Sarà anche una
locuzione un po’ consunta e banale, ma è indubitabile che i Simple Minds stiano
vivendo una sorta di seconda giovinezza. Arrivati sul baratro dell’oblio, dopo
aver prodotto per quasi trent’anni dischi di imbarazzante pochezza, hanno
ritrovato l’ispirazione due anni fa, con Big Music, full lenght pimpante e
vitale, in grado di rinverdire almeno in parte i fasti della loro migliore
stagione. Per battere il ferro finché è caldo e rinfocolare così un’inaspettata
attenzione mediatica, Jim Kerr e soci tornano sul mercato con un greatest hits
interamente acustico, che non è certo una novità assoluta nel panorama musicale
attuale (vengono in mente, da ultimo, i due capitoli unplugged dei rigenerati
Status Quo o il live MTV dei Placebo datato 2015) ma rappresenta comunque un
modo meno banale per celebrare quasi quarant’anni di (onorata) carriera. In
scaletta, ci sono più o meno tutti i cavalli di battaglia della band, dalle hit
mondiali di Don’t You Forget About Me e Sanctify Yourself, ai manifesti new
wave di Someone Somewhere in Summertime e New Gold Dream, fino a The American e
Chelsea Girl, due grandi canzoni recuperate da un passato lontanissimo e
oggetto di culto dei fans della prima ora. Il timore che queste riletture,
private delle tastiere e di quel potente wall of sound che avevano i brani in
origine (si pensi a Waterfront e ad Alive And Kicking), potessero apparire
copie sbiadite e prive di mordente è, però, scongiurato. I nuovi arrangiamenti,
la presenza di due voci femminili (Sarah Brown e, in Promised You A Miracle, KT
Tunstall) e i ricami di Charlie Burchill alla chitarra, restituiscono alle
nostre orecchie vecchie canzoni che ora suonano diversamente, pur nel rispetto
della struttura originaria, e che, in taluni casi producono sensazioni del
tutto inaspettate, come nella scintillante versione di Glittering Price. Un
disco per nostalgici, dunque, ma fatto così bene da non suscitare rimpianti in
chi ascolta: i Simple Minds sono vivi e scalcianti e Acoustic rappresenta il
secondo piccolo passo verso una ritrovata creatività.
VOTO: 7
Blackswan, sabato 03/12/2016
2 commenti:
La mia stagione di infatuazione con i Simple Minds è stata breve e intensa, culminata con il concerto a Bologna del 1983. Poi mi hanno stufato.
Un gran bel modo per ricordare quella grande stagione: ottimo album acustico.
@ Lucien: almeno tre loro dischi, per me, restano immortali. Questo ci ricorda i bei tempi andati.
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