La decennale militanza underground ha permesso a Jim
Blaha di crescere lentamente, di perfezionare il proprio sound senza alcuna
pressione esterna, tant’è che se dovessimo scegliere un album da consigliare a
chi ancora non conosce il cantante/chitarrista di Minneapolis e la sua band, i
Blind Snake, punteremmo senza esitazioni sul recentissimo Celebrate Your Worth in cui tutte le diverse influenze musicali hanno
trovato la perfetta sintesi. Anche per il progetto parallelo “Jim and The
French Vanilla” si può riaffermare lo stesso assunto e con Afraid Of The House, ultimo capitolo di una discografia che fino ad
oggi contava soltanto altri due album (acustici e scarsamente distribuiti), Blaha
conferma la sua maturazione di talentuosissimo songwriter. Il disco pubblicato
dalla benemerita Dirtnap (una garanzia del nuovo Garage: Mind Spiders, Sonic
Avenues, Bad Sports), è un vero splendore e ognuna delle undici canzoni rimanda
alle compilation Nuggets e Pebbles, al gotha del Garage/Rock psichedelico dei
sixties che anticipò il lessico, l’atteggiamento e l’energia del Punk con molti
anni d’anticipo. Musica quindi di lontane discendenze che comunque suona
attualissima e a suo modo indispensabile per tutti coloro che ancora nel 2017
trovano tremendamente eccitante una mezz’oretta di selvaggio e adrenalinico
R’n’R. Collaborano con Jim gli altri componenti dei Blind Snake tra i quali,
alla seconda chitarra, il fratello Mike.
Si parte subito alla velocità della luce con il Garage grezzo
e diretto di When You’re Down e gli
eccessi sonori della frastornante I’m
Just Sitting Here (qui sembrerà di sentire Ian McCulloch sotto anfetamine).
Poi, ecco Back Home, classico
immediato in cui l’irruenza ferina dei Black Lips va di pari passo alla
Psichedelia ovattata dei Bevis Frond. Il pezzo è clamoroso, di quelli che fanno
piazza pulita in un colpo solo di tutta la tristezza Indie/barbuta che va per
la maggiore. Da qui in poi il disco, realizzato quasi in presa diretta per
preservarne freschezza e carica istintiva, è da assimilare tutto d’un fiato,
un’esperienza rigenerante in cui tutti gli ingredienti che hanno reso
leggendario il Rock originario sono presenti. Come scoprire per la prima volta
il catalogo della Crypt Records: l’incalzante andamento percussivo di Take It To The Grave, le increspature Psych
con il fuzz corrosivo della chitarra di Jim in Eye For An Eye, oppure l’intro pazzesco di Grow Like Rabbits e le magie di Psychic
Killer, perla psichedelica alla folle maniera dei King Gizzard & The
Wizard Lizard. Infine le accelerazioni Garage/Punk della frenetica I Have To Slow Down e Lonely Man, il brano più compassato del
lotto (si fa per dire, considerato il rumorosissimo contesto).
Jim Blaha e i suoi French Vanilla ci hanno dunque
regalato una delle sorprese più gradite dell’anno, un disco vitale e divertente
dal quale è difficile staccarsi. C’è da augurarsi che la visibilità che la
Dirtnap promette a tutti i suoi assistiti porti loro il successo che meritano.
VOTO: 8
Porter Stout, venerdì 10/03/2017
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