Non esistono anni sabbatici per Ty
Segall, sempre più prolifico e sempre più al centro della scena Garage
californiana che, volendo proseguire su questi ritmi produttivi forsennati,
presto potrà vantare una discografia da dinosauro del Rock con venti titoli
all’attivo tra lavori solistici, progetti collaterali (Fuzz, Perverts, Epsilons, Traditional Fools)
e collaborazioni (Thee Oh Sees, White Fence, Mikal Cronin). Dal 2008, anno dell’omonimo
esordio, ad oggi, un’andatura folle (due, tre dischi ogni anno), livello
compositivo comunque di tutto rispetto e almeno un paio di capolavori nel
carniere: Slaughterhouse del 2012
e Manipulator del 2014. Ora, a distanza di soli sei mesi dall’uscita
del suo ultimo e godibilissimo album Emotional
Mugger, torna con una nuova creatura artistica. E’ la volta dei GØGGS, moniker
bizzarro e privo di significati, per un super-trio che oltre a Segall, nel ruolo
di compositore/produttore/batterista, vede la chitarra di Charles Moothart suo
compagno nei Fuzz (titolare tra l’altro di un recentissimo esordio in proprio
con la sigla CFM) e la voce di Chris Shaw frontman degli Ex-Cult. Ad aumentare
il clima amichevole che pervade l’intera operazione GØGGS si segnalano inoltre
le ospitate di Cory Hanson degli Wand, il già citato Mikal Cronin (da sempre
nel cerchio magico del rocker di Laguna Beach) e Denee Petráčekm, fidanzata e
musa ispiratrice.
Gran conoscitore del suono americano
più sotterraneo e, quasi volesse togliersi di dosso il marchio Psych-Garage che
ha connotato la maggior parte dei suoi lavori, Segall è da qualche tempo
intento a scandagliare nuovi percorsi espressivi e, se con i due album dei Fuzz
s’è inoltrato in ambiti più squisitamente Hard & Heavy, con i GØGGS fa, e
ci fa fare, un tuffo nel passato dei primi anni ‘80 per celebrare a suo modo la
stagione d’oro dell’Hardcore Punk americano. Un tributo a tutto tondo alle band
osannate in gioventù (Black Flag, Minor Threat, Minutemen), ai cataloghi SST e
Dischord e alle alchimie produttive di Steve Albini. GØGGS (tre anni di pianificazione, trenta giorni di
scrittura, una settimana di registrazioni) è pertanto un album suonato con
la stessa monolitica intransigenza. Ai 10 brani in scaletta il compito di
sintetizzare e restituire in maniera cruda e diretta l’energia contagiosa di
quegli anni: coltri di feedback anfetaminico, ritmiche feroci e microfono tra i
denti attraverso il quale declamare a voce altissima storie di rabbia e disagio
esistenziale. She Got Harder (primo
singolo della band già uscito nel settembre scorso), Gøggs, Assassinate The Doctor e la conclusiva Glendale Junkyard le tracce più
interessanti di un disco che alla lunga scade un po’ nel monocorde, unico
limite di un progetto comunque stimolante ed efficacissimo. Il tour che partirà
a breve sarà anche l’occasione per celebrare il 25° anniversario della In The
Red Records. Si vocifera infine di un nuovo e imminente album, l’esordio dei Broken
Bat, band costituita l’anno scorso con la complicità di Dale Crover (Melvins) e
Steven McDonald (Redd Kross e OFF!). E’ fatto così, non sa stare con le mani in
mano: è Ty Segall!
Voto: 7
Porter Stout, domenica 10/07/2016
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