Forse
 è vero quel che si dice, e cioè che l'arte, soprattutto nella sua 
accezione più sincera, nasca spesso dal dolore e dal tormento, e che gli
 amori impossibili o infelici generino un surplus di letteratura 
rispetto a rapporti stabili, solari e gioiosi. Non è un caso, allora, 
che Lykke Li, giovane e talentuosa cantautrice svedese, letteralmente 
travolta da una storia d’amore finita male, pubblicò, nel 2014, I Never Learn, un disco bello e sofferto, apice di una carriera fino ad allora in crescendo.
Quel
 disco era qualcosa di completamente diverso rispetto ai suoi 
predecessori, un’opera nata per confrontarsi e convivere con la perdita,
 con il senso dell'abbandono, con la sofferenza di sogni 
irrimediabilmente infranti; rifletteva un momento buio, una parentesi di
 vita che tutti, nel loro personale microcosmo emotivo, hanno vissuto, 
ma che le mani di una donna sensibile come Lykke trasformavano da 
tragedia personale a messaggio universale, percorso di salvezza e 
sublimazione del dolore.
Come
 una Madonna addolorata, una vedova inconsolabile, con occhi persi in 
una plaga di buio, in cui tutto è amarezza e rabbia, e l'espressione di 
chi è prossima, a un naufragio interiore, la songwriter svedese 
tratteggiava, con totale assenza di colori, un disco maturo ed 
equilibrato, poetico e lancinante, in cui la vita e l’amore parevano 
sprofondare e svanire in un inverno senza fine.
Oggi,
 quella vita che sembrava perduta per sempre, è tornata a splendere come
 il sole in una giornata di primavera, dal momento che Lykke ha trovato 
un nuovo compagno, con il quale ha anche messo al mondo un figlio. Le 
ombre del passato, ora, sono svanite, restano solo come un brutto 
ricordo e monito per il futuro. La svolta è So Sad, So Sexy, 
quello che dovrebbe essere il disco della rinascita emotiva, e forse lo è
 pure, ma che risulta però un passo falso nella crescita artistica della
 svedese.
Un lavoro, lo diciamo subito, in cui, a dispetto del titolo, il sexy è di gran lunga preponderante rispetto al sad.
 Poca tristezza, dunque, e molto hype, per una ragazza che, salva dai 
propri fantasmi interiori, sembra aver smarrito il bandolo della matassa
 dell’ispirazione, cesella le canzoni utilizzando tutti gli artifici di 
sonorità modernissime (trap, nu soul, hip hop) ma gigioneggia, con la 
voce e col pathos, senza troppa convinzione.
Dove in I Never Learn, il dolore aveva incastonato nel ghiaccio dei sentimenti autentiche perle di tagliente disperazione, in So Sad, So Sexy,
 la nuova Lykke Li sembra aver perso la bussola del cuore, preferendo la
 forma alla sostanza, rincorrendo melodie puerili, espedienti da 
sentimentalismo adolescenziale, inutili orpelli elettronici e 
arrangiamenti fumosi, che tolgono sapore alla già poca carne al fuoco.
Certo,
 non tutto è pessimo e anche in una scaletta non propriamente ispirata, 
qualcosa di buono da salvare c’è: la trap elegante di Deep End, i toni melodrammatici ma sinceri di Better Alone, la melodia ingenuamente mainstream ma efficace della conclusiva Utopia.
 Un po’ poco, però, per un artista che non più tardi di quattro anni fa 
ci aveva fatto gridare al miracolo e che ora finisce dispersa nel mare 
magnum di una moderna e prevedibile normalizzazione.
VOTO: 5
Blackswan, sabato 23/06/2018 

1 commento:
Anche a me purtroppo non ha convinto granché. Sicuramente è il suo lavoro più debole. La felicità fa proprio male, almeno all'arte...
Detto questo, per me alla sufficienza ci arriva, visto che un paio di grandi canzoni ci sono e nel complesso Lykke Li è sempre Lykke Li, echecacchio. :)
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