Sono passati ormai tre anni da Y, disco d’esordio dei romagnoli Yesterday Will Be Great, un album che aveva colpito per la messa in scena diretta e priva di fronzoli e per un pugno di canzoni immerse in un’ipnotica circolarità post rock, alchimia fra visioni lisergiche, inquietudine noise e solenne lirismo. Un primo passo importante, che ha spinto verso l’alto l’asticella delle aspettative, per un sophomore che aveva l’arduo compito di replicare le ottime impressioni suscitate a suo tempo.
The Weather Is Fantastic, registrato con la supervisione di Nicola Manzan (Bologna Violenta, Ronin), nonostante il cambio di line up, con l’entrata di Giuseppe De Domenico al basso, al fianco di Simone Ricci (chitarra) e Daniele Mambelli (batteria), conferma il piglio energico e la visione d’insieme del suo predecessore, testimoniando lo stato di salute di un trio capace di maneggiare una materia nota con consapevolezza e padronanza, arricchendo le consuete bordate elettriche post con digressioni che rendono ancora più ampio il loro raggio d’azione.
Registrato quasi del tutto in presa diretta, nella seconda metà del 2021, presso il PMS Studio di Alfonsine (RA), The Weather Is Fantastic è la fotografia di un mondo desolato e perso in un’irreversibile deriva etica, di una società caotica, violenta e disillusa, che ha smarrito la propria profonda identità e vive di stereotipi e banalità, concetto ribadito anche dal titolo dell’album, che ammicca a quelle insulse conversazioni sul tempo, figlie di una comunicazione posticcia e atona. E’ la superficialità dei nostri tempi, di un’umanità che non conosce più il senso della profondità e della lentezza, vite di piccolo cabotaggio, ferme nelle acque apparentemente tranquille dei propri limitati approdi, ma incapaci di gettare lo sguardo verso l’orizzonte e di cercare nell’alterità una nuova visione.
Le sei canzoni che compongono la scaletta rispecchiano questi concetti con il consueto approccio ambivalente che permeava anche il precedente lavoro. Da un lato, le atmosfere livide, le spirali discendenti, gli sprofondi verso crinali bui, gli smarrimenti emotivi e il fiato corto e aspro, di chi ha perso la rotta in un territorio ostile, in cui anche le melodie più dolci ("Little Blue Flower"), possiedono un retrogusto amaramente sinistro, oppure s’infrangono nello sciabordio impetuoso di acque limacciose ("Trees/Giant"). Dall’altro, la scelta di sei canzoni interamente strumentali, il cui intento è scartare dall’ovvio, da una formula prevedibile e più compiacente, per spingere l’ascoltatore fuori dalla dimensione di comodo di un ascolto orizzontale, e cercare, invece, quel rapporto complesso e profondo che dovrebbe, sempre, instaurarsi con qualsiasi forma d’arte. La foto di un’umanità sull’orlo del baratro, quindi, ma anche la mano tesa di una musica che è invito ad alzare la testa, a guardare, di nuovo, lontano.
In un panorama omologato e piatto, in cui la dominante estetica del pensiero unico appiattisce le emozioni, gli Yesterday Will Be Great scelgono così di andare controcorrente, abbandonandosi al fiume in piena dell’improvvisazione: liberare la mente, aprire il cuore e strattonare gli strumenti, alla ricerca di una sincerità espressiva senza filtri, in cui l’uomo e il musicista tornino centrali, esprimendo quel complesso e fascinoso sistema, che lega indissolubilmente cuore e cervello.
Tra rabbia e malinconici languori di dolcezza, tra minimalismo fosco e rumorosa irruenza elettrica, il suono sporco della band romagnola coglie l’essenza stessa di uno stile, il post rock, e tratteggia i contorni cupi di un’umanità in debito di ossigeno, a cui resta una speranza che sta tutta nel potere lenitivo dell’imperfetta bellezza della musica. Perché il tempo, oggigiorno, è tutto tranne che fantastico, ma dietro le nuvole si nasconde sempre il sole. Basta cercarlo.
VOTO: 8
Blackswan, giovedì 09/06/2022
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