Sono passati quattro anni e una pandemia da The Traveler, l’ultimo album di canzoni originali pubblicato da Kenny Wayne Sheperd. In questo lasso di tempo, il chitarrista originario della Lousiana ha pubblicato un bel disco live, Straight To You (2020) e, soprattutto, la completa reinterpretazione di Trouble Is…, un grande classico della sua discografia che nel 2022 compiva la bellezza di venticinque anni.
Oggi, Sheperd torna finalmente con un disco di inediti, intitolato Dirt On My Diamonds Vol.1,
concepito nei leggendari studi Fame di Muscle Shoals, Alabama, e poi
registrato a Los Angeles, con la supervisione di Marshall Altman, in
qualità di co-produttore e co-autore, e con i sodali di sempre: Noha
Hunt alla voce, Kevin McCormick al basso e Chris "Whipper" Layton alla
batteria.
Il disco non presenta alcuna sorpresa di rilievo e rappresenta alla perfezione lo stile del grande chitarrista americano, il quale, a differenza di tanti illustri coetanei (Joe Bonamassa, Eric Gales, Kirk Fletcher, etc) è probabilmente quello che risulta più accessibile al grande pubblico, grazie a un’innata capacità di spaziare fra generi diversi (blues, rock, southern, country, R&B), che maneggia con padronanza e consapevolezza.
Forte di una band che suona a memoria e dell’interplay vocale, sempre riuscitissimo, fra Sheperd e Hunt, Dirt On My Diamonds
parte alla grande con la title track, apertura potentissima e
cadenzata, resa scintillante da un grasso arrangiamento di fiati e dal
consueto funambolismo del chitarrista, autore di un assolo, come sempre,
pirotecnico.
In "Sweet & Low" Shepherd azzecca un riff spettacolare (e assai ruffiano) e lo sottolinea con un inusuale effetto scratch, prima di pigiare forte sul pedale wah wah per un altro assolo al fulmicotone.
La ritmata "Best Of Times" è un altro numero di facilissima presa, non particolarmente incisivo, ma ben strutturato sul contrasto delle voci: Hunt si occupa delle strofe, Shepherd del ritornello. "You Can't Love Me" è una canzone leggera, che lambisce il pop, un brano senza grandi pretese, una sorta di piacevole riempitivo, che si riscatta per l’ottimo suono e per un solo breve ma efficace.
La leggerezza di "Man On A Mission" e l’approccio melodico arioso sono piacevolissimi, mentre "Bad Intentions" vira verso sonorità più ruvide, quasi hard, con i fiati e le tastiere che stratificano il suono e il bel giro di basso a dare sostanza. Qui, il lavoro alla sei corde di Sheperd è di quelli che lasciano il segno.
In scaletta, compare anche una cover inusuale per gli standard del chitarrista, e cioè "Saturday Night's Alright For Fighting", il successo di Elton John tratto dal suo Yellow Brick Road del 1973, che è pure nostalgia classic rock e che restituisce alla perfezione il mood festaiolo dell’originale.
Il
disco, dal breve minutaggio (solo trentasei minuti) si chiude con "Ease
On My Mind", il numero migliore in scaletta, una ballata blues di sette
minuti a lenta combustione, che porta nuvole su un disco altrimenti
solare, e mette in vetrina la maestria di Sheperd alla chitarra.
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