Lurgan
è uno sputo di città del Nord Irlanda, situata non molto distante da
Belfast. Da qui arrivano i Bonnevilles, Andrew Mc Gibbon (chitarra e voce) e
Chris Mc Mullan (batteria), due ragazzi cresciuti a fiumi di birra e tonnellate
di rock blues suonato nello scantinato di casa. Niente di strano da quelle
parti, visto che il pensiero degli appassionati sarà corso immediatamente a un
certo Rory Gallagher, straordinario chitarrista irlandese, la cui breve vita
è stata scandita da pinte di scura e dall'amore incondizionato per la musica di
Muddy Waters. Gli anni passano, la musica cambia, ma c’è qualcosa di genetico
che lega il grande irlandese al giovane duo, lo stesso modo aspro e muscolare
di approcciarsi al genere. I Bonnevilles, pur portando nel Dna i cromosomi
della storia del grande blues, la rileggono con una modernità che sta al passo
coi tempi e con un pizzico di garage sound come segno distintivo di una scarsa
propensione al compromesso. La dualità chitarra – batteria non è certo una
novità, dal momento che questo suono conosce illustri antesignani come White
Stripes e The Black Keys, o giovani interessanti, come gli ottimi London Souls
o i canadesi Japandroids. Da parte loro, i Bonneviles spostano però il tiro
verso un approccio più rumoroso e sporco, infestato di reminiscenze seventies e
contaminato da un’attitudine punk e lo-fi che li rende meno condiscendenti
verso le logiche di mercato e li distanzia dai nomi poc’anzi citati. Potremmo
forse tentare un paragone più calzante con gli americani Simo o con gli inglesi
Royal Blood, due band in qualche modo più contigue al combo irlandese, ma
sarebbe comunque un’operazione fuorviante e fine a se stessa. I Bonneviles,
arrivati al terzo album in studio, hanno ormai un sound ben marcato e
riconoscibile, un loro modo particolare di plasmare la materia del rock blues,
che assume, di canzone in canzone, sfumature hard di derivazione hendrixiana
(No Law In Lurgan), garage midollare (Learning To Cope), rallenti in chiave
folk (Eggs And Bread e Those Little Lies) e omaggi alla british school degli
anni ’60 (echi degli Yardbirds in The Man With The X Shaped Scar On His Cheek).
Il tutto condito con tonnellate di fuzz e un puzzo alcolico da pub malfamato.
Un solo piccolo difetto a un disco che altrimenti sarebbe stato perfetto: dieci
minuti e qualche filler in meno (Erotica Laguna Lurgana, ad esempio) avrebbero
giovato al quadro d’insieme. Per il resto, tanta roba!
VOTO:
7
Blackswan, sabato 09/04/2016
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