Dopo
due anni dal loro esordio intitolato semplicemente Pale Honey (2015),
il duo svedese di stanza a Goteborg torna nei negozi con il sophomore
Devotion. Un disco senz’altro più coeso e omogeneo del suo predecessore,
e che nasce sull’idea di raccontare il sentimento della devozione, non
intesa sotto il profilo religioso e spirituale, ma come predisposizione a
prendersi cura di sé stessi e degli altri, in questi tempi difficili
per l’umanità. Un’idea di fondo, questa, che permea le dieci canzoni che
compongono la scaletta del disco, dando un senso di completezza e di
unitarietà (sia dal punto di vista delle liriche che dei suoni) che
mancava del tutto al precedente lavoro. Se infatti il primo disco
suonava più come una raccolta di canzoni assemblate per l’occasione,
anche perché scritte dalle due ragazze ben prima di affacciarsi al mondo
della musica professionista, per Devotion, invece, il metodo di lavoro è
mutato radicalmente, e alcuni brani, per quanto buoni, sono state
esclusi dalla scaletta proprio perché non in linea con il concept
sotteso al progetto. E’ indubbio, quindi, che questo nuovo disco risulti
ben più maturo del precedente e, soprattutto sui suoni, Nelly Daltrey e
Tuva Lodmark hanno fatto un ottimo lavoro, riuscendo a creare atmosfere
piene e avvolgenti a dispetto della scarna line up composta da chitarra
e batteria. Tuttavia, alle Pale Honey sembra mancare una marcia in più,
soprattutto rispetto ad alcuni gruppi al femminile che hanno intrapreso
lo stesso percorso: non hanno la potenza di fuoco delle Savages, da cui
si distinguono per un approccio alla composizione decisamente più pop,
né possiedono la versatilità delle Warpaint, band con la quale il
paragone sarebbe forse più immediato. Qualche buona canzone, tuttavia,
non manca: le atmosfere lente e viscose di 777(Devotion, Pt.2), gli echi mancuniani alla Joy Division dell’iniziale Replace Me e la progressione per addizioni e sottrazioni (prevedibile, certo, ma efficace) di Someone’s Devotion
riescono a centrare il bersaglio. L’impressione finale, però, è quella
di un disco troppo legato ai suoi riferimenti stilistici, che vengono
reiterati senza quello scarto di originalità tale da far spiccare il
volo alla band. Un disco coeso e sincero, ma privo di audacia e
freschezza.
VOTO: 6
Blackswan, sabato 28/10/2017
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