Se dovessi scegliere ora il disco più brutto di questo
2016, sceglierei senza un minimo di esitazione il nuovo album di Shooter
Jennings. Che fa letteralmente cacare a partire dalla copertina, che è uno
degli artwork più tazzorri e kitsch visti nell'ultimo decennio. Il contenuto,
però, vi assicuro, è pure peggio, soprattutto se rapportato alla caratura
dell'artista di cui stiamo parlando. Shooter Jennings, per coloro che non
fossero ferrati in materia, infatti, non solo è il figlio di un'icona della
musica americana come Waylon Jennings, ma, seguendo le orme di cotanto padre,
si cimenta da circa un decennio con la specialità della casa, quell'outlaw
country, cioè, che rese leggendario il padre e che ora sta dando ottimi
riscontri di vendite e di critica anche al trentasettenne figlio.
Inopinatamente, Shooter torna, però, sulle scene con un disco che non ha
nulla a che vedere con il suo passato artistico e con la storia della sua
famiglia (la mamma è Jessi Colter, altra istituzione del country). Countach è,
infatti, una raccolta di canzoni (alcune cover e altre originali) composte o
ispirate dal produttore italiano Giorgio Moroder. Un disco, dunque, in cui le
sonorità roots sono relegate a qualche sparuta partitura di violino,
nei cinquanta secondi dell'iniziale Loading e nel discreto rock
sudista di Born To Die (dove è possibile ascoltare per l'ultima volta la voce
di Steve Young, deceduto a marzo di quest'anno). Il resto è un omaggio, si fa
per dire, al grande Giorgio Moroder, composto da un'improbabile accozzaglia di
dance elettronica anni '70 e '80. Cosa sia passato nella mente di Shooter o
quanto peyote si sia strinato, non è dato sapere. Di sicuro siamo di
fronte a una scelta animata dal coraggio della trasgressione e motivata da
un desiderio di provocazione, un po’ come aprire un chioschetto di panini alla
salamella fuori dalla direzione nazionale dell'ortodossia vegana. Apprezzo
il coraggio e apprezzo la provocazione: il problema è semmai la scelta delle
canzoni, quantomeno discutibile, e quella sensazione pervasiva di inadeguatezza
che Shooter trasmette all'ascoltatore, per tutta la durata del disco. Il
giovane Jennings, infatti, sta all'elettronica come Stevie Wonder alla
microchirurgia di precisione (la title track, la cover di From Here To Eternity
di Moroder) e sceglie pure di coverizzare (male) un paio di canzoni per
loro stessa natura inascoltabili: Love Kills, tratta dalla colonna sonora di
Metropolis, a firma congiunta Freddy Mercury - Moroder, e l'imbarazzante, sia
la cover che l'originale, The Neverending Stories, orripilante archeologia anni
'80, scritta da Moroder per l'inavvicinabile ex Kajagoogoo, Limahl. Si salva
dal disastro solo la conclusiva Cat People, tratta dalla colonna sonora
dell'omonimo film, e cantata per quell'occasione da David Bowie, che la fece
poi confluire in Let's Dance: un pezzo dalle atmosfere gotiche, a cui la
presenza di Marilyn Manson, che almeno il suo lo sa fare, riesce a dare un
briciolo di credibilità. Ecco, parlare bene di Marilyn Manson, per trovare qualcosa
di decente in questo disco, è come parlare di una donna brutta,
elogiandone l'acconciatura. Apprezzate, allora, lo sforzo: avrei potuto gettare
il cd dal finestrino dell'auto, destinandolo alla sorte che si merita, e invece
l'ho recensito. In sottofondo, il rumore costante di Waylon, che si rigira
nella tomba.
VOTO: 4
Blackswan, giovedì 26/05/2016
3 commenti:
Per esperienza personale ti posso assicurare che Stevie Wonder è pilota di linea; nell'unico viaggio aereo che ho avuto il coraggio di intraprendere, mi sono ritrovato lui e Denzel Washington ai comandi.
Detto ciò, ti volevo esprimere tutta la mia ammirazione per aver avuto il coraggio di dire che il disco fa cacare. Bravo; di solito si fa tutto un giro di parole per evitare.
Giorgio Moroder, che ha ispirato questo capolavoro, ha a sua volta apprezzato la tua chiarezza di espressione e mi ha chiesto di dirti che nei prossimi giorni ti brucerà la bici (quella a cui tieni tanto, che ti hanno regalato per natale).
Un abbraccio.
Se il resto è come la copertina, è sicuro che fa cagare a spruzzo.
La copertina mi ricorda quelle vecchie Fiat Uno Turbo elaborate dai malavitosi.
Però però, Black, un po' più di riverenza per il Reverendo, che diamine!
Ha nobilitato con la sua arte questo discaccio e tu me lo paragoni all'acconciatura di una bruttona?
Sei veramente un senza dio.
@ Granduca: cazzo, la bici, no! Comunque, se vuoi, posso spedirti via wetransfer una copia del disco: da ascoltare rigorosamente nel prossimo viaggio aereo con Stevie Wonder ai comandi :)
@ Ezzelino: dovresti preoccuparti la prossima volta che recensirò un disco del reverendo, cercando di salvarlo paragonandolo a questo :) E comunque, si, sono senza Dio :)
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