Talvolta,
le logiche del mercato discografico mi sfuggono completamente e faccio
fatica a comprendere come alcuni dischi, non semplici, certo, ma molto
belli, siano relegati alla nicchia della nicchia, snobbati dagli
ascoltatori, e questo ci può stare, ma nemmeno presi in considerazione
dalla stampa specializzata.
E’
il caso di questo terzo disco degli inglesi The Slow Show, su cui non è
stata scritta una riga, nonostante sia una delle pubblicazioni più
interessanti di questo 2019. La band, originaria di Manchester, non è
certo una di quelle che aggrediscono il mercato con singoli di facile
presa né sono oggetto di battage mediatici volti a ingenerare attesa e
interesse da parte del pubblico. Ciò nonostante, in quasi dieci anni di
carriera, gli Slow Show, grazie a canzoni votate al minimalismo e ricche
di suggestivi paesaggi sonori, sono riusciti a crearsi un discreto
seguito soprattutto in Francia, Germania e Olanda. Di loro, però, nel
nostro paese, non si è accorto quasi nessuno, ed è un vero peccato,
perché Lust And Learn è uno di quei dischi che lasciano il segno e ruba infiniti ascolti alle nostre orecchie e al nostro cuore.
La
musica degli Slow Show si muove entro i confini tracciati da band come
Elbow, Tindersticks e, soprattutto per una certa somiglianza fra il
timbro del cantante, Rob Goodwin, con quello di Matt Berninger, è
possibile un qualche accostamento anche ai The National. Eppure, a
prescindere da questi evidenti punti di contatto, il marchio di fabbrica
del gruppo inglese resta personalissimo.
Da
un lato, la varietà di suoni e gli arrangiamenti inusuali, creano
un’importante stratificazione, con i vuoti, i silenzi e le esitazioni
che si gonfiano all’interno della stessa canzone, fino a creare, in
certi casi, un effetto quasi orchestrale. In tal senso la scrittura di
Goodwin può apparire calligrafica, ma così non è: soprattutto
dall’ascolto in cuffia, è chiaro quanto ogni nota sia necessaria alla
resa finale di un brano, e l’uso di archi, cori chiesastici e caldi
tocchi di elettronica gentile stiano perfettamente in equilibrio,
cogliendo sempre la misura esatta.
Dall’altro
lato, poi, gli sfarfallii, le evanescenze, le angeliche voci femminili,
le volute ascensionali o le dilatazioni orizzontali dei soundscapes
trovano un eccitante contrappunto nella voce di Goodwin, crooner
dell’anima, dal baritonale timbro ultraterreno, in cui confliggono
estasi contemplativa, afflizione e affettazione dandy.
Lust And Learn
è un disco che, fin dal primo ascolto, tocca i sentimenti più profondi
dell’ascoltatore. E’ tutto un evocare, un suggerire languori, un toccare
le corde dello struggimento malinconico. Eppure, per quanto la
malinconia sia il collante delle dodici canzoni in scaletta, non si
coglie mai dolore o rimpianto, perché lo sguardo è sereno, pacificato,
in alcuni momenti attraversato anche da un’euforia ingenua, quasi
fanciullesca (St. Louis). C’è una contemplazione pacata, in
queste canzoni, un riaffiorare di ricordi lontani e un’evocazione di
immagini, che evitano però di impaludarsi nella vischiosa fanghiglia
dell’autocommiserazione, per suggerire, invece, una serena accettazione
della perdita: ciò che amavo non c’è più, ma sono felice che ci sia
stato e tanto basta.
In
tal senso è molto esplicita la copertina del disco: quella natura
incontaminata sullo sfondo è la stessa che accarezza di epica le
composizioni di Goodwin. Ma è anche lo sguardo rivolto verso il futuro
di un uomo solo che tiene per mano i fantasmi della propria vita o il
memento di una perdita che la musica ha evocato. Non c’è futuro né
speranza se non si rielaborano i traumi o i lutti, gli amori perduti o
gli affetti persi per strada, ma nessuno può davvero affrontare
l’esistenza che gli resta senza il bagaglio della propria vita passata. Lust And Learn, brama e impara, così è la vita.
Difficile
indicare le canzoni più belle di un disco che non perde un briciolo
della propria intensità dalla prima all’ultima nota. Ma so per certo che
brani come Eye To Eye, Breatheair, The Fall o Exit Wounds
sono pervasi da una tendenza all’assoluto emotivo così invasiva da
impedirmi di uscire da un loop di ascolto che dura ormai da due
settimane. Sentirsi un tutt’uno con la musica che si ascolta è
un’emozione impagabile.
VOTO: 9
Blackswan, mercoledì 25/09/2019
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