Chester Bennington si è tolto la vita Il 20 luglio 2017 nella sua residenza di Palos Verdes Estates in California. Difficile, se non impossibile, come spesso in questi casi, ricostruire i motivi di un gesto tanto estremo, anche se forse, per il cantante dei Linkin Park, è possibile intravvedere le cause in una vita non facile, segnata da gravi eventi accaduti in gioventù. Il divorzio dei genitori, la mancanza di rifermenti affettivi, il girovagare tra una città e l’altra dell’Arizona, la precoce dipendenza da sostanze psicotrope pesanti e la turbolenta vita amorosa sono senz’altro elementi che hanno contribuito a minare la stabilità psichica di un ragazzo troppo sensibile. Tuttavia, l’evento che probabilmente ha maggiormente segnato la vita di Bennington avvenne nei primi anni ’80, quando il cantante fu vittima per sei anni delle molestie sessuali da parte di un amico adolescente. Una ferita mai rimarginata e un dolore invasivo con cui Chester ha dovuto convivere per tutta la sua breve esistenza, fino a quella tragica giornata d’estate, in cui probabilmente il peso del fardello doveva essere parso insopportabile.
Un tormento interiore che, in qualche modo, Bennington aveva raccontato in In The End una delle canzoni più famose dei Linkin Park, il cui testo cupo e ambiguo sembra proprio far riferimento a quei tragici giorni d’infanzia o quantomeno a qualcosa che ha fatto mutare il corso dell’esistenza, trasformatasi per Chester solo in un arido spreco di tempo.
Un testo nichilista, quello di In The End, che sottolinea l’insensatezza del tutto: “Guardalo fare il conto alla rovescia fino alla fine del giorno, L’orologio ticchetta il trascorrere della vita, Non ero attento, Guardo il tempo volare fuori dalla finestra, Tentando di fermarlo, non sapendo nemmeno, Tentando di fermarlo, non sapendo nemmeno”. La vita scorre veloce, è tempo che passa inesorabile, ma c’è una profonda disarmonia tra lo scandire delle ore e l’immobilismo di Bannington, incapace di rielaborare, di prendere il coraggio fra le mani e reagire. Perché il giovane Chester ci ha provato, ha tentato di venirne a capo, ma ha fallito, e ormai tutto è inutile: “Ho tenuto tutto dentro, E anche se ho provato, tutto è scomparso…Ho provato così tanto e sono arrivato così lontano, Ma alla fine, nemmeno importa”. E’il ricordo di ciò che è stato a cannibalizzare la speranza: “…Nonostante il modo in cui mi stavi ingannando, Agivi come fossi di tua proprietà”.
Forse un affetto, amico o donna, avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, ma così non è stato: “Ho riposto la mia fiducia in te, Ho spinto per quanto potessi, Per tutto questo, C’è solo una cosa che dovresti sapere, Ho riposto la mia fiducia in te”. A nulla è valso riporre fiducia negli altri, il nichilismo è imperante, la fine, in alcuni versi dolorosamente profetici, è lì che aspetta: “Guardalo fare il conto alla rovescia fino alla fine del giorno, L’orologio ticchetta il passare la vita…Quello che significava per me sarà alla fine”.
Questo potrebbe essere il significato più plausibile di una canzone coinvolgente da cantare ma terribilmente depressa nel mood, un grido di aiuto rimasto inascoltato, di un uomo gravemente ferito dalla vita.
La canzone, originariamente, fu scritta dall’altra voce dei Linkin Park, Mike Shinoda, e solo in seguito Bennington ci mise mano, scrivendone le liriche. Il brano compare in alcuni demo risalenti agli albori della band ed è presente nella sua veste definitiva sul best seller Hybrid Theory, esordio da trenta milioni di copie vendute.
Bennington, che riteneva la canzone troppo triste e intima, non voleva nemmeno inserirla nella scaletta del disco, ma alla fine prevalse il parere degli altri membri. Non è un caso, comunque, che, inizialmente, In The End, non fosse stata presa in considerazione come singolo, salvo poi, una volta pubblicata, mangiarsi le chart di mezzo mondo, vendere un botto (è stata disco di platino anche in Italia) e consacrare i Linkin Park come la band nu metal più celebrata del nuovo millennio.
Blackswan, venerdì 10/09/2021
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