domenica 24 luglio 2016

SEAN WATKINS – WHAT TO FEAR



Abbiamo recensito, non più tardi di due settimane fa il nuovo disco di Sara Watkins. Oggi, invece, tocca suo fratello Sean, cantante e chitarrista che con Sara e Chris Thile fa parte del progetto Nickel Creek, nota band statunitense di progressive bluegrass. Tuttavia, come raccontavamo a proposito del disco della sorella, lontano dalla casa madre, anche Sean viaggia su binari diversi. Niente roots, dunque, né il moderno indie folk, screziato di pop e rock di Sara. Sean, invece, imbocca la strada di un’Americana acustica che, in più di un’occasione, rimanda a certe delicatezze riconducibili alla scrittura di Elliott Smith. In What To Fear, Watkins usa infatti i colori tenui del pastello, crea melodie sospese, modula i brani sull’interplay fra chitarra acustica e pianoforte, apre a soundscapes agrodolci e malinconici. Suona, più o meno, tutta così la scaletta del disco, le cui dieci canzoni, per circa quaranta minuti di durata, raccontano l’America nell’anno delle lezioni (la title track è chiarissima nel prendere posizione) e le paure del nostro incerto futuro, esplorando quella sottile linea di confine che separa il politico dalla riflessione personale. Se il disco suonasse tutto come le prime cinque canzoni, staremmo parlando di uno degli album di americana più belli dell’anno: da What To Fear a Everything ci troviamo di fronte, infatti, a un cantautorato ispiratissimo, le cui brillanti melodie ci catturano a ripetuti ascolti e i cui testi, politicamente impegnati, spingono l’ascoltatore a più di una riflessione.





La seconda parte, invece, sembra perdere un po’ il tocco magico che anima la prima metà, e pur mantenendo, comunque, piacevolissimo l’ascolto, cerca altre forme espressive che minano l’unitarietà della scaletta: il fingerpicking folk di Where You Were Living, il bluegrass di Local Honey,  la cupa marcia per chitarra elettrica di Tribulations, l’arrangiamento d’archi di Too Little Too Late, una ballata bella ma risaputa. La vetta del disco si intitola Everything e racconta di un viaggio immaginario intrapreso a piedi da Watkins attraverso l’America: da Seattle, dove il songwriter ha concluso il suo tour, fino all’amata Los Angeles, città in cui l’artista vive. Una canzone splendida, una delle migliori ascoltate quest’anno, ed esempio di scrittura sopraffina, la cui languida melodia (il rimando a Elliott Smith qui è evidentissimo) nasce dall’intreccio di più chitarre acustiche e da un leggero tappeto d’archi a sostegno. Ad accompagnare Watkins, per tutta la durata del disco, ci sono Matt Chamberlain alla batteria (ha suonato più o meno con tutti, dai Pearl Jam a Brad Mehldau), Mike Elizondo al basso (bassista noto nel circuito hip hop per aver suonato con Eminem e Dr. Dree) e la band acustica californiana di Bee Eaters. 

VOTO: 7,5





Blackswan, domenica 24/07/2016

1 commento:

giuseppe ha detto...

voto zero....no 7,5 -