A
volte i miracoli succedono, e chi non ci credere vada a leggersi la
storia di Walter Trout. Nel 2014, il leggendario chitarrista del New
Jersey (oltre a un’eccellente carriera solista, Trout ha militato nei
Canned Heat e negli Heartbreakers di John Mayall), era a due passi dalla
morte. Chiuso in una stanza d’ospedale, a causa di una devastante
cirrosi epatica, Walter attendeva un trapianto di fegato che non
arrivava. Un’operazione costosissima, che potè affrontare solo con il
contributo dei suoi fans, grazie a un progetto di crowfunding, con cui i
suoi estimatori riuscirono a raccogliere i fondi per sostenere le spese
sanitarie. La lenta guarigione e il tormento della malattia furono
raccontate in Battle Scars, album del 2015, vincitore di due Blues Music
Awards, che rielaborava il dolore ed esorcizzava la paura della morte.
Il successivo Live In Amsterdam, pubblicato lo scorso anno, certificava
il ritorno sulle scene e il ritorno alla vita, confermando uno stato di
forma stupefacente per chi solo qualche tempo prima si era trovato a
giocare a scacchi la sua partita con la morte. Questo nuovo We’re All In
This Together rappresenta un ulteriore passo avanti, il lieto fine di
una favola che assume i connotati di un inno alla gioia di vivere: una
grande festa organizzata da Trout, invitando tutti i migliori
chitarristi in circolazione (e non solo), per celebrare il potere
salvifico della musica. Trout è in forma smagliante e se la gioca ad
armi pari con tutti i suoi ospiti, dando vita a una pioggia torrenziale
di rock blues ad altissimo tasso energetico. Si parte con lo shuffle
cadenzato di Gonna Hurt Like Hell, con Kenny Wayne Sheperd a fare da sparring partner in un duetto di adrenalina pura. Ain’t Goin’ Back
è un altro gioiellino dagli accenti sudisti, in cui Walter dardeggia
note con il mago della slide, Sonny Landreth, in quattro minuti e mezzo
di tecnica e sudore. In The Other Side Of The Pillow,
classicissimo blues chicagoano, arriva Charlie Musselwithe, leggendario
armonicista e primo ospite senza la sei corde a tracolla. Tutto talmente
bello che potrebbe bastare così. E invece, il meglio deve ancora
arrivare. She Listens To The Blackbird Sing, in compagnia di
Mike Zito, è uno straordinario brano southern, che suona come un
outtakes da Brothers And Sisters degli Allman Brothers Band; The Sky Is Crying,
ever green già rimasticato da Stevie Ray Vaughn e Gary Moore, è qui
riproposto con Warren Haynes, in un alchimia di chitarre e voci di
un’intensità che lascia basiti; She Steals My Heart Away
mischia leggermente le carte con uno splendido ballatone soul,
corroborato dal sax di Edgard Winter (fratello del più celebre e
compianto Johnny). La title track, un torrido slow blues, in
cui Walter Trout e Joe Bonamassa fanno a gara a chi ce l'ha più lungo
(l'assolo), chiude una scaletta di settanta minuti di musica
appassionata, con il grande chitarrista del New Jersey a celebrare
un’inaspettata seconda giovinezza. Disco pressoché perfetto e un vero e
proprio istant classic per tutti coloro che amano la chitarra elettrica.
Blackswan, martedì 19/09/2017
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