venerdì 1 novembre 2019

THE NIRO feat. GARY LUCAS - THE COMPLETE JEFF BUCKLEY AND GARY LUCAS SONGBOOK (Esordisco, 2019)

Chiedimi chi era Jeff Buckley e potrei raccontarti per ore quanto ho amato quel ragazzo dallo sguardo triste e dal cuore immenso, e quelle canzoni, che a ventidue anni dalla sua scomparsa, continuano a riempire le mie giornate di palpiti ed emozioni. Ultimo dei romantici, artista affamato di vita e di musica, tessitore di trame sonore scarne e sfilacciate, ma al contempo dense di drammaticità e tendenti all’assoluto spirituale grazie al timbro unico e all’estensione angelica di una voce impossibile, Buckley resta ancora oggi l’icona di un decennio e di un suono.
Protagonista suo malgrado di tanta letteratura musicale, a causa di quella parentela scomoda con un padre che non l’ha mai amato e per quel fato vigliacco che l’ha portato via a soli trent’anni, Jeff ha segnato gli anni ’90 con un solo, splendido, disco, Grace, condensato struggente di lirismo e tormento. Dopo la sua morte, un altro disco in studio, l’incompleto e altalenante Sketches (For My Sweetheart the Drunk), pubblicato nel 1998, e tutta una serie di live, alcuni davvero bellissimi, che hanno rinvigorito negli anni la leggenda dello sfortunato artista.
Oggi, Davide Combusti, in arte The Niro, e Gary Lucas, pirotecnico chitarrista e amico e collaboratore di Jeff, fanno un gran bel regalo ai tanti fan di Buckley pubblicando questo The Complete Jeff Buckley And Gary Lucas Songbook, ultimo tassello, in ordine di tempo, della ricostruzione filologica del repertorio del songwriter californiano. Le dodici canzoni contenute in questa raccolta erano state scritte tra il 1991 e il 1992 da Buckley e Lucas per la band di Gary, i Gods And Monsters, di cui Jeff era cantante. Il progetto, però, ebbe breve vita, e nonostante le canzoni, eseguite solo dal vivo, ebbero un ottimo riscontro da parte del pubblico, Jeff decise di lasciare il gruppo e proseguire in solitaria. Due di questi brani, Mojo Pin e Grace, finirono sull’album di debutto di Buckley, altre, invece, vennero pubblicate sulla raccolta Songs To No One, uscita nel 2002. A distanza di ventotto anni dalla genesi di quel progetto, The Niro e Gary Lucas hanno registrato l’intero songbook, includendo anche cinque canzoni mai realizzate prima.
È inevitabile, prima di inserire il cd nel lettore, avere delle riserve: come è possibile affrontare un mostro sacro come Buckley senza sfigurare? Dubbio lecito, ovviamente, ma che nello specifico viene fugato fin dal primo ascolto. Perché questo disco, ve lo dice un fan della prima ora, è un vero gioiello. Rispettosi, ma senza essere agiografici, The Niro e Lucas riportano alla luce “quel” suono riproponendolo con amorevole cura, ma hanno il grande merito di attualizzarlo e personalizzarlo, evitando così l’effetto copia carbone.
Lucas, non lo scopriamo certo ora, è uno dei chitarristi più tecnici ed eclettici in circolazione, e la percezione del suo tocco è immediata in tutti i passaggi del disco. La vera sorpresa del disco, però, è Davide Combusti, che veste gli “scomodi” panni di Jeff Buckley, regalandoci una prova che lascia letteralmente senza fiato. Davide possiede quell’estensione e, a tratti, anche il timbro di Jeff, ma dribbla la facile replica, riuscendo a personalizzare le interpretazioni, a fare sue anche quelle più note, senza così cadere nel tranello del copia incolla. Era questo, probabilmente, l’unico modo per far rivivere davvero canzoni così lontane nel tempo e dal nobile pedigree: creare una sovrapposizione di emozioni, quelle note, che tutti conosciamo, e queste, nuove di zecca, trasmesse da una voce che non imita, ma plasma con ardore.
Ecco allora che Mojo Pin e Grace, i brani più noti in scaletta, sono tutto tranne che cover, hanno un’anima nuova, e sono rese ancor più scintillanti da arrangiamenti che si scostano, e di molto, dall’originale. C’è molto altro, però, in scaletta, e tutto funziona magnificamente, a partire dalla sublime No One Must Find You Here, lunga, articolata e vibrante, per proseguire con la deflagrazione elettrica di Malign Fiesta o la leggerezza trasognata di In The Cantina, solo per citarne alcune.
Il risultato finale è un disco che, rispetto ad alcune pubblicazioni postume non particolarmente significative, ha invece qualcosa di nuovo e di importante da aggiungere alla storia artistica di Jeff Buckley. In queste dodici canzoni, infatti, troverete la nitida fotografia del songwriting di un musicista nel momento cruciale della sua esplosione creativa, e un omaggio a una musica immortale, attraversata ancora una volta dal soave respiro della “grazia”.

VOTO: 8





Blackswan, venerdì 01/11/2019

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