Il nuovo disco di Charles Bradley, il terzo della sua
breve e fulminante carriera, inizia con God Bless America, una sorta di
ringraziamento gospel a questo grande paese, in cui, talvolta, sembra davvero
possibile per chiunque realizzare i propri sogni. Che è poi quello che è
successo a Charles Bradley, la cui carriera artistica, dopo tante tribolazioni,
ha avuto inizio a sessant'anni suonati, quando, nel 2011, la Daptone Records (etichetta
newyorkese specializzata in musica nera) ha pubblicato No Time For Dreaming, il
suo album d'esordio. Prima, Charles Bradley, ne aveva viste di tutti i colori.
Nato a Gainsville in Florida (concittadino di Tom Petty), il 5 novembre del
1948, abbandonato dalla madre a otto anni e cresciuto dalla nonna materna,
Bradley ha il primo contatto con la musica soul nel 1962, quando sua sorella lo
porta all'Apollo Theater per assistere a uno show di James Browne, prima e più
rilevante fonte d'ispirazione per Charles. L'infanzia trascorsa in povertà, i
mille lavori fatti, tra cui una decina d'anni passati dietro ai fornelli come
cuoco, un grave problema di salute dovuto a una reazione allergica alla
penicillina, la morte del fratello per mano del nipote, sono alcune delle tappe
che hanno portato Bradley a un tardivo, ma fortunato, epilogo. Messo sotto
contratto dalla Daptone, quando si faceva chiamare Black Velvet e suonava in
piccoli locali o ai matrimoni, il sessantasettenne soul singer è uscito con il
suo terzo full lenght in studio, che altro non fa che confermare quanto di
buono avevamo già ascoltato nei due episodi precedenti. Changes, prende il nome
da una ballata dei Black Sabbath (la trovate su Black Sabbath 4) che Bradley
coverizza meravigliosamente, trasformando uno degli episodi più morbidi della
metal band di Birmingham in un disperato ballatone soul. Reinterpretazione da
applausi, come, peraltro, lo è tutta la scaletta di un disco che guarda alla
grande musica nera targata Stax e Motown (oltre a James Brown, vengono in mente
Sly Stone, Al Green, Otis Redding) ma riesce comunque a vestire abiti
moderni grazie alla raffinata produzione di Thomas Brenneck, bravo a mettere in
risalto la voce calda e graffiante di Bradley, e alla performance delle tre
band presenti in studio: la Menahan Street Band (in cui Brenneck suona la
chitarra), la Budos Band e le Gospel Queens di Naomi Shelton. Tra lentoni
strappamutande (favolosa Good To Be Back Home, che si muove tra ritmiche hip
hop e la sinuosa tromba jazzy di Dave Guy) e brani decisamente più tirati (il
groove da impazzire di Aint' It A Sin), Changes si ascolta che è un piacere,
lasciandoci in bocca un buon sapore di retro-soul e nel cuore la sensazione di
aver ascoltato un disco ricco di genuina passione.
VOTO: 7,5
Blackswan, mercoledì 20/04/2016
2 commenti:
Perfetta per questo giovedì! ( e tutti i giorni a venire..) Catturata dalla voce e dallo sguardo espressivo di quest'uomo.
@ Sally: il blues e il soul li canti al meglio con una vita travagliata alle spalle.
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