Jesse Malin e New York. Un binomio
inscindibile e che dura da sempre, da quando, cioè, il nostro eroe, allora
giovanissimo, cominciò a calcare i palcoscenici (erano gli anni ’80) a capo
degli Heart Attack, seminale band hardcore, che, leggenda vuole, venne scartata
dal CBGB’s, perché composta da soli minorenni, la cui età era quindi
incompatibile con l’elevato tasso alcolico del locale. Un feeling, quello
vissuto con la propria città di nascita, che ha sempre portato Malin ha
interpretare al meglio i fermenti musicali della Grande Mela, muovendosi, prima,
sulla debordante scena punk, e poi, ritagliandosi una nicchia di consensi, attraverso
un rock verace, grezzo e diretto, in debito di ispirazione verso Bruce Springsteen,
Willie Nile e Ryan Adams (che, per la cronaca, ha anche prodotto il primo disco
solista di Malin). Prima di viaggiare da solo, Malin mise in piedi, però, il
progetto D Generation, una band che, negli anni ’90, rilasciò un filotto di tre
dischi, onesti e rumorosi, suonati all’insegna di un gagliardo punk rock, dai
volumi esagerati e chitarre urticanti. Il progetto fu abbandonato dopo la pubblicazione
di Through The Darkness (1999), le cui vendite restarono privilegio di pochi
appassionati; tuttavia, il combo non si sciolse mai ufficialmente, e tornò a
suonare dal vivo, dieci anni dopo, nel 2011. Nothing Is Anywhere è quindi figlio
legittimo di quella estemporanea reunion e del ritrovato smalto di un quintetto
che, nonostante il lungo iato, continuava a mordere il freno, divorato dall’impazienza
di vedere l’effetto che fa rockeggiare duro alla soglia dei cinquant’anni. Il
risultato è tutt’altro che una minestra riscaldata: il sacro fuoco brucia
ancora, le chitarre spadroneggiano gagliarde e il divertimento è assicurato
dalla prima all’ultima canzone. Tanta energia, dunque, per una scaletta che
ringhia feroce nel punk rock di Queens Of A, che caracolla sporca e cazzuta in
Lonely Ones, che si gonfia nervosa nell’arrembante Militant o rockeggia
ammiccante e orecchiabile nel power pop di Mercy Of The Rain. Tutta roba buona,
dunque, che testimonia un ritorno sulle scene consapevole e ben confezionato: la
misura compositiva è, infatti, l’elemento decisivo di tredici canzoni che miscelano
furia e ganci melodici irresistibili e che ci fanno riscoprire il godimento
primordiale del rock’n’roll. Con Nothing Is Anywhere, infatti, si salta, si
balla, si urla a squarciagola e si schitarra in salotto. Niente di nuovo,
certo, ma tutto molto figo.
VOTO: 7
Blackswan, giovedì 13/10/2016
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