venerdì 12 agosto 2016

LATE NIGHT UNION - CONNECTIONS



I quattro membri che compongono i Late Night Union arrivano da Huntington Beach, California, e, come si legge in calce al loro sito, hanno l'ambizione di suonare una musica che "Make You Move, Make You Think, Make You Feel". Quel che è certo, a prescindere da tutti i buoni propositi, è che questi ragazzi, con una visione del rock decisamente retrò, ci sanno fare dannatamente bene e danno un'interpretazione niente affatto banale di un genere altrimenti abbastanza risaputo. Intanto sanno suonare: Chris Augustine alla batteria e Ryan Reno al basso, danno vita a una sezione ritmica martellante ma niente affatto grezza, Steve Ray (nomen omen) inventa dei guitar licks di tutto rispetto alla sei corde e Christian Erik, dotato di una voce potente e incline a umori soul e blues, regala ottime performance dal sapore antico. Alle capacità tecniche si abbina anche la peculiarità di un suono che si sveste di ogni orpello e paludamento, e risulta scarno, essenziale, quasi lo-fi, pur riuscendo a vestirsi di abiti (in)credibilmente classici. Mantenendo per tutta la scaletta un'unitarietà di sound, la band riesce, però, a spaziare fra vari generi e stili (con citazioni e ammiccamenti a iosa) senza mai perdere la coerenza di fondo che fa da collante fra le canzoni. In tal senso, il gruppo si presenta con il medley iniziale fra Mountain Pt.1 e Mountain Pt.2, due brani molto diversi fra loro, eppure sintetizzati con equilibrio: un blues dal passo pesante e chitarra in acido che ricorda da vicino Artificial Red dei Mad Season, il primo, un arrembante hard rock, il secondo, che pur somigliando, forse un po’ troppo, a Black Country dei Black Country Communion, si trova però nel posto giusto al momento giusto. Beautiful Eyes, invece, è un ballatone soul molto classico in cui la voce di Erik si muove nel suo habitat naturale, mentre Doin' Summertime, pur citando esplicitamente Summertime di Janis Joplin, fonde mirabilmente funky, blues, rock e un cantato dal vago sentore reggae. Altri episodi degni di nota sono il ruvido rock blues di Whiskey, The Train, morbida ballata dal sapore molto americano, la sfuggente Drinking, imprecisa nei rimandi e per questo estremamente suggestiva e Down And Out, che apre le porte al funky, per quattro minuti e mezzo in odore di Red Hot Chili Peppers, quando i RHCP erano ancora in grado di essere così convincenti. Connections è, dunque, un disco molto interessante per i suoni a bassa definizione e gli arrangiamenti asciutti ed estremamente volitivo e vario in una proposta che risulta valida per tutta la durata dell'album. Non tutto è degno di nota, certo, e, talvolta, spunta qualche deja vù di troppo: ma alla resa dei conti il bilancio è più che sufficiente.

VOTO: 6,5





Blackswan, venerdì 11/08/2016

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