lunedì 13 febbraio 2023

URIAH HEEP - CHAOS & COLOUR (Silver Lining Music, 2023)

 


Una carriera lunga cinquantatre anni e venticinque album in studio è il biglietto da visita di una delle band più longeve e seminali del pianeta. Negli anni ’70, gli Uriah Heep rappresentarono un tassello fondamentale della scena hard e heavy, genere che rileggevano attraverso architetture progressive, un tocco di space rock e lo sguardo rivolto alle tenebre, inanellando un filotto di dischi di livello, tra cui Demons And Wizards (1971), pietra miliare e vertice della loro discografia.

Dopo un ritorno di fiamma negli anni ’80, grazie alla NWOBHM, e a un disco imprescindibile come Abominog (1982), la fama della band lentamente si offuscò, a causa anche dei continui cambi di line up e di una proposta ormai prevedibile e consunta. Eppure, gli Heep non hanno mai smesso di macinare chilometri di note, soprattutto quando, con il cantante Bernie Shaw e il tastierista Phil Lanzon, hanno ritrovato una stabilità che dura ancora oggi e che ha permesso al gruppo di affacciarsi al nuovo millennio con una propria identità artistica.

Oggi, della formazione originale è rimasto il solo Mick Box, mentre sono stati arruolati alla causa Davey Rimmer (basso) e Russel Gilbrook (batteria), due ottimi musicisti che, essendo anagraficamente più giovani, hanno pompato nel suono dosi massicce di energia. E si sente. Perché se già il precedente Living The Dream (2018) era un disco con i contro zebedei, il nuovo Chaos & Colour si candida a essere uno dei migliori dischi hard rock del 2023. Un’esplosione di colori, esattamente come rappresentato nella bella copertina dell’album, insuffla freschezza in undici canzoni prodotte magnificamente da Jay Ruston (uno dei maghi dell’heavy metal) e suonate con una potenza d’impatto che lascia storditi.

Se il suono è quello classico degli Uriah Heep (chiaramente aggiornato ai giorni d’oggi) e lo sguardo è, quasi inevitabilmente, rivolto ai leggendari anni ’70, stupisce, però, come Chaos & Colour riesca a tenersi ben lontano da luoghi comuni e frusti copia incolla: il songwriting è scintillante, la tecnica esemplare, ma mai fine a se stessa, e le belle melodie e gli intrecci vocali si sprecano. Nessuno ruba la scena agli altri, l’approccio ai brani è straordinariamente coeso, la sezione ritmica è funzionale e potente, la voce di Bernie Shaw, nonostante i sessantasette anni, non ha perso un’unghia dell’antico smalto, le tastiere di Phil Lanzon sono pimpanti e avvolgenti, e Mick Box…, beh, lui non ha certo bisogno di alcuna presentazione, tanto il suono della sua chitarra è un’icona nella leggenda.

"Save Me Tonight" è un'apertura strepitosa, un classico Heep trainato dai consueti ritmi galoppanti, che sfoggia un incredibile assolo di organo di Phil Lanzon e una prova vocale di Shaw, che dimostra perché, nonostante la veneranda età, sia ancora uno dei migliori frontman in circolazione. "Silver Sunlight" è un’immersione musicale in antiche atmosfere anni ’70, evocate dall’eccellente lavoro alla chitarra di Box e da un assolo di organo in stile barocco, un altro numero che richiama i classici della band, pur mantenendo un’insospettabile freschezza espressiva.

Nonostante la potenza dei brani, è giusto evidenziarlo, gli Heep non perdono mai di vista il corpo melodico dei loro brani, che raggiunge il suo apice nel ritornello corale di "Hail The Sunrise", un altro episodio Heep vintage, in cui Lanzon accoltella il suo hammond e le armonie vocali si vestono di abiti celestiali. "Age of Changes" si presenta come l’ennesimo marchio di fabbrica della band grazie al suo acuto slancio corale, al ritornello irresistibile e al perfetto interplay fra tastiere e chitarra. Se "Hurricane" è il brano più ordinario del lotto (ma ascoltate come è simbiotico il rapporto fra chitarra e organo), i sette minuti e mezzo di "One Nation, One Sun", che inizia come delicata ballata per pianoforte per poi gonfiarsi di melodramma, sposta la narrazione verso lidi decisamente più progressive, che sono anche il focus principale della seconda parte dell’album, come risulta immediatamente evidente nella successiva "Golden Light", hammond e sintetizzatori a cannibalizzare la melodia, o negli otto minuti della splendida e complessa "You’ll Never Be Alone", in cui riff di pianoforte è da far girare la testa e la dicotomia dolce/ruvido (mamma mia l’assolo disturbato di Box è da urlo) trova, come nei migliori brani degli Heep, la sua perfetta realizzazione.

Breve ma intensa, "Fly Like An Eagle" spinge ancora sul prog (ascoltare l’uso dei sintetizzatori), mentre "Freedom To Be Free", il brano più lungo in scaletta, suona come una canzone a incastro e dallo sviluppo imprevedibile, grazie anche a uno sfavillante corpus centrale, in cui ogni musicista del gruppo si prende la scena (basso e batteria compresi), esibendo una prestanza tecnica da autentico fuoriclasse. L’album si conclude con "Closer To Your Dreams" il cui ritmo galoppante è evidentemente ispirato al loro super classico "Easy Living".

A Chaos & Colour manca un brano istant classic come quello citato, una "Gipsy", o una "The Wizard", e la sua indiscutibile bellezza va apprezzata nell’insieme, nella capacità di far rivivere un suono antico con un’energia che tante giovani band si sognano di notte. Perché suonare l’hard rock classico meglio di così è praticamente impossibile.

VOTO: 9

 


 


Blackswan, lunedì 13/02/2023

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