Tutti I fans di zio Neil
sanno che gli anni ’80 sono stati per il cantautore canadese un decennio di
sperimentazione estrema e clamorosi fiaschi. Elettronica (Trans e Landing On
Water), rockabilly (Everybody’s Rocking), il country nashvilliano (Old Ways) e
il r’n’b di This Note’s For You hanno rappresentato i capitoli più deboli di
una discografia che per tutti gli anni ’70 aveva regalato ai fans gioielli
(grandi e piccoli) di immortale bellezza. Lui ci provava, cercando con l’irrequietezza
sperimentale di coprire le falle di un’ispirazione che appariva in declino; dal
canto nostro, ne abbiamo apprezzato il coraggio, su questo non si discute, ma
non i risultati: i dischi citati erano oggettivamente o brutti o mediocri, ma
suonavano anche peggio se paragonati a ciò che avevamo ascoltato fino ad allora
(e lo saranno anche rispetto a quello che ascolteremo dopo). This Note’s For
You è sicuramente il capitolo migliore del decennio sperimentale (nel 1989
arriverà la resurrezione di Freedom), un disco di un’anima in pena che girovaga
fra i generi, che rischia l’anacronismo, ma che tutto sommato regge il
confronto con il r’n’b d’antan, grazie a qualche ottima canzone e a un gruppo
(con tanto di sezione fiati), i Bluenotes, formato per l’occasione e composto
da gente Chad Cromwell, Rick Rosas, e i fedelissimi Frank “Pocho” Sampedro e
Ben Keith. Bluenote Cafè, undicesima gemma tratta dagli immensi archivi di
Young, fotografa la band dal vivo durante il tour promozionale dell’album e balza
subito all’orecchio come, nonostante il periodo di appannamento creativo (o di mediocre
iper prolificità, vedete voi), il canadese continuava a essere l’eccezionale
performer che tutti conoscevano. Due cd, ventitre canzoni, due ore e mezza di
musica che si tengono lontane dai consueti standard younghiani (i classici sono
ridotti al lumicino) e che stanno perfettamente in bilico fra il Crazy Horse
sound (una Crime In The City che vale da sola il prezzo del biglietto) e un
calderone di sonorità che miscela, con spontaneità ed esuberanza, rock’n’roll,
soul e tanto, tanto blues. E se è davvero anomalo ascoltare la corale di fiati
che accompagna Neil ed è spiazzante far la conoscenza con canzoni mai ascoltate
prima o ripescate addirittura dalla preistoria Squires (la band dei tempi del
liceo), il risultato finale che giunge alle nostre orecchie è però un
palpitante disco dal vivo che non fa prigionieri. Bluenote Cafè è una scheggia
impazzita che non ti aspetti, ma forse proprio per questo riesce a far breccia
nei nostri cuori, regalandoci la suggestione di un Neil Young che avrebbe
potuto benissimo rivestire il ruolo del terzo Blues Brother nel capolavoro di John
Landis. I venti minuti epici della conclusiva Tonight’s The Night manderanno in
sollucchero anche i fans più ortodossi. Da avere assolutamente.
VOTO: 8
Blackswan, sabato 09/01/2016
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