dirty Lovers. Però decine di ascolti... A me se un disco non piace al massimo arrivo a 2 volte e mezzo.
Poi i gusti e le sensibilità cambiano.
Condivido i sottobicchieri per gli ultimi U2: caricaturali.
Discutiamo senza rancor! :)
@ blackswan e lucien
prima di tutto grazie per le chiare ed esaurienti risposte.
E' ovvio che nessun pretende di far cambiare idea da un momento all'altro, ma è fondamentale comprendere appieno quali sono le ragioni degli altri, e grazie alla vostra intelligenza ed al vostro garbo mi ritengo soddisfatto.
Trovo che confrontarsi così sia costruttivo è un peccato che non sempre questo accada con tutti.
Per concludere volevo aggiungere che i National non mi fanno schifo ma non riuscivo a comprendere quella grandezza da molti sottolineata, ora proverò a riascoltarli tenendo presente le vostre parole.
Sugli U2, l'unico disco veramente sotto tono della loro carriera è All that you can leave behind seguito a breve distanza da Pop.
Bkack secondo te Joshua Tree è una porcheria? A me infine How to dismantle an atomic bomb è piaciuto tantissimo.
@ Euterpe :The Joshua tree,sarò sincero, è il disco che odio di più. L'ho sempre trovato come il lavoro compiaciuto di chi si sente finalmente arrivato. Un'opinione che trova conforto, per quanto mi riguarda, nell'autocelebrazione successiva di Rattle and Hum. Ammetto di essere un pò nostalgico al proprosito : per me i primi tre dischi di Bono & Co. restano i più belli. E l'apoteosi è l'impefezione di Under A blood Red Sky.
Peace and Love, fratelli :))
Ho avuto un rapporto strano con Bono e soci. Ho amato tantissimo Achtung baby. Tutto il resto prima e dopo mi ha lasciato quasi indifferente, tranne un'infatuazione momentanea per Rattle and Hum.
Con i National è stato amore a prima vista (non ancora terminato) con The Boxer, per me dopo Sad Songs il loro miglior album.
Cose belle a tutti! :)))
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