Palestrina,
una tranquilla cittadina di 20.000 abitanti, si trova tra le montagne
del Lazio, a sud di Roma. Il paesaggio rurale è familiare a David
August: sua madre nacque lì e torna sempre a trovare la famiglia. Il
clima mite e la zona tranquilla sono sempre stati in forte contrasto con
la sua città natale Amburgo, dove in casa parla ancora Italiano e vive
con una famiglia dalla mentalità aperta e consapevole delle tradizioni
italiane.
In
quanto produttore e compositore, il sound multiforme che lo
caratterizza, deriva da un ambiente profondamente introspettivo e di
scoperta di sé stessi. Il sound dell’ingegnere del suono, laureato e con
una formazione classica, è difficile da classificare. Cercare di
collegare i punti tra i suoi primi singoli dance, il suo album di
debutto del 2013, Times e la collaborazione del 2016 con la
Deutsches Symphonie-Orchester può sembrare inutile, così come la sua
profonda conoscenza. La cultura nella quale è cresciuto, però, non
veniva riflessa nella sua musica. Ammette di non aver mai utilizzato in
modo creativo le emozioni più forti derivanti dalle sue radici,
tenendole private fino ad ora.
Seguendo
l’avvio della sua etichetta all’inizio di quest’anno, 99CHANTS – e il
suo album di debutto ambient DCXXXIX A.C., il nuovo album di David,
D’Angelo – pubblicato su [PIAS] – è il sound di un giovane artista che
viene a contatto con quelle radici, esplorando nuovi territori e
liberandosi dalle inibizioni; decostruendo le atmosfere pop e allo
stesso tempo ricercando il suo passato, le riforma in qualcosa di
estremamente commovente. Traendo ispirazione dalla vita e dai lavori del
pittore barocco Michelangelo Merisi da Caravaggio, l’album fonde la
sensibilità pop con paesaggi sonori cinematografici e malinconici. David
dipinge un ritratto vivido del suo passato, applicando la sua tecnica a
qualcosa di più primitivo e grezzo. Il risultato, così come la sua
carriera, non può essere etichettato in un genere specifico. Sono
presenti elementi di pop balearico, noir jazz, post-rock e il genere
grezzo del collega e viaggiatore Forest Swords, il tutto avvolto in
qualcosa di estremamente personale.
La
title track, nonché singolo dell’album, riporta alla mente l’avanzare
costante di Meanderthals o Moon Duo; qualcosa che puoi sentire nel
programma radio Beats In Space o nella musica prodotta dalla Smalltown
Supersound. Una composizione ricca e approfondita, caratterizzata da
chitarre risonanti, un basso ritmato e voci filtrate – dirette e sincere
– elementi posti gli uni contro gli altri, che si trasformano in un
ambient fragoroso. Le voci decadono nel riverbero, le parole diventano
glossolalia, mormorii, respiri, mugolii. La tensione improvvisa spezzata
da un groove di tastiera e la batteria che torna brevemente, prima di
sparire ancora, mentre tutto emerge sfacciatamente in un drone
inquietante, come qualcosa tratto da Forbidden Planet, che porta verso
territori sconosciuti, avvolgendo l’ascoltatore.
È
stato importante per David che le sessioni di registrazione avvenissero
su territorio italiano, prendendo ispirazione dal luogo dal quale
proviene. Isolandosi nello studio per due settimane, David faticò a
trovare un unico linguaggio per esprimersi, con i quadri del Caravaggio
su uno schermo e Ableton sull’altro. Questa ossessione per l’originalità
all’inizio fu inutile, producendo una sola traccia nelle sessioni
originali, e a quel punto realizzò che cercare di creare un nuovo
linguaggio dal nulla è sinonimo di puro egoismo. Questa consapevolezza è
sempre stata lì, sempre rilevante nella sua evoluzione come artista.
Dovette pensare al processo il meno possibile e lasciarsi andare,
abbracciando le energie spirituali e superando lo scetticismo di quel
mondo – se non per un breve periodo. I risultati sono impressionati,
malinconici, presenti in uno spazio che non è facile da tradurre a
parole…ma le parole sono sempre importanti?
Blackswan, domenica 08/07/2018
Nessun commento:
Posta un commento