Finalmente,
al quarto tentativo, Mary Bragg sforna quel capolavoro che i lavori
precedenti già facevano presagire. Fin dal titolo originalissimo,
Violets As Camouflage è un disco sincero e sfacciato, in cui la Bragg
sfoggia una padronanza compositiva da fuoriclasse, gioca sui contrasti,
alternando intensità emotiva e vulnerabilità, ricamo acustico e
distorsione elettrica, malinconia autunnale e barbagli di sole
primaverile.
La
storia di Mary Bragg è la storia di un’artista inquieta, di una donna
che ha girato gli States in lungo e in largo per trovare, finalmente, a
Nashville, una casa dove stabilizzare la propria creatività. Nata a
Swainsboro (Georgia), nel profondo Sud degli Stati Uniti, Mary è
cresciuta in una famiglia numerosa (quattro fratelli e ventun cugini,
riportano le cronache), trovando poco spazio per dare voce alle proprie
velleità musicali. Un viaggio a New York, le ha cambiato la vita e le
prospettive, tanto che, finito il liceo, la giovane Bragg si è
trasferita a vivere nella Grande Mela, per fare un’esperienza di vita,
quella che poi confluirà nei testi delle canzoni di Lucky Strike (il suo
terzo full lenght), e per tentare di sfondare nel mondo della musica,
favorita dal rutilante panorama di una metropoli dalle mille
possibilità.
New York, però, logora, soprattutto chi arriva dalla provincia: così Mary, dopo aver registrato un disco a Manatthan (Tatoos & Bruises del 2011) ed aver tentato l’avventura californiana con The Edge Of This Town
(2015), è approdata a Nashville, città meno caotica ma comunque fervida
di suggestioni musicali. Qui, dove risiede dal 2014, è entrata subito
in sintonia con la comunità roots, conquistandosi la stima di molti
musicisti locali, che hanno dato poi un contributo decisivo alla stesura
delle canzoni che hanno composto l’acclamato Lucky Strike.
L’approccio
di Mary a quel lavoro fu, a dir poco, minimal. Scelse un budget ridotto
e uno studio di registrazione di basso profilo, con impianti e
microfoni vecchi, per rendere più vero il suono, privandolo così di ogni
inutile artificio. Si fece affiancare alla consolle da Jim Reilly
(membro fondatore dei New Dylans) e scelse la strada, per quanto
possibile, della presa diretta, registrando senza filtri ed evitando
invasivi rimaneggiamenti in fase di post produzione. Violets As Camouflage
si muove più o meno negli stessi territori, ma con una consapevolezza
diversa, un tocco più maturo, con arrangiamenti meno francescani, ma
egualmente calibrati. Americana, con qualche incursione nel country (il
violino di A Little Less), e un filotto di ballate, talvolta
solo acustiche, nella seconda parte del disco più elettriche, che
declinano con ispirazione un linguaggio conosciuto, ma in questo caso
ricco di sfumature e di debordante intensità.Se l’abito indossato da
queste canzoni è il più classico dei classici, da parte sua la Bragg
mette una voce incredibilmente duttile e ispirata, cesellando melodie
che, in più di un caso, lasciano a bocca aperta.
Il disincanto malinconico di I Thought You Were Somebody Else (“Ho preso in giro me stessa. Scusa, pensavo fossi qualcun altro”) apre il disco su note di pedal steel, languide come lacrime sul velluto. La melodia in punta di plettro di Fixed
pizzica le corde del cuore e sollecita al ragionamento, innescando una
riflessione sull’idea distorta che i giovani talvolta hanno di loro
stessi e della propria bellezza a causa dei social.
Fool è una ballata elettroacustica che passa vicino a Lucinda Williams e manda al tappeto con un ritornello di sofferta intensità, Runaway Town è il brano più rock del lotto, vola dritto e diretto su un drive di chitarra schietto e senza fronzoli, mentre The Right Track intreccia acustica e pedal steel in un ordito melodico candido come la neve.
Poi, arriva il momento di The Highest Tower,
e la caratura artistica di Mary Bragg si manifesta in tutto il suo
abbagliante splendore: chitarra acustica, riverberi elettrici e
un’interpretazione vocale che commuove alle lacrime, per intensità,
inaspettati cambi di registro e tecnica. Fare una canzone immensa con
quasi nulla, non è da tutti. Mary Bragg ci riesce, sigillando un disco
di americana fra i migliori ascoltati negli ultimi anni. Bellissimo.
VOTO: 8
Blackswan, lunedì 01/04/2019
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