Agli inizi degli anni ’70,
prima che Tom Petty diventasse Tom Petty, e con i suoi Heartbreakers scrivesse
alcune delle pagine più importanti della storia del rock a stelle e strisce, il
biondo chitarrista di Gainsville, fonda nella sua città natale, i Mudcrutch,
primo progetto musicale serio di una carriera meravigliosa. Composti, oltre che
dallo stesso Petty (basso e voce), da Tom Leadon (chitarra e voce, poi
rimpiazzato da Danny Roberts), da Randall Marsch (batteria), da Mike Campbell (chitarra) e da Benmont Tench
(tastiere), i Mudcrutch diventano la band fissa del Dub’s Diner, piccolo locale
per la musica dal vivo della loro città. Firmato un contratto per la Shelter Records,
la band si sposta a Los Angeles, dove, nel 1975, pubblica il primo singolo,
Depot Street, che però non entra in classifica e vende pochissimo. Così, dopo
pochi mesi, il gruppo si scioglie, e Petty, Campbell e Tench danno vita agli
Heartbreakers e a tutto quello, di straordinario,
che verrà. Storia finita per i Mudcrutch? Nemmeno per sogno. Nel 2007, Petty
contatta tutti i componenti originari e li convince a rientrare in studio di
registrazione per pubblicare un disco, contenente quattordici nuove canzoni, che
esce nell’aprile del 2008 per la Reprise Records. Buone vendite, ma soprattutto
una ritrovata armonia, inducono i cinque ” ragazzi” a riprovarci e a pubblicare
2, il seguito di un’avventura che sembrava che, a metà degli anni ’70, sembrava
finita per sempre. La formazione è ancora una volta quella originaria (con Tom
Leadon, dunque), la casa discografica è ancora la Reprise, ma questa volta le canzoni
sono solo undici. Nel disco si respira una rilassata atmosfera da raduno di ex
compagni di classe, e un filo di nostalgia, sul quale, comunque, prevale la
voglia di ritrovarsi e divertirsi insieme. I brani, a parte un paio di
eccezioni, sono tutti a firma Petty, il quale però concede a ognuno dei suoi sodali
il giusto spazio. Non ci sono canzoni indimenticabili, a dire il vero, ma il
disco fila via divertito e divertente, sfiorando sonorità fra loro diverse (dal
rock sixties alla Roy Orbison dell’iniziale Trailer fino all’acustica dell’intensa
I Forgive It All) e avendo come collante solo il piacere di suonare e stare
insieme. Ancora una volta.
VOTO: 6,5
Blackswan, domenica 12/06/2016
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