giovedì 18 agosto 2016

BLUES PILLS - LADY IN GOLD



La retromania per certo classic rock anni '70 sembra davvero non aver fine e, anzi, ormai da qualche anno, questa sorta di passatismo musicale, vive quella che potremmo definire la sua età dell'oro, con un numero sempre maggiore di appassionati e nuove band che si affacciano sulla scena con proposte più o meno valide. Il limite di questo revival, che è poi il limite di tutti i revival, consiste nel riproporre un suono che abbiamo già ascoltato milioni di volte in versione originale. Gli ingredienti e il menù sono sempre, più o meno, gli stessi di quarant'anni fa e la differenza, semmai, la fa il cuoco. Ci sono, allora, band da copia e incolla, che si limitano a riproporre lo stesso piatto, senza aggiunte e variazioni, e altre che invece di limitarsi al minimo sindacale, cercano di rendere quel suono un po’ più fresco e intrigante. E' il caso, questo, degli svedesi Blues Pills, che con Lady In Gold, arrivano alla seconda prova in studio (ma c'è anche un live datato 2015), con l'intento di raddoppiare il consenso di critica e pubblico raggiunto con l'esordio (l'omonimo Blues Pills del 2014) e di entrare definitivamente nel giro che conta davvero. In tal senso, Lady In Gold è un disco molto più immediato, lineare e catchy del suo predecessore, rispetto al quale i suoni si fanno molto meno psichedelici in favore, invece, di abbondanti coloriture soul, r'n'b e pop. Forse i fans della prima ora storceranno il naso, visto che questo secondo capitolo perde un po’ di affabulazione, per intraprendere una strada più melodica, che favorirà numerosi passaggi radiofonici. Tuttavia, l'ascolto è coinvolgente, le canzoni sono confezionate con cura e la band, tanto in studio quanto dal vivo, dimostra di avere un tiro pazzesco. Merito di Elin Larsson, la cui voce, spesso paragonata impropriamente a quella di Janis Joplin, si arricchisce qui di ulteriori sfumature soul, e di Dorian Sorriaux, che si dimostra chitarrista preparato ed eclettico, forse uno dei migliori dell'ultima generazione. In scaletta si alternano momenti intensi, come la ballata I Felt A Change, in cui la performance vocale della Larsson è da pelle d'oca, altri decisamente più leggeri e di presa immediata (Little Boy Preacher), altri ancora più tirati e marchiati a fuoco dalla devozione del gruppo verso i seventies (Bad Talkers). Lady In Gold è, dunque, un disco un po’ diverso da come ce lo saremmo aspettati, ma non certo meno buono. Anzi, la band sembra aver raggiunto quel livello di maturità indispensabile per il grande salto e probabilmente questa nuova prova aprirà loro le porte del (meritato) successo internazionale. A ottobre, in Italia.

VOTO: 7





Blackswan, giovedì 18/08/2016

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