Che
Bonamassa sia uno dei musicisti più prolifici al mondo, tanto da
pubblicare un album ogni tre mesi circa (da solo, con Beth Hart, con i
Black Country Communion o con i Rock Candy Funk Party) è un dato di
fatto incontrovertibile.
Questa
esposizione mediatica più piacere o meno, ma, a parte un talento
tecnico indiscutibile, il chitarrista newyorkese è in grado comunque di
stupirci ogni volta, evitando il compitino di maniera, ma cercando
modalità di espressione, che pur in un ambito a lui congeniale, sono
ogni volta diverse.
Dopo
il blues americano, il funky jazz dei RCFP, l’hard rock dei BCC e il
soul e il r’n’b in condominio con Beth Hart, il nostro guitar hero torna
indietro nel tempo fino agli anni ’60, per rendere omaggio al british
blues, senza il quale, come spiega lo stesso Joe nelle note di copertina
dell’album, il rock blues che conosciamo oggi non sarebbe mai potuto
esistere.
Un
disco tributo, quindi, di una delle stagioni d’oro della musica
britannica, che Bonamassa recupera evitando però banalità, e allestendo
una scaletta live di brani noti, ma non notissimi, di artisti del
calibro di Eric Clapton (Mainline Florida, Pretending), Led Zeppelin (Tea For One, Boogie With Stu, How Many More Times), Cream (Swlabr), John Mayall (Little Girl) e Jeff Beck (Beck’s Bolero/Rice Pudding).
Con
la consueta band di fuoriclasse (Michael Rodhes al basso, Reese Wynans
alle tastiere, Anton Fig alla batteria e Russ Irwin alla chitarra
ritmica) e la produzione del sodale di sempre, Kevin Shirley, Bonamassa
reinterpreta con gusto personale canzoni lontane nel tempo e dalla
grande resa live, a cui manca il british touch che le aveva
contraddistinte (Bonamassa è irrimediabilmente americano) ma a cui il
chitarrista dona nuova linfa grazie a versioni frizzanti e a una
performance chitarristica come al solito debordante, a volte, anche
eccedendo in virtuosismi e prolissità, in altre sfoderando il giusto mix
fra tecnica ed energia (Swlabr, How Many More Times e, soprattutto, Double Crossing Time).
Da
un lato, molti non approveranno l’operazione, ritenendola fuori tempo
massimo e figlia di un inutile e nostalgico passatismo, mentre altri,
più abituati a una musica di sostanza e a un rock chitarra-centrico,
troveranno in questa nuova avventura di Bonamassa un ulteriore
meritevole titolo da inserire nella propria discografia.
Non
spetta a noi giudicare i gusti, il nostro compito semmai è quello di
garantire la qualità di un disco. Per cui, se vi piace questa musica,
questa è musica buona. Garantito al limone.
VOTO: 7
Blackswan, giovedì 05/07/2018
Nessun commento:
Posta un commento