“’Downbreaker’
parla di risvegliarsi al giorno che irrompe con bellezza attorno a te,”
dice Sauser-Monnig, “e risvegliarsi alla vita. La versione della
canzone che si trova sull’album è stata una delle prime registrazioni
delle session. Non era previsto che fosse la versione finale ma mentre
il resto del disco andava formandosi, ci rendemmo conto che la crudezza
di quella prima take incarnava la qualità emotiva dell’intero album.”
Nel
2017, Alexandra Sauser-Monnig iniziò a registrare una serie di canzoni
su una rottura che ancora non era avvenuta. La sua relazione in un
confortevole stato di indecisione, andando in stallo quando si trattò di
prendere le grande decisioni della vita o inseguire nuovi orizzonti.
Sentiva di dover scivolare fuori da quella relazione per perseguire
qualsiasi altra cosa la vita avesse in serbo – più musica, più
avventura, un generale senso di ignoto. Quei sentimenti e quelle
sensazioni andarono alla deriva in una serie di canzoni che lamentavano
l’inevitabile perdita ma, cosa più importante, delineavano le premesse
del futuro. Registrare le dieci tracce che sono diventate il suo
straordinario debutto solista, Dawnbreaker, con lo pseudonimo di Daughter Of Swords le ha consentito di lasciare andare…
Dawnbreaker
è iniziato come le prima fase del ritorno alla musica di Sauser-Monnig
dopo essere stata ai margini per buona parte del decennio. Il suo
college trio, Mountain Man, fu acclamato rapidamente per le armonie
impareggiabili intorno al 2010, ma gli amici si sono lentamente
allontanati, seguendo altri interessi. Mentre lavorava in una fattoria,
però, Sauser-Monnig si rese conto di aver perso l’articolazione emotiva
che trovava nello scrivere canzoni e cantarle, e decise di ricominciare.
Mise assieme un album proprio nel momento in cui I Mountain Man –
trovatisi in North Carolina – iniziarono a riorganizzarsi per il secondo
LP, uscito nel 2018 col titolo di Magic Ship.
Lavorando
con Nick Sanborn del duo elettronico Sylvan Esso, Sauser-Monnig ha dato
forma di canzoni a ciò che aveva preso avvio come semplici riflessioni
in silenzio, scoppiettanti di spavalderia country e scintillante calore
pop. Erano, dopo tutto, le odi preventive alla fase successiva della sua
vita.
Intitolare
questa raccolta Dawnbreaker significa porgerle con aspettative
elegiache, dipingerle come una triste resa alla perdita e al dolore.
Certo, c’è la gentilezza dell’opener “Fellows”, che esplora il tumulto
del non essere in grado di ricambiare i sentimenti di un uomo timido e
selvaggio, alto e raffinato. E c’è lo sfarzoso country shuffle di “Easy
Is Hard”, dove Sauser-Monnig vede il suo compagno allontanarsi mentre
lei è in piedi in giardino, i fanali posteriori che svaniscono nella
notte; non riesce a dormire, quindi si alza per accendere le luci e lo
stereo, per “sentire la mia anima scendere”.
Anche lì, tra gli spasmi di una convulsione di vita, c’è un filo di speranza e di possibilità, incorniciato dal modo in cui "the dim light change[s] into dawn, rosy blue, pink fawn." Il vero cuore di Dawnbreaker
non è l’imminente rottura che ha ispirato molte delle sue canzoni, ma
il senso di liberazione che la rottura porta con sé. Sostenuta dal
pattern insistente della drum machine e dalle ricche chitarre acustiche,
Sauser-Monnig si ritrova alla ricerca di nuovi brividi durante “Gem”,
riflettendo sulla natura sfuggente dell’esistenza ai bordi di una
cascata o guardando la forma delle montagne che sembrano danzare sotto
di lei.
Non
c’è testamento migliore di “Shining Woman”, dove Sauser-Monnig ritrae
una donna baldanzosa che naviga sul suo “destriero d’acciaio” su e giù
per la leggendaria highway 1 della California. Si meraviglia apertamente
di quello spirito e di quella forza, desiderandoli per la propria vita.
Con Dawnbreaker,
l’artista ha ritrovato la gioia di qualcosa di nuovo, l’eccitazione del
rischio. Benché le canzoni siano state registrate come ballate folk, le
ha poi riarrangiate con Sanborn e un gruppo di amici del North
Carolina, come Amelia Meath e Molly Sarlé, cantati dei Mountain Man, il
leader Phil Cook e il chitarrista Ryan Gustafson.
All’inizio
di “Human”, apice innegabile di tutto l’album, Sauser-Monnig si sveglia
presto e trova il suo amante a letto. Scivola fuori dalla stanza,
guarda il sole sorgere e si abbandona a una lunga riflessione nel freddo
splendore della natura. Cosa significa “partire”? Cosa significa
“restare”? Lei ha torto o ha ragione? Mentre il pianoforte cresce
d’intensità e la sua voce si moltiplica, arrivando da tutti i lati, lei
ammette a se stessa qualcosa di cruciale: "You can't will a love to
life/But you can do the loving thing: Make like a bird and fly."
È
il momento di fare i conti con la propria liberazione, di rendersi
conto che a volte una perdita profonda è l’unico modo per ottenere
qualcos’altro. È questa la lezione di Dawnbreaker, un documento intimo di cosa significhi liberarsi.
Blackswan, mercoledì 15/05/2019
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