venerdì 3 maggio 2019

PREVIEW




Dunque… The Soft Cavalry. Che cos’è? Un felice incidente? Una storia di amanti? Un crisi di fede? In realtà, si tratta di tutte queste cose.
Per Steve Clarke, l’album di debutto omonimo di The Soft Cavalry è ugualmente un’opera d’amore e il primo disco che lui ha ideato dall’inizio alla fine, coi contributi inestimabili della moglie Rachel Goswell degli Slowdive, voce e guida spirituale/pratica, e il fratello di Steve, Michael, che ha prodotto il disco.
La musica della band è di stampo particolarmente British e come un intenso dramma cinematografico. Melodico e senza tempo, l’album viaggia nelle dimensioni atmosferiche tra Pink Floyd, Talk Talk e REM. Un disco da cui irradia la crisi di mezza età ma anche un’enorme euforia; una spirale di paura e speranza, che si strugge per una risoluzione. Un disco che Steve, come sottolinea egli stesso, aveva “bisogno” di fare.
L’album è anche un modo per riscrivere la storia di un uomo e la prova che anche se non si è troppo giovani (Steve aveva quasi quarant’anni) è possibile realizzare i propri sogni.
Nel 2014, Steve era completamente bloccato. Divorziato dal 2011, i tre anni intercorsi furono una “nebbia”, come ammette lui stesso. Sin dalla fine degli anni Novanta aveva suonato il basso e cantato come seconda voce in gruppi e come session man, mentre lavorava anche come tour manager. I suoi nuovi assegnatari furono gli appena riformati Slowdive.
“Stavo smaltendo i postumi di una sbornia nel retro del mio furgone e cercando di capire come poter fare entrare tutta l’attrezzatura del gruppo in questo spazio ristretto, perché c’era ancora tutta la mia roba proveniente dal concerto che avevo fatto la sera prima a Londra,” ricorda. “Il secondo di due sold-out all’Hammersmith Apollo con David Brent!”
Quello fu il giorno in cui Steve fu presentato a Rachel… Un anno dopo, vivevano assieme a Devon, prima di sposarsi nel 2018. Rachel non solo “mise il mio mondo sottosopra” fornì involontariamente “il catalizzatore” per The Soft Cavalry. “Avevo sempre avuto idee ma non avevo mai pensato che qualsiasi cosa avessi da dire fosse degna dell’attenzione di qualcuno,” dice. “Vorrei aver fatto tutto questo quindici anni fa ma la verità è che semplicemente non avrei potuto. Non sono uno che si crogiola troppo.”
The Soft Cavalry è un esercizio di terapia creativa e personale. Le prime canzoni scritte da Steve per l’album erano meno sulla confusione che su eulogie ispirate da Rachel su destino, amore e nuovi inizi: “Passerby” (“Waters break and we are born restlessly into the arms of this unknown”), con la splendida voce di Rachel a sottolineare l’arrangiamento etero molto vicino agli Slowdive (“strand of woven thread / Could be the start of something beautiful?”), una ballata da brividi. Ma mentre Steve si apriva, il passato cominciava a filtrare: anni di frustrazione, ansia e confusione.
Se l’album ha un tema, riconosce Steve, “si tratta di guarigione contro nuovi dubbi. Io sto lì, nel mezzo. La parola che continuava a tornare a me era ‘resilienza’. Con la mentalità giusta e le giuste persone attorno, in special modo la famiglia, possiamo farcela e trovare un nuovo livello di speranza.”
The Soft Cavalry divenne una specie di conversazione, persino una terapia di coppia. “Steve,” dice Rachel, “scrive sempre, la sua testa è sempre piena di parole.” “Rachel,” dice Steve, “tiene la briglia quando divento ossessionato. È un buon editor. Dice che le mie canzoni possono funzionare anche con meno parole, che lasciare un po’ di spazio è OK”.
Mentre Steve assemblava le canzoni, i suoi amici – il tastierista Jesse Chandler (Mercury Rev, Midlake), il chitarrista Tom Livermore, il batterista Stuart Wilkinson e il polistrumentista/produttore Michael – contribuivano a plasmare le sonorità mozzafiato del disco. Dice Steve: “Sono cresciuto in guitar bands e non volevo che fosse un disco eccessivamente chitarristico. Abbiamo provato nuove idee. Abbiamo costruito le musiche, poi le abbiamo spogliate e costruite di nuovo.”
Durante la lavorazione dell’album, Rachel forma i Minor Victories nel 2016, durante una pausa degli Slowdive, insieme a membri degli Editors e dei Mogwai, per un album omonimo; a questo progetto contribuì anche Steve. Dopo che lui e Rachel terminarono l’album, Steve trovò un titolo, così dal nulla: The Soft Cavalry. “Non posso spiegare il suo significato letterale,” dice. “Semplicemente aveva senso.” La cavalleria potrebbe essere la stessa Rachel? “Forse! Sarebbe qualcosa di inconscio, ma anche questo avrebbe senso, stranamente.”
E dunque, questo felice incidente, storia d’amore, crisi di fiducia, e terapia - è destinato a continuare. Steve ha già scritto la prossima puntata dal titolo The Lost Decade. Il perduto contro il ritrovato. Recupero contro insicurezza. The Soft Cavalry sono arrivati.





Blackswan, venerdì 03/05/2019

Nessun commento: