Pontiak - Ghosts
La migliore Heavy/Stoner
band degli ultimi anni? Forse, ogni buon appassionato ha le sue preferenze,
sono tante ad affollare il genere nel tentativo di rinverdire e insieme
celebrare il sound chitarristico più viscerale e diretto che ci possa capitare d’incontrare
figlio com’è dell’Hard/Blues quanto della Psichedelia. Di sicuro il power trio
della Virginia è riuscito a mettere in fila 4/5 dischi eccellenti per i quali
tirare in ballo i Cream come i Queens Of The Stone Age non fa difetto. I
Pontiak si propongono quindi come un ideale punto d’incontro tra epoche
lontanissime ma in fin dei conti non così dissimili. Un flusso sonoro il loro
in cui la ricerca del riff va di pari passo al cantato magnetico di Van Carney
e ad un’inarrestabile sezione ritmica. Si viaggia leggeri con i Pontiak:
energia dirompente, calore esecutivo e un’indomabile passione per il R’n’R. Solo
il necessario.
Stan
Ridgway & Stewart Copeland – Don’t Box Me In
Don’t
Box Me In fa parte della colonna sonora del film di Francis Ford
Coppola Rusty Il Selvaggio composta
dal batterista dei Police Stewart Copeland. Il brano, pubblicato
successivamente anche come singolo, è impreziosito dalla collaborazione dell’ex
leader dei Wall Of Voodoo Stan Ridgway. Siamo nel 1983, Copeland è reduce dai
litigi con Sting e Andy Summers diventati insostenibili durante la
realizzazione di Synchronicity,
mentre Ridgway ha appena lasciato la band, nonostante il successo della mitica Mexican Radio, per intraprendere una
carriera solistica che lo vedrà esordire solo qualche anno più tardi con il
capolavoro The Big Heat. Don’t Box Me In racconta dunque
l’incontro tra due grandi musicisti alla ricerca di nuove esperienze artistiche.
Peccato non abbiano voluto dare un seguito a questa unica e meravigliosa
canzone. Nel video, dietro al bancone del bar, c’è l’attore feticcio di Coppola
in quegli anni, un certo Tom Waits.
Butthole Surfers – Dracula From Houston
Per la prima piazza nella
classifica dei gruppi più autolesionisti in prospettiva commerciale i Butthole
Surfers se la giocano alla pari con i Dead Kennedys. Quando il
cantante/chitarrista Gibby Haynes scelse il nome immaginiamo sapesse benissimo a
cosa andasse incontro. Radio e Tv bruciate in un colpo solo. Eppure, tra lo sconcerto
generale, i Surfers riusciranno a ritagliarsi un ruolo fondamentale nella
stagione più creativa dell’Indie/Rock americano. Il loro Crossover, ricco di
follie assortite e provocazioni belle e buone (vedi Hairway To Steven in cui fanno coesistere gli Zeppelin, Hendrix e
Julio Iglesias), riuscì a sortire i suoi effetti facendo della band texana un
punto di riferimento per tutti i cultori del genere. Dracula From Houston del 2001 è il loro brano più popolare, Pop/Punk
che ti si appiccica alle orecchie e, se sparata ad un giusto volume, ravviva
anche la più deprimente delle feste aziendali. Infine, una curiosità: i Marlene
Kuntz devono il loro nome al titolo di una canzone dei Surfers contenuta
nell’album del 1987 Locust Abortion
Technician.
Porter Stout, Domenica 12/02/2017
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