Sono ormai sette anni che Jeff Healy ci manca, da
quando, il 2 marzo del 2008, a soli quarantun anni, se ne andò per quel feroce
retinoblastoma che lo afflisse tutta la vita, rendendolo cieco fin
dall'infanzia. Precocissimo musicista, dotato di una pertinacia fuori dal
comune, che gli consentì, nonostante la menomazione, di coltivare una tecnica
sopraffina e uno stile unico (la Stratocaster appoggiata sulle ginocchia e la
mano sinistra a ricamare migliaia di bend notes), Healey arrivò al
successo con la foto di Hendrix nel taschino della giacca e la benedizione urbi
et orbi di Stevie Ray Vaughn, uno dei primi a comprendere lo smisurato talento
del giovane canadese. A ventidue anni, quando esce il suo primo disco, See The
Light (1988), Healey è già una star acclamata della scena rock blues, anche se
poi, le successive uscite discografiche non furono mai all'altezza del
brillante esordio che lo consacrò. Healey, infatti, pur essendo un ottimo interprete
di canzoni altrui e un chitarrista funambolico e micidiale, non fu mai un
grande compositore: il meglio lo dava quando saliva sul palco, dove, nonostante
i movimenti resi impacciati dalla cecità, riusciva a trasmettere una
travolgente energia (guardatevi il suo duetto
con SRV in Look A Little Sister).
Per celebrare quello che, il 25 marzo scorso,
sarebbe stato il suo cinquantesimo compleanno, esce, sotto l'etichetta
Provogue, Heal My Soul, disco di inediti, contenente materiale scritto e
suonato fra il 1996 e il 1998, e già pronto, da quanto si legge sulle note di
copertina, da una ventina d'anni. A differenza di quanto dicemmo nelle
settimane scorse a proposito di You And I di Jeff Buckley, qui siamo di fronte
a un disco fatto e finito che, seppur rimasterizzato e completato, suona
esattamente, difetti e pregi inclusi, come uno qualsiasi dei dischi usciti
quando Healey era in vita. Alcune cover e alcuni brani originali, rock blues
vigorosi che si alternano a morbide ballate radiofoniche, per una
scaletta di dodici canzoni che, se da un lato palesano una scrittura
convenzionale e una voce francamente anonima, dall'altro dimostrano una volta
di più l'estro chitarristico e la velocità adrenalinica di quello che fu
un autentico fenomeno della sei corde. Come in tutti i dischi in studio di
Healey, dispiace dirlo, manca però l'audacia della sperimentazione e
quell'anima blues, che poi il canadese ritrovava, per incanto, quando saliva
sul palco. Heal My Soul è, pertanto, un disco che mi sento di consigliare
solo a chi, come il sottoscritto, è un fan della prima ora; chi avesse
intenzione di approcciarsi per la prima volta al chitarrista o di approfondire
quel che già sa, consiglio, invece, un live postumo (Live At Grossman's 1994), uscito
nel 2011, che coglie l'artista al top della forma, nella sua dimensione
preferita. Perchè dal vivo, Healey, aveva davvero pochi, pochissimi, eguali.
VOTO: 6
Blackswan, martedì 05/04/2016
3 commenti:
Un grandissimo chitarrista che ha regalato a noi comuni mortali più di qualche goccia di splendore blues. Se n'è andato maledettamente presto; o forse è finalmente evaso dalla prigione cieca che era il suo corpo e che comunque non era riuscita a contenerlo. Io glielo auguro.
Healey è uno di quelli che mi fa venire la pelle d'oca e i capezzoli duri.
Rip
@ El Gae: dovunque sia, è probabile che Jeff stia andando di Jam alla grande !
@ Bill Lee: Healey era uno di quelli che, effettivamente, sapeva eccitare gli animi :)
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