La prima volta che vidi i Cranberries dal vivo, fu a
Milano, nel 1996, durante il tour promozionale di To The Faithful Departed.
Ricordo un bellissimo concerto e, soprattutto, ricordo Dolores O’Riordan,
furetto indemoniato che, senza lesinare sudore, saltava da una parte all’altra
del palco, come rapita da un trasporto quasi dionisiaco. Mi domandai come
facesse una ragazza così minuta, che già allora sapevamo non godere di ottima
salute, a trovare quella travolgente energia e a catalizzare, come un prisma
emozionale, tutti gli sguardi del pubblico. Un carisma, il suo, che Dolores non
perse mai, anche se dovette fare i conti con fantasmi più grandi di lei, che le
minarono progressivamente il fisico e la mente. Gli abusi sessuali subiti
durante l’adolescenza da parte di un amico paterno, lasciarono ferite mai
completamente rimarginate, tanto da spingerla anche verso il baratro del
suicidio. Depressione, anoressia, disturbi psico-somatici e dipendenze dalle
droghe furono battaglie che costellarono la sua esistenza e che la cantante,
però, ebbe sempre il coraggio di combattere attraverso il potere lenitivo della
musica. Nel suo curriculum, a capo dei Cranberries, due album memorabili
(Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We? del 1993, e No
Need To Argue, pubblicato l’anno successivo) che segnarono profondamente il
suono pop rock degli anni ’90, il primo, col suo caleidoscopio di colori che
evocavano la terra d’Irlanda (di nuovo ombelico musicale del mondo, dopo
l’epopea U2) , il secondo, più maturo, costruito intorno a un pugno di canzoni
(Zombie, Ode To My Family, Ridicolous Thoughts), che
diedero alla band di Limerick il meritato successo internazionale. Quei vertici
non furono mai più raggiunti, e la musica dei Cranberries (di cui Dolores era
la principale artefice) virò progressivamente verso un suono più radiofonico ed
esplicito. Uscirono, quindi, altri dischi che, pur essendo qualitativamente
meno centrati, furono egualmente punteggiati da grandi canzoni, capaci di
primeggiare nelle charts di mezzo mondo e di rinsaldare, nell’immaginario
collettivo, l’idea di Dolores come autentica icona del rock al femminile del
decennio. Arrivarono anche i tempi bui, lo iato di dieci anni (dal 2002 al
2012), il tentativo poco convinto della O’Riordan di intraprendere una carriera
solista, che però non decollò mai (Are You Listening? del 2007 e No
Baggage del 2009), il ritorno della band sulle scene con Roses
(2012), disco mediocre seppur dagli ottimi riscontri commerciali, e un ultimo
capitolo, Something Else, pubblicato lo scorso anno, grigio tentativo di
rinverdire in chiave acustica i fasti dei giorni di gloria. Nonostante una
carriera altalenante, il ricordo di Dolores O’Riordan vive e vivrà nelle sue
canzoni, capaci di evocare con i profumi di Irlanda (Linger), di
graffiare con cupa rabbia (Salvation), di fissare lo sguardo
sull’attualità (Bosnia), di sedurre con dolcezza (Just My
Immagination), di arrivare al cuore di un pubblico trasversale, fondendo
melodia e spirito alternative (Animal Instinct). Di lei, però, ci
ricorderemo anche per la bellezza, un misto di nordica delicatezza e seducente
aggressività, per quegli occhi ondivaghi fra sfrontatezza e malinconia, e
per quello stile di canto singhiozzante, con cui plasmava in modo unico una
voce potente e ricca di sfumature. Donna e rocker, fragile e combattiva,
dolce e grintosa, la piccola Dolores ha avuto il merito, tra alti e bassi, di
condurre per mano la musica irlandese da un estremo all’altro degli anni ’90.
Non ha cambiato la storia, ma ci ha lasciato un suono e uno stile inimitabili.
Ci mancherà, come ci mancano tutte le cose buone che ci ricordano la
giovinezza.
Blackswan, martedì 16/01/2017
3 commenti:
mi piacevano da morire i cranberries, hai messo un video incredibile tanto che mi sono pure emozionata - mia mamma è morta per questo mi sono commossa - Dolores O'Riordan era unica dovresti ascoltare i pezzi che ha fatto con Angelo Badalamenti ^_^
Piccolo folletto irlandese che se ne vola via.
Personalmente non apprezzavo il suo singhiozzato, ma senza dubbio un'artista di spessore.
Per inciso, e cambiando del tutto genere, qualche giorno fa è scomparso anche Eddie "Fast" Clarke, l'ultimo membro originario dei Motorhead.
L'aldilà si riempie di buona musica, a quanto pare.
tristissimo , uno dei gruppi piu' importanti nella mia vita.....
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