La sensazione è
che Amy MacDonald possegga tutti i numeri per tentare una carriera fuori dal
consunto e stereotipato territorio mainstream. La ragazza originaria di
Bishopbriggs (Scozia), si avvale, infatti, di una voce espressiva e assai
duttile, tiene la mano ferma quando si tratta di arrangiare i brani, preferendo
la sottrazione alla ridondanza, e sfodera un songwriting che nasconde qualche
idea in più di quello che, invece, emerge dai suoi dischi. Insomma, è il
classico talent(ino) sacrificato sull’altare del vile denaro, che potrebbe,in
realtà, fare molto di più, se solo volesse (ma non vuole). Così, se il ritorno
commerciale di ogni sua pubblicazione è più o meno scontato (il suo esordio,
This Is The Life, datato 2007, ha sbancato le classifiche di tutta Europa) e la
gragnuola di premi e nomination a fine anno è solo un’ovvia formalità, è
altrettanto vero che, da un punto di vista artistico, della sua musica ci si
ricorda il tempo di aver assimilato il singolo di lancio, o poco più. Under
Stars, uscito a distanza di cinque anni dal precedente Life In A Beautiful
Light, non si discosta dalla formula dei precedenti lavori: musica confezionata
elegantemente, arrangiamenti asciutti (nonostante la pletora di mani dietro la
consolle), band di contorno collaudata, un singolo bomba come Dream On
(anche se i numeri, in questo caso, non sono proprio esaltanti), e canzoni dal
ritornello facile e dalla presa immediata. A essere sinceri, in questo
retro-pop che pesca abbondantemente dagli anni ’90 (Cramberries, U2 e Brit Pop
echeggiano con una certa insistenza), non c’è nulla, o quasi, che faccia
storcere il naso: tutto è tanto innocuo quanto piacevole. Alla resa dei conti,
però, quel che manca è un pugno di canzoni che si faccia ricordare e che ci
faccia sprecare aggettivi diversi da un “carino” privo di mordente. Ottimo
disco per un sottofondo non impegnativo a una cena tra amici, inutile se si
cerca un po’ di sostanza.
VOTO: 6
Blackswan, mercoledì 22/03/2017
1 commento:
Vito giusto.
Maurizio
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