Negato come
rapinatore di banche perché incasina le fughe. Negato come pappone perché si
affeziona alle prostitute. Negato come pusher o esattore di crediti per ché non
sa tenere i conti. Nel giro della mala, l'unica cosa che Olav è capace di fare
è il liquidatore, il killer. Ma quando Daniel Hoffmann, il boss della droga di
Oslo, gli ordina di uccidere sua moglie perché lo tradisce, persino lui capisce
di essere finito in un mare di guai. Se poi, anziché uccidere la donna, Olav se
ne innamora, è chiaro che il mare è destinato a diventare un oceano. Ormai
braccato, gli resta una sola speranza: liquidare Hoffmann prima che Hoffmann
liquidi lui, magari chiedendo aiuto al suo peggior nemico. Auguri.
Jo Nesbo è una
certezza, uno dei pochi scrittori di thriller che raramente tradisce, di cui
sai di poterti fidare dalla prima all'ultima pagina. Spesso abbiamo raccontato
i suoi romanzi e spesso, difficile fare il contrario, ne abbiamo parlato bene.
Oggi, terminato questo breve (sono un pò meno di centocinquanta pagine) Sangue
e Neve, le impressioni finali sono invece contraddittorie e la lettura mi
ha lasciato soddisfatto a metà. E' fuor di dubbio che Nesbo scriva ormai con il
pilota automatico inserito: prosa fluida, dialoghi ben sopra alla media di
genere e quella capacità di descrivere tanto bene la sua Oslo, da portarti
direttamente sul posto, i piedi affondati in una gelida coltre di neve. Ed è
altrettanto indubbio che la sua gestione dei tempi narrativi e l'abilità
con cui distribuisce i colpi di scena sono di prim'ordine (anche nello
specifico ci sono un paio di momenti - uno su tutti la sparatoria nella cripta
delle chiesa - da far battere forte il cuore). Tuttavia, Sangue e Neve non
riesce a convincere fino in fondo. Il soggetto, infatti, è abbastanza consunto
(la femme fatale, il killer dal cuore d'oro, il gangster spietato e i suoi
stereotipati scagnozzi) e sembra scritto con l'esigenza (anche se Nesbo
smentisce) di una futura trasposizione cinematografica, peraltro da ultimo
annunciata, con Leonardo Di Caprio nel ruolo del protagonista. Il libro,
inoltre, mi sembra molto debole anche per quanto riguarda l'approfondimento
psicologico dei personaggi (ma volete mettere la figura a tutto tondo di Harry
Hole?): soprattutto Olav, di cui Nesbo cerca di tratteggiare, con
svariati flashback, motivazioni e stati d'animo, ne esce come una figura
melensa, davvero poco credibile come killer e più adatta a un romanzo
d'appendice che a un noir. Ciò non toglie che la lettura di Sangue e
Neve scorra comunque velocemente e senza intoppi (si legge in un giorno), ci
regali qualche palpito autentico (i continui, sorprendenti?, doppi giochi dei
protagonisti), anche se poi, un finale un pò scontato, che
peraltro cita Shining di Kubrick (altro riferimento cinematografico),
mantiene l'intreccio narrativo in un alveo di normalità che non è da Nesbo.
Niente di particolarmente esaltante, ma la sufficienza è comunque raggiunta.
3 commenti:
Probabilmente un divertissement dell'autore e poco più, ma sono molto, molto curioso di leggerlo.
Appena finisco L'isola del tesoro me lo schiaffo.
L'ho iniziato ieri, la scrittura è come al solito molto fluida. Però in giro se ne parla piuttosto male...
@ Ford: piacevole,ma Harry Hole è un'altra cosa.
@ Nico: Mi saprai dire alla fine.
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