Succede che, nel bel mezzo
del cammin della propria carriera, un musicista decida di cambiare. Cambiamenti
piccoli oppure macroscopici, volti a soddisfare un diversa visione di musica o
un diverso modo di sentire, tesi magari a sottolineare una virata importante e
decisiva nella propria esperienza esistenziale. La voglia di sperimentare,
anche, che spinge a trovare nuove vie per esprimere i medesimi concetti. Così,
il 2013, per Israel Nash, è stato l’anno della svolta: la perdita del secondo
cognome (Gripka, che nei primi due album compariva in copertina) e una nuova
idea di musica, stratificata, sperimentale, psichedelica, lontana, e di parecchio,
dal suono più essenziale e appassionato che ci aveva fatto innamorare di New
York Town (2009) e Barn Doors And Concrete Floors (2011). Ha cambiato, Israel Nash,
e ha cambiato alla ricerca forse di una maturità compositiva che, per chi scrive
era già pienamente raggiunta, e che per il musicista del Missouri era, invece,
ancora ben lontana dalle proprie aspirazioni e, soprattutto, ambizioni. Silver
Season si spinge ancora più in là rispetto al suo predecessore, e il risultato
è quasi un disco alla Jonathan Wilson; con la differenza che, se il punto di
partenza è il medesimo (gli anni ’70 californiani e Laurel Canyon nel cuore),
Nash gioca con un numero minore di riferimenti e non è capace di osare fino in
fondo. Registrato interamente in Texas, ma, come si diceva, geneticamente californiano,
Silver Season trova un buon punto di fusione fra If I Could Only Remember My
Name di David Crosby e il Neil Young di After The Gold Rush; tuttavia, Nash
spinge il proprio songwriting verso una psichedelia dilatata, persa in lunghe
trame strumentali, che appiattiscono le canzoni, soprattutto nella prima parte,
in un unicum monocorde e decisamente noioso. Ed è un peccato, perché, come
dimostrano alcuni brani, la younghiana Strangers e l’ispirata A Coat Of Many
Colours, Nash è capace comunque di tirar fuori dal cilindro numeri di autentica
qualità. Un disco, insomma, riuscito a metà, troppo verboso e troppo
evanescente, figlio di un eccesso di ambizione che, mi auguro, si esaurisca
qui, restituendoci il Nash che conoscevamo e amavamo.
VOTO: 6
Blackswan, martedi' 03/11/2015
3 commenti:
non sono d'accordo, io lo trovo un gran disco, e il tempo sarà galantuomo. ciao nick
@ Bartolo: de gustibus, caro Bartolo. Io sono legato molto ai primi due dischi e questo mi sembra davvero un pò troppo dispersivo e un filo pretenzioso. Poco male: vedrai che presto troveremo un disco da condividere :)
certo nick ,lo troveremo sto disco per farci una bella festa di rock'n'roll.
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