Lo
sanno anche i sassi che Mr. Tambourine Man fu scritta nel 1965 da Bob Dylan e
inclusa nel suo quinto, e peraltro splendido album, Bringing It All Back Home.
Tuttavia, a portarla al successo, sempre nel 1965, fu il gruppo californiano
dei Byrds, che la inserirono nel loro disco d’esordio che da quella canzone
prese il titolo. Basta aprire un qualsiasi manuale di storia del rock per
rendersi conto di quanto inchiostro sia stato speso (e non a torto) per
raccontare uno dei brani che maggiormente ha inciso sull’evoluzione della
musica popolare americana del secolo scorso. Con Mr. Tambourine Man, infatti,
nasce un vero e proprio genere, il folk rock, che successivamente influenzerà
migliaia di gruppi e musicisti come gli Eagles, i Crosby, Stills & Nash,
James Taylor e Gram Parsons, per citarne solo alcuni. Nello stesso anno, e non
è un caso, Bob Dylan scandalizzera il pubblico del Newport Folk Festival con
quella che i manuali definiscono “la svolta elettrica”. Al suo fianco, di fronte a un'attonita platea, Mike
Bloomfield e Paul Butterfield, per un repertorio che stritola l’ortodossia folk
nella morsa del blues e del rock’n’roll. Due episodi fondamentali, dunque, che vanno
nella direzione di un radicale rinnovamento e cambiano per sempre, fondendoli,
suoni che prima di allora apparivano fra loro incompatibili. Oltre a Dylan, l’artefice
di questo nuovo corso è il chitarrista Roger McGuinn, che prende a prestito Mr.Tambourine
Man, colorandola con l’utilizzo di una chitarra elettrica Rickenbacker a dodici
corde (fonte d’ispirazione fu il George Harrison di A Hard Day’s Night) e la
declinazione un suono dalla connotazione fortemente roots con inusuali accenti british,
che trovavano ispirazione nelle canzoni dei Beatles. Ulteriore innovazione, che
spariglia completamente le carte in tavola della consueta struttura compositiva
del pop-rock, è l’incipit della canzone, che si apre, per la prima volta, con
il ritornello e non con la strofa.
McGuinn, fu l’unico dei Byrds a incidere la
versione originale del brano : in sala di registrazione, visti i trempi
ristretti e la tecnica ancora un po’ grezza degli altri componenti (David
Crosby, Gene Clark, Chris Hillman e Michael Clarke) ci andarono infatti
affidabili turnisti, tra cui un giovane Leon Russell.
Se da un lato è chiaro a
chiunque quanto musicalmente sia rilevante la versione byrdiana di Mr.
Tambourine Man, resta invece oscuro e non di facile lettura il testo del brano,
che si dipana fra suggestioni oniriche e versi connotati di esoterismo. Resta
soprattutto un enigma, mai del tutto chiarito, chi fosse il signor Tamburino
della canzone. Qualcuno sostiene che il termine Tambourine si riferisse a una
nota marca di sigarette molto in voga in quel tempo negli States; altri, invece,
ed è questa la versione maggiormente accreditata, sostengono che Mr.Tambourine
Man fosse un termine gergale per indicare lo spacciatore di marjuana. Su questo
punto lo stesso Dylan è stato sempre a dir poco ambiguo. Pubblicamente,
infatti, ha sempre sostenuto che la canzone non facesse riferimento alle droghe
e che il Tamburino fosse una metafora per indicare colui che aiuta coloro che
si trovano nei guai o vivono un momento di difficoltà. Nelle note contenute
nella sua raccolta Biograph, uscita nel 1985, il menestrello di Duluth ha
indicato in Bruce Langhorne, un musicista che aveva suonato con lui agli esordi
e che una volta si era presentato in studio con un enorme tamburino, il
protagonista della canzone. Eppure esistono testimonianze che raccontano di una
versione diversa (e ufficiosa) che Dylan diede a proposito della genesi del
brano: Mr Tambourine sarebbe il classico spacciatore del Greenwich Village, che
entra nei locali, si siede innanzi al bar, batte le nocche ritmicamente sul
bancone per avvertire di avere con se la roba e resta lì seduto ad attendere
che il tossico di turno si rivolga a lui dicendo: “Play a song for me” (dammi
una dose). Scegliete voi quale di queste versioni vi pare la più plausibile.
Blackswan, lunedì 10/06/2013
6 commenti:
Bè, certo che qui ogni parola è già stata scritta... peccato che il resto dell'album non regga il confronto con questa hit.
Cercare poi un significato esatto nei testi di Dylan dell'epoca è un po' come discutere del sesso degli angeli, ed è il suo bello, perchè tra surrealismo, allegorie, poesia francese, ognuno può scegliere quello che preferisce sentirsi raccontare.
Un saluto
@ Evil : parole sante. Anche se, a mio avviso, il primo dei Byrds è di alto livello anche in altri episodi, You Won't have to cry su tutte.
Sui testi di Dylan, come giustamente scrive Evil si potrebbe scrivere di tutto e si possono ipotizzare mille interpretazioni essendo immaginifici e pieni di metafore: la versione del pusher è comunque quella che ho sentito piu' frequentemente.Di Dylan mi piace molto la collaborazione, con Bloomfield e Al Kooper in Higway 61revisited , l'album di' Like a Rolling Stone' e 'It take a lot..etc..'Qui il folk lascia il posto al blues e Bloomfield ne è testimone..Ma anche con la Band ha fatto grandi cose.
I Byrds li ho ascoltati in religioso silenzio: però non tutto mi piace di questo gruppo.
Tutto bello e interessante, il post. Ciao Black!
Perfetto come sempre questo tuo post caro Black..
La versione più vera dell'identità del Tambourine man è quella dello spacciatore, passato poi come dispensatore di serenità a quelli più bisognosi...
Una felice giornata , adorabile....
@ Mr Hyde : Highway 61 è uno di quei dischi che cambiano la vita, soprattutto se si pensa a quali fenomeni accompagnavano dylan :)
@ Nella : Allora, prendiamo per buona la versione dello spacciatore :)
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