Quando
si possiedono idee, creatività e passione, si possono scrivere ottime
canzoni e rilasciare ottimi dischi, senza bisogno di ricche produzioni e
grande dispiego di mezzi. E’ sufficiente avere la consapevolezza di ciò
che si sta facendo e di come si intende realizzarlo, e il coraggio di
imboccare una strada e percorrerla tutta, fino in fondo, senza paura.
Questo assunto si sposa perfettamente con l’ascolto di Apocalyptic Blues,
esordio dei saronnesi Sid Sidney & the Little Angels: un disco
interamente registrato su un ipad e poi prodotto in uno studio musicale,
e poi riversato su macchine analogiche sia in fase di mixaggio che di
masterizzazione.
Sid
Sidney (Nero Violino, Amanita, Che Fare? e da dieci anni
contrabbassista jazz), autore di tutte le canzoni, e Davide Peri-J Fox
(Mama Bluegrass Band) sono riusciti nell’intento di creare un’opera
musicale di altissima qualità, con mezzi spartani ma idee assai
brillanti. Non parlo solo di belle canzoni, e qui ce ne sono parecchie,
ma soprattutto di un’inaspettata coerenza nello sviluppo delle
intuizioni. Se spesso le opere prime sono segnate da irrequietezza,
sovrabbondanza espressiva e confusione formale, in Apocalyctic Blues la
visione d’insieme è coesa, sia nel suono che nelle intenzioni.
Un
disco asciutto, sobrio, diretto, che si poggia su una solida ossatura
blues su cui però si addensano i sedimenti di quanto ascoltato, suonato e
recepito negli anni. Nelle dieci canzoni in scaletta, quindi, convivono
in un connubio omogeneo elementi rock, psichedelici, grunge, pop e new
wave, contornati da atmosfere brumose, avvolti nel cupo respiro di una
notte senza stelle e attraversati da un persistente mood crepuscolare.
La
ritmica quadrata, la vibrante elettricità delle chitarre, pronte a
sferrare fendenti affilati o ad assestare sferraglianti bordate, e le
belle linee vocali disegnate dalla voce di Sid Sidney, che veste i panni
di un crooner dallo sguardo sinistro, dal timbro ieratico e dalla
ritmica, a tratti, salmodiante, conducono l’ascoltatore attraverso quasi
quaranta minuti di musica ricca di intensità e di pathos.
La vibrante inquietudine rock blues di Cramps Into My Head, che apre le danze nel cuore di una notte plumbea, il passo pesante, quasi elefantiaco, e le contorsioni psichedeliche di Into Your Void, la malinconia disturbata della purpurea e struggente Morning Velvet, ballata riverberata dal fondo di un cratere, le scorie grunge della conclusiva Be There With You, una sorta di Nutshell post
atomica, o l’ondeggiare depresso di Strange Days (in entrambi i casi la
voce di Sid evoca, sulle note basse, il compianto Layne Staley) sono
gli highlights di un disco che compensa l’esiguità dei mezzi con una
palpabile urgenza compositiva e un surplus di emozioni che conquista fin
dal primo ascolto.
VOTO: 8
Blackswan, martedì 31/03/2020
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