Una copertina che rispecchia perfettamente il titolo del disco e la musica in esso contenuta: due mani alla gola come una ghirlanda di dolore che nessun amore può curare. E’ la visione pessimistica di Kim Larsen (padre padrone del progetto Of The Wand & The Moon), musicista danese che guarda alla vita senza speranza, che riflette su questi giorni bui, in cui l’umanità vaga alla deriva, naufraga in un oceano esistenziale in cui la brutalità è all’ordine del giorno.
La pandemia, lo sfacelo climatico, l’intrinseca malvagità dell’uomo, belva feroce che tutto distrugge, inconsapevole di far danno a se stesso. Sono questi i presupposti che infondono un’invasiva mestizia in nove canzoni profondamente intimiste, cupe, depresse, appena attraversate, di tanto in tanto, da tenui barbagli di luce, gli stessi evocati dal corredo fotografico contenuto nel booklet e da qualche momento sonoro pacificato. Nove canzoni che si ispirano, il riferimento è abbastanza lampante, alla musica dei Death In June, per citare la band più contigua a questo progetto, senza, tuttavia, che la riuscita miscela fra neo-folk e art-rock, dal passo cinematografico e solenne, perda il proprio taglio personale, caratterizzato da arrangiamenti lussureggianti e dal quadro d’insieme organico e coeso.
Ci sono voluti dieci anni, prima che Larsen tornasse a comporre musica, a mettere nuovamente in note i propri tormenti esistenziali. Il risultato finale è decisamente il suo disco migliore, un album in cui i riferimenti alla cultura nordica presente nei precedenti lavori hanno perso la propria centralità in favore della riflessione interiore e di un mood depresso, caratterizzato da malinconia e tristezza.
Difficile togliere dal piatto un disco così coinvolgente, soprattutto se l’umore di chi ascolta è in sintonia con questo neo-folk, proposto attraverso una visione moderna del genere: orecchiabile, cinematografico, malinconico e solenne. Lo stesso semplice approccio alla melodia e quelle linee di basso avvincenti che hanno ispirato album come The Lone Descent sono ora supportati da raffinati arrangiamenti semi-orchestrali, che danno una dimensione completamente nuova alle canzoni, prima di adesso coinvolgenti, certo, ma decisamente meno intriganti sotto l’aspetto della ricchezza del suono.
In Your Love Can’t Hold The Wreath Of Sorrow, la tavolozza sonora è decisamente più audace e varia rispetto al passato, e induce a ripetuti ascolti, ognuno dei quali volto a scoprire le numerose sfumature che rendono questo disco così tanto avvincente.
Perfetta colonna sonora a corredo di plumbei cieli autunnali e per accompagnare passeggiate solitarie nella nebbia, vero e proprio combustibile emotivo per innescare soliloqui e struggimenti in anime tormentate e romantiche.
VOTO: 8
Blackswan, mercoledì 24/11/2021
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