giovedì 27 novembre 2025

AFI - Silver Bleeds The Black Sun (Run For Cover Records, 2025)

 


I californiani AFI sono una band che ama reinventarsi, cambiando completamente stile e sorprendendo i propri fan. Quando hanno esordito nel 1995 con il loro album di debutto Answer That And Stay Fashionable, gli AFI erano una band punk, che suonava musica veloce e rumorosa. Nel 2003, con Sing The Sorrow, il loro stile è cambiato leggermente, volgendo lo sguardo verso un rock malinconico e romanticizzato, mentre nell’ultimo decennio hanno sempre più esplorato le sonorità anni ’80, avvicinandosi ulteriormente alla new wave con The Blood Album del 2017 e al post-punk con Bodies del 2021.

Questo nuovo Silver Bleeds The Black Sun è, invece, un’immersione totale nel suono gotico proveniente dal citato decennio. Più realista del re, la band capitanata da Davey Havoc spinge così tanto su quelle sonorità che il disco sembra essere stato pubblicato non nel 2025, ma in un anno a caso fra il 1981 e il 1985.

Se molte delle influenze che marchiano a fuoco Silver Bleeds… erano già presenti nei precedenti lavori, qui vengono esplicitate con un’accuratezza filologica che lascia sbalorditi.

"Behind the Clock", ad esempio, vede Havok evocare l'intensità vampiresca e catacombale di Peter Murphy dei Bauhaus, mentre il brano spinge verso l’oscurità trascinato da una poderosa linea di basso e un riff di chitarra sporco e graffiante. Così, "Holy Visions" si presenta roboante come un brano dei Sisters of Mercy degli anni d’oro, e l’iniziale "The Bird of Prey", con le sue tessiture melodiche e l’avvolgente bruma malinconica, finisce per evocare inevitabilmente i Psychedelic Furs.

Dieci canzoni per soli trentaquattro minuti di durata che vestono impeccabilmente l’estetica “dark” fatta di anfibi e lunghi pastrani neri, evocati nelle linee di synth, nel drumming quadrato e danzereccio, e nel basso pulsante della splendida "Ash Speck in a Green Eye", che avrebbe ben figurato in un album del miglior Billy Idol, o nella tensione ansiogena di "Marguerite" che parla la lingua che un tempo fu dei Joi Division.

E mentre synth glaciali e linee di chitarra nervose di "Voidward", "I Bend Back" e "A World Unmade" rendono omaggio ai Cure di Pornography o Disintegration, la conclusiva "Nooneunderground" rispolvera le radici punk hardcore della band, concludendo il disco con una sberla in pieno volto.

Silver Bleeds the Black Sun conferma l’eclettismo degli AFI, la loro volontà di approcciarsi a ogni disco facendo scelte audaci e distintive, di cui possiamo apprezzare il coraggio e, perché no, i risultati, sempre in linea con un ottimo livello di ispirazione.

Questo nuovo disco è, evidentemente, un esercizio di stile, un omaggio a un’epoca passata, a cui la band californiana non ha mai smesso di attingere elementi, che in questo caso diventano protagonisti assoluti. Tuttavia, per quanto i tropi di genere siano espliciti come non mai, Silver Bleeds The Black Sun ha un’anima pulsante, è un disco oscuro, drammatico e profondamente gotico. Se fosse uscito quarant’anni fa, probabilmente parleremmo di capolavoro; oggi, invece, ne apprezziamo il recupero di un suono esteticamente fedele e inappuntabile e ce lo godiamo nell’abbraccio di quella nostalgia che ci fa sentire ancora giovani. 

Voto: 7,5

Genere: Post Punk




Blackswan, giovedì 27/11/2025

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